La donna al centro di tutto fosse solo che questo disco è uscito proprio l’8 marzo scorso. Un disco di storia realmente accaduta, biografie romanzate o non, donne vere, piratesse… Giovanni Pollastri e Annie Saltzman Pini sono gli Out Of The Blues e questo nuovo disco dal titolo emblematico “Pirate Queens” mette in chiaro le carte: canzoni che documentano e narrano le gesta ma soprattutto il collocamento sociale di donne piratesse, donne che hanno pagato e in qualche modo sconfitto il pregiudizio di essere tali al fianco di grandi condottieri, di grandi pirati. Il suono si macchia di quel rock dalle matrici irlandesi, favolistiche, sapientemente prodotte dalla mano di uno nome alto come quello di Giovanni Pollastri e complice della timbrica vocale di Annie Saltzman Pini. Un disco che diviene un romanzo, traccia dopo traccia…
Un passo decisamente indietro. Cosa impariamo dalla storia delle piratesse? Annie: Studiando il mondo delle piratesse che hanno lasciato un marchio indelebile nella storia della pirateria, ci siamo resi conto che queste donne sono riuscite a ottenere un loro spazio di tutto rispetto in un mondo totalmente maschile. Ricordiamo che le donne non erano neanche ammesse sulle navi dei pirati, ma con astuzia sono riuscite non solo a salire, ma a farsi rispettare e a essere considerate alla pari degli uomini.
Questo disco mi ha insegnato quanto c’è dietro la figura delle donne… in quel preciso tema che associamo definitivamente all’uomo… anche gusto è un simbolo assai significativo ancora oggi, vero? Giovanni: Siamo contenti di aver trasmesso ulteriori valori in merito alla figura della donna nella società del passato tramite le piratesse, una figura sicuramente affascinante ma anche curiosa. In effetti siamo sempre stati abituati a sentire parlare dei pirati ‘al maschile’, così come anche la cinematografia ha voluto mostrarci nei decenni. Spesso, quando parliamo del nostro disco, ci viene chiesto se le piratesse sono in effetti esistite realmente, e questo ci fa ulteriormente capire che stiamo portando alla luce un ruolo quasi sconosciuto. Dal passato però si passa al presente, dato che purtroppo il tema sulle difficoltà che la donna deve affrontare nella società odierna è ancora molto attuale. Noi lo abbiamo voluto affrontare da una angolatura un po' differente, mostrando che ci sono state donne che hanno lottato e ottenuto una vera uguaglianza.
Il disco si chiude con una title track che è anche una festa: che cosa riportate a casa dopo questo viaggio? Giovanni: Il brano ‘Pirate Queen’ è un epilogo che chiude il viaggio nel mondo delle piratesse. I nove brani precedenti sono dedicati a nove piratesse scelte tra le tante che avevamo studiato, ognuna con una storia importante alle spalle. Ci sono però dei denominatori comuni in ognuna di loro quindi un brano che riassumesse in generale le caratteristiche di questa figura ci è sembrato l’ideale come chiusura del disco. L’ambientazione ricorda le situazioni da locanda, dove boccali di rum e risate si incrociano all’insegna del divertimento. Il nostro vero e proprio viaggio però inizia adesso, con la pubblicazione dell’album e con le presentazioni dal vivo che faremo nei prossimi mesi.
Il video di "Anne Bonny” in qualche modo ce lo aspettavamo molto più in linea con quell’immaginario… invece a tratti si fa noir, anni ’70 anche… perché? Annie: L’immaginario lo abbiamo voluto trasmettere principalmente con la musica, a partire da ‘Anne Bonny’ che trasporta l’ascoltatore in quelle atmosfere ‘da nave pirata’, tra ritmi ondeggianti e cori evocativi, il tutto a sorreggere il testo che racconta la vita della storica piratessa. Il lavoro sui testi è stato molto importante, dato che in poche righe ho raccontato vite particolarmente ricche di eventi, ma sono riuscita a rappresentare ognuna di loro, a volte raccontandone la vita, a volte il carattere, con gusto e con stile. Il video, realizzato da Rebecca Saltzman-Pini, vuole solo essere una sorta di teaser, con semplici nostre immagini, senza la pretesa di realizzare un mini film su ‘Anne Bonny’. Ci piace molto come è stato realizzato, e anche le atmosfere un po' cupe sono volute, ma si tratta solo di una scelta stilistica, non legata ai testi. Chissà, magari un giorno ci sarà una vera e propria casa di produzione che potrebbe essere interessata a trasformare questa idea in un vero e proprio prodotto televisivo o cinematografico. In molti ce lo hanno suggerito dopo aver ascoltato il primo singolo.
Il suono di tutto il disco che cosa ha cercato di riportare alla luce? Che cosa ha voluto ottenere e cosa invece ha ottenuto? Giovanni: Abbiamo cercato di contestualizzare le storie raccontate di brano in brano, per cui è come se ogni canzone, da un punto di vista musicale, fosse la colonna sonora della vita di ogni piratessa. Si passa da atmosfere medio orientali nel brano dedicato a Sayyida al Hurra, ad atmosfere celtiche in ‘Anne Bonny’, passando da suoni caraibici in ‘Fanny Cambpell’ e a sonorità Honky Tonky in ‘Sadie Farrell’. Spesso chi lo ascoltato si sente trasportato nella storia raccontata. Oltre ad aver arrangiato e prodotto tutto il disco, ho suonato praticamente ogni strumento, a parte qualche intervento in un paio di brani (in ‘Anne Bonny’ troviamo Peppe Giannuzzi al violino e Bruno Saitta in aggiunta alle percussioni, tra cui il suono del mare, e poi Simona Giacomazzo all’organetto in ‘Lady Mary Killigrew). Le sonorità sono legate al mondo ‘piratesco’, fatto di legno, acqua, natura, ma anche catene, spade, boccali, il tutto per dare sempre più spazio anche all’immaginazione dell’ascoltatore. Giovanni in effetti sostiene che lo strumento più importante che è stato utilizzato non è nel disco, ma al di fuori, ossia la mente dell’ascoltatore, la sua sensibilità.
Articolo del
15/03/2023 -
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