Difficilmente al pop viene richiesto un suono che abbia un ruolo di narrazione vero e proprio. Difficilmente poi al pop italiano si affidano anche le responsabilità di aperture a forme diverse e in evoluzione lungo lo stesso brano. Accade questo dentro l’esordio ufficiale dei campani Zaund, disco uscito per L’Airone Dischi e che porta un titolo importante: “Riflessi”. La mutevolezza propria non solo della parola ma anche della dinamica, della libertà intesa come equilibrio a prescindere. Un disco che sposa tutto del pop, del rock leggero, del suono tout court. Si evolve strada facendo e lascia intesi diversi piani di lettura come dentro il bellissimo video a corredo del primo estratto “Verdemare” a cura di Pierpaolo Perna.
Ho ascoltato molto “Verdemare” e sono dell’opinione che sembra quasi non far parte di questo disco. È come se il resto del disco avesse proprio un’altra mano... parto da questa impressione mia personale, decisamente superfciale, anzi istintiva. Che ne pensate? È un disco molto eterogeneo dal punto di vista stilistico, sebbene noi percepiamo chiaramente una forte matrice identitaria del nostro approccio musicale. "Verdemare" è il brano più poetico e visionario, nato da una suggestione. Ogni brano esprime un aspetto diverso della nostra visione artistica. Il processo creativo del gruppo è orizzontale, ognuno di noi ha voce in capitolo su ogni aspetto. Ovviamente può capitare che su di un brano si avverta maggiormente l'infuenza di un singolo componente, ma è diffcile che questo ruolo sia stabilito a priori.
Ho sperato molto che il disco avesse lunghe narrazioni sonore. E spesso le cerca. Ma tanto spesso, soprattutto nelle liriche (e non è una critica negativa), sembra risolversi troppo automaticamente nel tanto citato pop rock italiano degli anni Zero. Niente è dovuto... ma se potessi curiosare vi chiederei: è risultato faticoso uscire via da uno stile di musica come quello citato che immagino abbia costellato la vostra crescita e ispirazione? Oppure è stato faticoso rispettarlo in luogo di una ricerca più facile da lasciare libera di espressione? I nostri ascolti e i nostri riferimenti (molti in comune, ma anche diversi tra noi tre) spaziano su almeno sessanta o settant'anni di musica: più che gli anni Zero, forse sono stati gli anni Novanta, in cui abbiamo cominciato tutti a suonare, a formarci, ma già allora ascoltavamo musica di ogni tempo, per cui scrivere per noi è un naturale gesto artistico che prescinde dall'adesione ad un presunto "stile temporale". Componiamo in grande libertà, e ognuno di noi porta il proprio contributo: essendo in tre, è facile per ciascuno ritagliarsi il proprio spazio. L'unico riferimento, sebbene come indicazione non stringente, è la scelta della forma canzone.
“Crisalide” è il brano più evocativo di tutto il disco. Ecco un altro momento “fuori disco” ora che ci penso. È un caso che inizia con una soluzione di basso come “Verdemare”? Sembrano figli della stessa vena creativa… E lo sono, infatti! Questa è un'ottima osservazione, e si ricollega in pieno alla prima domanda: è vero, "Crisalide" è il brano più intimo e forse più evocativo dell'album, e il collegamento con "Verdemare" per noi è talmente forte, che quando le suoniamo dal vivo evitiamo di metterle di seguito nella scaletta, perché creano atmosfere molto simili, sebbene complementari. Sono entrambi brani nati dal giro di basso, a cui si sono aggiunti i punti di vista delle altre due personalità del gruppo. A volte il risultato fnale si discosta dall'idea iniziale, e questo è stimolante, perché non sai mai a priori con chiarezza la forma che prenderà una canzone, ma lo scopri lavorandoci, lasciando che venga alla luce.
L’evoluzione compositiva di “Spider” è decisamente interessante. Dai Beatles nelle aperture fin dentro una Milano degli anni ’70 nei momenti introspettivi. Come nasce? Anche questo brano nasce dal giro di basso, e dalla penna di Marco, il bassista. L'arrangiamento è frutto del lavoro comune di composizione, ed è venuto fuori in modo spontaneo, non previsto. Il contributo di ognuno di noi non si limita al proprio strumento, ma ci confrontiamo su qualsiasi aspetto, dalla linea melodica della voce, all'armonia, agli effetti alla ritmica ecc.
“Rifessi” (il brano intendo) è un ponte concettuale tutto strumentale. La semplicità regna sovrana a corredo di un giorno di pioggia. Come si lega al resto del disco? Quel brano possiede una suggestione tutta propria, ma in qualche modo è anche rappresentativo delle intenzioni artistiche di tutto l'album. La scelta di chiamarlo con lo stesso titolo dell'album è consapevole: è un invito alla riflessione, sia essa razionale o emotiva, o entrambe le cose. Per questa ragione l'abbiamo lasciata strumentale, ogni parola sarebbe stata superfua e limitante. Vogliamo che le persone la ascoltino, e provino a immaginare ciò che il suono suggerisce loro, senza alcuna altra indicazione che il suono stesso.
Articolo del
24/03/2023 -
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