Un titolo affascinante: “Estramenia”. Una parola dalle radici antiche che in qualche modo ci invita ad andare oltre lo steccato del nostro rifugio sicuro. Jacopo Perosino ci regala un disco pulito, coerente, fatto di libertà espressiva che significa anche cambiare genere, facce, anzi maschere come ci dirà lui. La contestazione sul sociale non manca anche se trovo sia più una matura posizione sul personale che sul pubblico. E poi il suono, che di pop e altre “maschere” in realtà sembra cercare quel gusto di piccole cose, come fosse un “rigattiere”, come fosse un collezionista di fotografie di viaggio.
Facce diverse per questo disco. Urbano ma anche popolaresco. Che sia la faccia dell’uscire fuori dalla propria confort zone? Più che facce, direi maschere diverse. Ogni maschera racconta una storia densa di messaggio ed è, a mio parere, irrilevante il volto che soggiace a tutte le maschere. Le prime “maschere” che mi hanno catturato da bambino sono state un clown ad una festa di compleanno di un amico dell’asilo, tutti i personaggi di Tim Burton dai 7 anni in poi e infine quella del Chiarchiaro in una rappresentazione teatrale cui assistetti alle scuole superiori. In nessuno di questi casi mi sono mai interessato del volto che dava vita a quella maschera: la maschera stessa mi raccontava una storia molto più universale e potente. Muoversi tra le fantasmagorie mi accende la scintilla fanciullesca che adoro in questo mestiere. Questo mi stimola a curare e sperimentare musicalmente, talvolta fuori dalle mie cifre solite e dalle cd. “zone di comfort”.
Critica sociale sicuramente ma anche storia. Non possiamo prescindere dalla storia. Eppure anche qui: non è che sia la direzione del disco ma una delle tante. Mi confonde questo avere tante facce e direzioni diverse ma ti chiedo: il vero manifesto di questo disco? Il manifesto è lo spirito anarchico che lo permea, dove per anarchico intendo la mancata accettazione di qualunque forma o potere che ne gestisca le sorti. Per questo è assimilabile a ciò che avveniva fuori dalle mura, qualcosa di libertario, selvatico e affascinante. Quello di cui parlano queste canzoni, in fondo, sono storie che al giudizio degli Uomini potrebbero risultare perdenti ma a quello della Storia invece no. Cercare di cambiare lo status quo con coraggio e tenacia, illuminare il prossimo con un ideale giusto, non accettare le ingiustizie, queste sono tutte cose da raccontare secondo me. Le storie (e quindi anche le canzoni) non hanno il potere di cambiare il mondo ma possono raccontare di qualcuno che ci ha provato, per stimolare nuove coscienze. Ma i cantautori oggigiorno non si inventano nulla, al massimo riadattano e arricchiscono, spesso per narcisismo, facendo fatica a farsi ascoltare. Siamo rapsodi, in quest’epoca i veri aedi sono gli influencers.
“Canzone da muri” sembra riprendere poi la copertina del disco. Siglare una parete di cemento che da l’idea ad una rinascita dopo la decadenza… come la leggiamo? È uno sfogo e, al contempo, un personale tributo ad un periodo storico-musicale che mi ha formato. È un gioco, una cosa piccola in confronto alla potenza che certi murales hanno o hanno avuto nella storia dell’umanità. Se però intendiamo una mia personale rinascita dopo una (de)cadenza allora sono d’accordo, ha avuto per me una funzione apotropaica rispetto ai miei demoni interiori, ricordandomi che nonostante tutto sono vivo e posso comunicare: sembra banale ma è la sola cosa che conta. Il resto è tutto rumore.
Elettronica e futuro? Anche qui: che direzione hai preso? Se trovo un’etichetta interessata al progetto, ho in cantiere un album già scritto quasi per intero che suonerà molto elettrico e percussivo. L’elettronica per me è stata una scoperta durante la scrittura di B.I.S, il mio secondo album, adesso la immagino come uno strumento amico in certe fasi dell’arrangiamento. Nella versione definitiva del brano rimane a patto che mi regali maggiori suggestioni, sennò no. L’album che ho in mente continuerà la strada tracciata da questo Ep, vorrei proporre degli spunti di natura sociale, magari più contemporanei, servendomi anche di rumore, distorsioni, cassa; sudore di balli e canti alternati a momenti di sussurro e fragile dolcezza. Non saprei dire se si tratti di maggiore ispirazione o soltanto maggiore consapevolezza di ciò che voglio dire, usando la musica come mezzo di comunicazione. Mi piace raccontarmi che queste vibrazioni dipendano dalla nascita di mia figlia a fine 2021, un evento catartico.
Articolo del
19/12/2023 -
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