Abbiamo intervistato Dario Dont in occasione del suo nuovo lavoro "Grand Jetè", un disco che vi consigliamo caldamente. Quindi, buona musica, belle persone, buone parole, ottima chiacchierata. Buona lettura!
Ciao Dario, piacere, presentati pure ai nostri lettori raccontandoci pure come nasce il tuo progetto Sono Dario Bertolotti, sono stato cantante e batterista dei Don Turbolento dal 2005. Dopo il 2015 l’attività dei DT si è molto rallentata ed è lì che ho cominciato a scrivere una serie di canzoni in italiano
Ciò che differenzia più di tutto questa produzione da quella precedente è che non è stata fatta con l’idea di farla ascoltare a qualcuno Nonostante ciò, quando ho avuto una quarantina di pezzi, mi sono deciso a dare vita ad un progetto solista, così ho contattato Michele Marelli del Monolith Studio e insieme a lui ho fatto una selezione di brani che poi è risultata nell’album Grand Jeté
Quali sono le influenze principali che hanno caratterizzato il tuo progetto artistico? Non saprei dire cosa abbia ispirato questo progetto, lo sento un po’ come una summa della mia vita musicale per cui le influenze sono davvero tantissime, dagli Slayer ai Duran Duran, da Battisti di Anima Latina ai CSI, dai Flaming Lips ai Primal Scream ma potrei davvero andare avanti all’infinito…
Con chi ti piacerebbe collaborare (artisti Italiani o esteri va bene lo stesso!) Uno su tutti IOSONOUNCANE, credo sia un progetto eccezionale
Come descriveresti la tua musica, a chi ti piacerebbe essere paragonato? Forse posso essere messo nel calderone dell’indie rock. Non c’è un artista in particolare a cui vorrei essere paragonato, ne ammiro moltissimi ma non c’è nessuno a cui vorrei somigliare
Raccontaci di “Grand Jeté”, com'è nato il disco? Come dicevo, il disco e il progetto sono nati insieme, o meglio, il progetto è nato nel momento in cui mi sono reso conto che c’era abbastanza carne al fuoco per farne un disco. Dapprima ho lavorato ai pezzi da solo, quando mi sono messo in contatto con Michele era già tutto arrangiato (homemade chiaramente) ma il sound era molto più electro e “quadrato” così insieme abbiamo valutato quali fossero i punti di forza e abbiamo cercato di valorizzarli, l’intervento di altri musicisti ha contribuito moltissimo ad alzare il livello. Su Neve è intervenuto Giovanni Battagliola, mio compare nei DON TURBOLENTO che ha dato una bellissima atmosfera eterea alla prima metà del pezzo. Le batterie (elettroniche) sono tutte state sostituite con una meravigliosa Slingerland anni 40 prestataci da Beppe Facchetti (superdownhome) che ha anche impreziosito il brano “cuore aperto”, uno dei miei preferiti, con il suo tocco inconfondibile. Beppe Mondini, che ora ha riarrangiato con me i brani per i live, ha suonato quattro brani complicatissimi, uno di questi è Grand Jeté ed è proprio un caso in cui il pezzo è stato “salvato” dal batterista, c’è una parte centrale del brano in cui l’atmosfera cambia drasticamente, l’idea ci piaceva ma nonostante mille tentativi non eravamo riusciti a trovare una soluzione convincente così avevamo semplicemente deciso di eliminare quel minuto, Beppe durante la session mi chiese perché la saltavamo così io gli domandai “tu come la faresti?” lui è andato in postazione e ha fatto quello che si sente, ci ha convinti. Il resto delle batterie le ha suonate Michele (che è anche il batterista di BUGO) e il suo apporto è stato fondamentale anche in questo frangente, ha suonato delle parti meravigliose e il drum fill che introduce la batteria acustica in “la cosa padre” è veramente eccezionale, ma a parte questo, Michele è stato il collante dei brani, se c’è una pasta sonora coerente in tutto il disco è merito suo e della sua visione di insieme
Quali sono i tuoi progetti futuri? Suonare molto e far conoscere Grand Jeté a più gente possibile. Poi più avanti mi piacerebbe riprendere in mano un po’ dei brani scartati da questa selezione, molti sono rimasti fuori solo perché si discostavano troppo dalle 12 tracce scelte ma non li considero affatto inferiori.
Articolo del
13/04/2023 -
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