Disco di evoluzione, di ricerca… disco che altera gli equilibri ed è proprio in questa terra di nessuno che regna l’unica ragione di un collettivo come quello degli Underdog. La Phonosphera Records pubblica questo disco anche in vinile: “Underdog Vs Underdog” è il manifesto di quanto la mutazione degli Underdog capitanati sempre da Diego Pandiscia e Basia Wisniewska, sia il vero cuore di un suono mutevole ma, assurdo ma vero, coerente e personale. In dieci anni lontani dalla discografia ufficiale e da inediti, il collettivo ha suonato e scritto e raccolto… e due formazioni che lo hanno caratterizzato in questo lungo tempo, ora si “fronteggiano” in questo disco che altera la normalità in luogo della bellezza. E non perdete di vista il video del singolo “Cold Moon In Deep Water”… ne parliamo nella bellissima intervista che segue.
Io partirei sicuramente dal titolo: chi vince? Underdog o Underdog? Scusa l’allegoria ma certamente so di non dire sciocchezze… Vincono gli Underdog, abbiamo fatto un match truccato, ci piace vincere facile. Essenzialmente ad un certo punto del cammino di una band si deve fare necessariamente i conti con la vita: chi resiste ancora in tour in furgone? Chi vuole ancora suonare in una band fuori dalle richieste del mercato e soffrire come un cane? Ci siamo guardati e piano piano la band “storica” un po’ per sfighe personali, un po’ per cambi di esistenza si stava sgretolando, per assurdo in un periodo che ci vedeva impegnati finalmente all’estero, e li qualche pezzo ce lo siamo perso. Allora siamo tornati alla vecchia versione degli Underdog: un progetto aperto: chi è abbastanza creativo e pazzo sale sulla barca e si parte. Il punto di rottura è stato il tour di due mesi negli Stati Uniti, ci siamo guardati e ci siamo contati, non era facile a livello mentale suonare negli USA tutti quei live in location a volte meravigliose e a volte assurde, dal mio punto di vista bellissimo. Passavano gli anni e ci siamo resi conto che i “nuovi” Underdog avevano sviluppato con noi un’alchimia fuori dal comune, e uscivano i brani nuovi, allora tra un tour e l’altro e tra vari cambi di formazione abbiamo registrato i brani con i musicisti che “erano sulla barca”. Erano e sono musicisti meravigliosi, non volevamo perdere l’occasione di avere la loro creatività immortalata su disco. Ma è anche un modo per esprimere il cambio di attitudine che questo disco ha dai primi due, c’è un approccio differente, voluto anche dalla voglia cambiare quello che in due dischi avevamo abbastanza esplorato.
Si parla tanto di collettivismo… progetto aperto… la continua contaminazione non rischia di levare personalità e riconoscibilità al progetto che porta sempre lo stesso nome? Siamo stati fortunati, la nostra musica, lo dico con un certo narcisismo, non è classificabile, abbiamo sempre attratto musicisti che in qualche modo erano affascinati dal progetto folle, fuori dalle righe. Forse hanno più colto loro lo stile “di base” che ha sempre accomunato la band. Siamo stati fortunati e siamo stati anche molto selettivi nella scelta dei musicisti. Ricordo Tommaso Moretti che ci disse “mi piace il progetto fate cose folli alla Frank Zappa ma riuscite a farlo nella forma canzone” ecco forse questo spiega bene il dogma di base.
Questo video è strepitoso. Ancor più interessante la storia che si porta dietro. Che significa che è stato realizzato dall’intelligenza artificiale? A Davide Cardea, vecchia conoscenza che ci ha portato in tour negli Stai Uniti, oltre ad essere il fondatore dell’etichetta Megasound, abbiamo affidato la produzione del videoclip. È tornato con un soggetto e poi uno storyboard per il video in cui voleva rappresentare, ispirandosi liberamente al testo di “Cold Moon In Deep Water”, il viaggio mentale ed emozionale di una donna negli istanti successivi alla propria morte, avvenuta per suicidio in mare causato da un amore finito. C’erano delle difficoltà oggettive, in primis girare molte sequenze sott’acqua. Ha pensato quindi di affrontare la produzione utilizzando l’AI, di fatto istruendola passo passo, animando frame per frame, per disegnare ogni scena così come l’aveva pensata, sostituendo di fatto la macchina da presa con AI generativa. Contestualmente ha trasformato il nostro video in un progetto accademico che ha portato avanti e finalizzato con una farm di una ventina di studenti dell’Accademia delle Arti e delle Nuove Tecnologie di Roma. Per noi è stata la scelta fuori dagli schemi che ben si associava alla nostra musica.
Anche la copertina ha una genesi simile? La copertina, realizzata da Davide Cardea, era stata studiata per il singolo, poi ci è piaciuta e abbiamo deciso di utilizzarla per il disco. Volevamo un mare oscuro, che mettesse angoscia, c’è il vestito di una donna sulla spiaggia, abbandonato, come una tragedia da poco consumata. Il fronte della copertina è stato realizzato in parte con l’AI mentre il retro è completamente “umano”, il progetto grafico, tra fronte e retro copertina, cela vari dualismi in linea con l’album: sopra il mare e sotto al mare, realismo e surrealismo, artificiale e umano appunto. In questo disco i brani sono molto più cupi, più intimi, dettati anche dal periodo storico che ci caratterizza e da una necessità compositiva più “personale” meno goliardica.
Per tornare da dove siamo partiti: ma lo sai che nonostante tutte le evoluzioni, alla fine sembra esserci una enorme coerenza? Come lo spiegate? Non me lo so spiegare. Volevamo dissacrare il jazz e allo stesso tempo contaminare il rock. Lo so non è facile ma ci siamo impegnati in tutti questi anni di ricerca musicale. Abbiamo sempre suonato con musicisti di un background molto simile. Le due anime del disco per esempio hanno Tomaso Moretti e Lorenzo Tarducci che sono batteria e chitarra della band romana Tribraco che da sempre ha condiviso i palchi con noi, non suonano insieme ma suonano con gli underdog in due formazioni diverse, secondo me c’è un filone di musicisti anche oltre al progetto che ha ben chiaro le sonorità che vanno esplorate. Se c’è coerenza, bhè forse il merito è anche di chi è rimasto nella band dagli esordi come me e Basia. Oppure ci ha detto sempre culo, che è una caratteristica da non sottovalutare.
Articolo del
16/05/2023 -
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