Mi abbandono alle citazioni antiche di grandi classici per parafrasare il titolo di questo nuovo disco, il quarto, del cantautore piacentino Edoardo Cerea. Si intitola “La lunga strada”, disco che ovviamente sfoglia pagine stilistiche sfacciatamente ancorate al suono e alla forma classica della canzone pop d’autore, quella dai bordi rock, dove il tex-mex è a due passi, dentro cui lo spirito dylaniano del modo di fare sembra una fonte primigenia di ispirazione. Ma c’è tanta Italia e tradizione nostrana in un disco che non poteva che non essere un manifesto di vita, personale e privata…
Un disco che segna un ritorno allo stile. Lo senti addosso il peso di una certa responsabilità? Ormai non si suona più… Non credo ci si possa esprimere in maniera distante da ciò che ci appartiene e ci viene meglio, quando lo capisci e lo interiorizzi definitivamente, allora trovi una serenità artistica e compositiva impagabile. Mi sento sempre molto responsabile nei confronti di chi vuole ascoltarmi, cancello e cestino più del doppio di quello che tengo, ma in primis lo faccio per me. Perché questa è la vita che ho scelto, che mi fa stare bene e moderatamente in equilibrio. D’altronde lo ha detto anche il chitarrista degli WHO in tempi non sospetti: “ Hey ragazzi, il rock and roll non risolve i vostri problemi, però vi ci fa ballare sopra!”
Un titolo evocativo. Un po’ gucciniano un po’ beat generation. Per te che significa? La lunga strada non è altro che il tempo vissuto dal sottoscritto su questa terra fino ad oggi. Ho avuto la fortuna, nel bene e nel male , di vivere una vita piuttosto intensa e variegata, quindi a dire il vero il titolo più azzeccato sarebbe stato “l’intensa strada” , ma suonava davvero male, suono e sostanza sono entrambi importanti. A 53 anni, quindi più o meno in quello che potrebbe essere il mezzo del cammin di nostra vita dei nostri tempi, ho avvertito l’esigenza di creare uno spartiacque che mi aiutasse ad archiviare,metabolizzare, e conservare una serie di cose dalle quali, poi, ripartire anche cercando nuovi stimoli. Essendo la forma canzone, l’unica modalità espressiva che mi riesce decentemente ho deciso di pubblicare questo nuovo lavoro
Ma in fondo possiamo parlare anche della lunga strada che ancora abbiamo davanti? Sarò scontato ma quello che auguro e me e a tutti è di vivere un vita innanzitutto in salute. Il parametro della longevità è relativo e sicuramente non l’unico, l’importante è seguire il più possibile le proprie inclinazioni e non è per niente semplice
Se ti chiedessi del futuro? Cosa c’è in questo disco che guarda al futuro? Dunque, quando ho ultimato questo lavoro ho avuto per la prima volta una sensazione di serenità, appagamento e cerchi chiusi. Infatti spesso mi dico che se anche fosse l’ultimo come finale non è niente male. Però nel testo della canzone che chiude l’album, “Il tempo ormai non conta più”, a un certo punto dico: “…eppure ancora teniamo duro, forse perché non c’è altro che il futuro”. Quindi che dire, il futuro morde, ti prende e ti sorprende e …vince sempre
Sai che non pensavo fossi di Piacenza? Un suono simile, un calore simile, l’ho sempre ricondotto alla montagna e ad un certo modo di vivere la vita… Beh, considera che Piacenza fa circa 95000 abitanti, più che una città è un paesone e anche molto provinciale. I piacentini sono estremamente legati ai nostri tre fiumi e alle nostre colline/montagne che ci separano dai “cugini” liguri. Probabilmente tutto questo scalda i nostri animi e nelle manifestazioni creative d’ogni tipo, alla fine, ne rimane traccia
Posso dirti che ho come l’impressione che il comparto video l’hai messo in secondo piano? Ho come l’impressione che la cura del disco non corri parallela a quella dei video… Ci sta. Per me la musica è principalmente un arte uditiva e tutte le mie risorse creative, emotive ed economiche vanno in primis alla realizzazione dell’album. I video sono un mezzo che veicolano la canzone sui social, ai quali sto dando sempre meno importanza.
Articolo del
29/05/2023 -
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