Come promesso eccovi l’intervista al cantautore di Memphis Micah P. Hinson andata in onda questa settimana su tutte le radio partner di questo lungo viaggio giornalistico che sta portando avanti Paolo Tocco ormai da 3 anni. Si titola Trans Europe Express ed è un podcast che potete raggiungere anche dalla nostra home page. Eccovi a seguire l’intervista integrale, come promesso: “I Lie to you” è un disco scuro, di saggezza, di attese e di misure umane. La chiacchierata che segue è stata raccolta durante un concerto a San Valentino in A. C. in provincia di Pescara: siamo tra le trame del festival “L’uomo che cammina” organizzato dai ragazze dell’Ass. ReTe. Non dilunghiamoci oltre… buona lettura a tutti.
Una prima mia personale curiosità: non sempre, ma spesso le tue copertine (come in questo caso) mettono al centro il corpo femminile. Mi ha sempre incuriosito questo aspetto. C’è una ragione precisa? Che rapporto hai con il corpo e con le sue forme? Innanzitutto grazie per questa intervista. Il corpo femminile… beh cerco di ripensare al particolare motivo per cui ho iniziato a considerarlo così, a partire dall’album “Gospel of Progress”. Sono sempre stato affascinato dalla forma umana, e soprattutto per quella femminile. C'è qualcosa nelle sue linee, nelle ombre che trovo profondo e intrigante. Il corpo umano è senza ombra di dubbio una delle cose più belle del pianeta, almeno dal mio punto di vista. Pensando al come si percepisce le forme e le sue linee, adoro molto il lavoro della fotografa argentina Nati Andreoli: ecco, sento che gli scatti che ha ottenuto sono molto simili a quello che avrei fatto io. Ma è un modo di osservare le cose che passa attraverso i propri occhi, il proprio temperamento. Ritrovarsi simili in questo è una cosa bellissima. Che dire: sono contento che tu l’abbia notato e che ti piaccia!
Questo disco è un disco di storie… dunque, pensando al titolo I LIE TO YOU ti chiedo: a chi stai mentendo? A te stesso o alla vita e alle persone che hai incontrato? È un titolo che proviene dalla mia gioventù. Ho sempre creduto che i nomi dei dischi dovessero provenire dalle canzoni, dai titoli di canzoni. Non è stato così per "I Lie to You", o "The Gospel of Progress", ad esempio. Volevo davvero ricominciare da zero, e volevo ricominciare in un modo nuovo. Durante la pandemia o anche prima, quando abbiamo iniziato la prima parte delle registrazioni di questo disco, mi sentivo come su di una strada a senso unico che conduceva alla fine della mia carriera musicale. Era tutto come un Ok, questa avventura finirà, è iniziata con “The Gospel of Progress” e finirà con “The Musicians of the Apocalypse”, e questo è quanto. Quindi “I Lie to You” è stato qualcosa di veramente nuovo per me, come ricominciare da capo. Volevo che il nome del disco venisse dalle canzoni, da qualche parte nei testi. Per cui ho guardato e riguardato ogni parola, le diverse frasi e nulla aveva davvero senso se non proprio ”I Lie to You". Immagino che alla fine potremmo trovarvi un significato più profondo, ma è una cosa molto personale e non sono sicuro sia appropriato condividerla. Allo stesso tempo penso che "I Lie to You" sia un titolo orribile, perché mentire è orribile… ma alla fine è anche tutto dannatamente divertente. Penso che sia un titolo bellissimo, davvero poetico se ci pensi. E non solo perché le parole sono importanti, ma anche perché è importante il modo in cui vengono dette e l’ordine in cui sono organizzate.
Disco interamente prodotto in Italia. Terra d’Irpinia… pensi che in qualche modo l’Italia e la nostra tradizione dei suoni e del modo di pensare alla musica si risenta dentro il prodotto finale? Oppure volontariamente hai rapito qualcosa della nostra terra per questo disco? È certo che l'Italia, la tua terra madre, deve aver avuto un ruolo in tutto ciò. Sin dalla produzione, con “Asso” (Alessandro “Asso” Stefana) , collaboratore di Vinicio Capossela, e loro sono fottutamente italiani da morire… anche il batterista, tutti quanti, tutti italiani. Perdonerai la mia ignoranza, non so molto della storia della musica italiana. Adoro Vinicio Capossela. Sai che uno dei miei artisti preferiti di tutti i tempi è Iosonouncane? La sua musica mi ha salvato la vita. È senza dubbio il principale genio musicale del mio tempo. Un essere umano molto, molto speciale. E quindi immagino sia questo il punto. Diciamo che ascolti i Beirut, o qualcosa del genere, e sembra che la loro roba provenga dai paesi baltici, e lui alla fine sta prendendo una musica che esisteva già, ma… perché sto parlando di Beirut? Non importa… voglio semplicemente dire che lui prende una musica che essenzialmente non proviene da qualche giovane ragazzo bianco del New Mexico, però l'ha presa e ha creato qualcosa con la sua piccola interpretazione. E alla fine quella musica proviene dalle persone che l’hanno creata, dalle persone che il mondo e la vita hanno trattato in un certo modo, e questa è la musica che poi hanno creato. Ripenso al disco “I Lie to You”, a tutti gli italiani coinvolti nell'etichetta discografica, italiana anch’essa, agli italiani che lo prenotavano... E penso che lo spirito di tutto questo entri nella musica in un determinato modo, e non riguarda solo me che ascolto musica italiana e dico “Hey, mi piace questo e non mi piace quello, nel mio disco voglio questo e non quello…”, ma è piuttosto lo spirito basato sulle persone che lo hanno creato assieme a me. Dentro il disco vi è tutto questo, ed è bellissimo. È bellissima “The days of my youth”. Ti cito: “Gone are the days of our youth that we never used”. Ho come l’impressione che nel fondo di queste nuove canzoni resti un senso nostalgico e di rammarico per quel che poteva accadere ma che in fondo non è mai accaduto. Sbaglio? Bè, i giorni della mia giovinezza sono finiti. Penso che tu abbia centrato correttamente alcune cose, altre forse meno. In un certo senso in tutte le mie canzoni si trova, ovviamente, quel sentimento di nostalgia. In un certo senso penso d’aver imparato nella mia vita che puoi avere nostalgia delle cose che hai vissuto, delle cose che hai attraversato, ma puoi avere nostalgia anche delle cose che non hai mai conosciuto. È qualcosa che sento molto, perché la nostalgia mi ha accompagnato fin da quando ero molto giovane, quando volevo iniziare a fare musica e avevo otto, nove, dieci anni, e poi più tardi, quando ho iniziato a scrivere canzoni. Ricercavo un certo tipo di nostalgia, che era qualcosa di cui non avevo alcuna idea perché non avevo avuto relazioni e non avevo provato nulla che riguardasse l'amore e quel genere di cose. Eppure, nello specifico, nei giorni della mia giovinezza, credo possa esserci stato qualche rimpianto. Anche se non penso siano stati molti. Penso che la chiave sia forse realizzare che il modo in cui sei stato cresciuto non è stato il migliore. E capire che c'erano cose che avresti potuto fare, che avresti potuto realizzare, che avresti potuto sottolineare invece di lasciarle passare così. Ma con gli occhi che usavi quando eri giovane non potevi avere le capacità di capirle. E quindi diciamo che è questo il motivo per cui canto canzoni come questa oggi. Sono i giorni che non ho mai usato, capisci? E cosa avrei dovuto usare? Cosa avrei dovuto sapere? L'unico modo in cui capisco che al tempo mi mancava qualcosa è ripensarci adesso. E la persona che sono adesso non è certamente la stessa della mia giovinezza. È un vero e proprio enigma filosofico. Poi sì, quando canto quella canzone, è più un canto che non nasce da un desiderio e da un rimpianto, ma è come se avessi capito perché sono qui a cantare quella canzone e tutte le altre cose che avrei voluto sapere, cose che avrei voluto fare. E dato che non ero capace al tempo di capire quelle cose, non posso quindi ritenermi, non possiamo ritenerci, come esseri umani, responsabili di cose di cui non sapevamo nulla.
Molti parlano di questo disco come di disco che dimostra maturità e accettazione della vita. Sembra che alla vita tu riesca a guardare con serena consapevolezza. Ti ritrovi? Cosa ne pensi? Un sereno senso di consapevolezza. Wow, questa sì che è una bella di frase. Ci sono state molte cose che sono entrate in gioco mentre stavo realizzando “I Lie to You”. Da un lato, come ho detto poco prima, sentivo che la mia carriera era finita. Perché non avevo più niente da dire. Hai ascoltato gli ultimi due dischi che hanno poi condotto a “I Lie to You”? È come se non sapessi nemmeno di cosa stavo parlando. Ricordo che ero in viaggio e dovevo scrivere i testi delle canzoni. Perché non ero nemmeno ispirato. Non sapevo nemmeno che stavo cantando. E non voglio risultare troppo drammatico, ma con “I Lie to You” sono iniziate ad arrivare canzoni come “Wasted Days”, “Days of my youth”, “Ignore the days”, chiaramente tutte canzoni che hanno a che fare con giorni inutili della vita. Che poi lo immagini, dietro le canzoni ci sono anche cose assai personali che ovviamente non voglio condividere pubblicamente. Insomma, ho sentito persone dire che io sia davvero... zen. L'altro giorno ho visto questo meme in cui c’era una persona che dice a un’altra “Sei così zen”, “Sei così rilassata”. E poi vai a vedere e la persona è uno scheletro, e risponde “Sì, è perché sono completamente dissociato dalla realtà”. L'ho letto e ho pensato che fosse dannatamente geniale. È quello che voglio e penso sia quello che ho sempre desiderato. Non sono sicuro di avere gli strumenti di cui c’è bisogno per renderlo possibile. E poi c’è un’altra cosa importante: è che con le mie canzoni mi sembra d’insegnare molto a me stesso. Quando ho scritto “Ignore the Days”, così come molte altre canzoni, io non sapevo particolarmente bene di cosa stavo parlando. Certo, riguardava le relazioni, le emozioni, tutte queste cose che avrei cantato, ma tutto poi ha avuto senso quando è stato messo insieme il video, che in realtà è stato creato senza la canzone. Nel video, c'è come un fantasma che è coinvolto in questa famiglia, solo che è un fantasma appunto quindi non esiste nella realtà. E poi le parole della canzone, sì, quelle cose di cui non avevo realizzato nel momento in cui l'ho scritta, perché non mi rendevo conto di quanto fossero vere e accurate. Insomma: tutto questo, ad esempio, ha finito per riguardare la mia vita.
500 MILES. Una distanza da casa che diviene un simbolo di tante letture diverse. Ma questa canzone parla anche di solitudine e di opportunità? E qualunque treno si prenda, alla fine, secondo te, restiamo comunque soli e lontani da casa? Ovviamente "500 Miles" non è una mia canzone. È una vecchia canzone folk scritta da Hedy West nel 1961 e ripresa anche da Battiato in “Fleurs” col titolo “J’Entends Siffler Le Train”. Molte persone ne hanno fatto una cover. La versione che ho sentito io, l'ho sentita cantare da Peter, Paul e Mary, e poi da Joan Baez. La mia versione è fondamentalmente nata mescolando queste due versioni insieme, Peter, Paul e Mary e Joan Baez. Una canzone che parla proprio della solitudine. Penso che non abbia nulla a che fare con le opportunità: esiste una storia - non sono nemmeno sicuro di volerne parlare - ma c'è una storia nella Bibbia - e non sono nemmeno sicuro di voler parlare della Bibbia - che si intitola “Il figliol prodigo”, e parla di questo ragazzo che vuole lasciare la sua casa, la sua famiglia, per andare a vedere il mondo, e cosa sta succedendo fuori. Quindi suo padre gli dà la sua eredità che gli spetta per diritto di nascita e lo manda nel mondo. Poi un giorno, questo figlio, si sveglia in un porcile, circondato da animali. E alla fine decide di tornare a casa. E suo padre lo accoglie senza problemi e via dicendo… Naturalmente, data la mia vita, essendo cresciuto nel cristianesimo, quella storia era chiaramente molto legata a molte delle mie esperienze personali con cui non ho mai fatto veramente pace. Ma sì, "500 Miles", quella canzone per me parla di andate e ritorni, di rimpianti, di andare e fare le cose che forse pensavi si dovessero fare, e forse è davvero una canzone collegata all'idea di "Days of My Youth". Andare da qualche parte e fare qualcosa e provare a creare qualcosa partendo da se stessi, e infine realizzare che forse quello che hai fatto non è quello che sarebbe dovuto succedere. Che non era quello che volevi. "500 Miles" è una bellissima canzone, e trovo che il concetto di musica folk in sé sia molto importante. Sai, quando ero un adolescente, quando ero più giovane, la musica folk era semplicemente una cosa diversa. Crescendo mi sono reso conto di avere la capacità di prendere canzoni che mi hanno commosso, parole, accordi che mi hanno commosso e di saperli accogliere e interpretare come volevo. Di rimetterli nel mondo in una forma diversa. E in quel poco tempo, di poterla fare mia. Sì, quella canzone è bellissima.
PEOPLE: bellissima fotografia di questa società che cambia. E sono pienamente d’accordo con te. Ho la tua stessa età e anche io ho visto affiorare dentro di noi l’indifferenza. Secondo te come ne usciamo? Cosa ci aspetta? Oh su, “PEOPLE”. Questa è una domanda interessante. Non c'è alcuna possibilità che il mondo fosse migliore quando ero bambino. Impossibile che quando ero adolescente la situazione peggiorasse, e non è possibile che ora sia ancora peggio. Per me non è tanto una questione di realtà quanto più di percezione. Sai, quando sei giovane, quel poco che sai del mondo è influenzato dai tuoi genitori e dalla tua famiglia. Vai a scuola e cose del genere, quindi tutto sembra in un certo modo, a seconda di come sei cresciuto. Ma poi, quando invecchi, inizi a imparare cose e a capire come le persone si trattano tra loro. E poi arrivi alla mia età, alla nostra età, e ti rendi conto, santo cielo, che non solo le persone sono terribili, ma il modo in cui hai imparato a conoscere la storia, il modo in cui hai imparato a conoscere chi sei e tutto il resto, non è molto vero. Naturalmente ciò che ti sto dicendo proviene da una persona che proviene degli Stati Uniti. Sai, alla fine mi è stato detto, mi è stato insegnato che eravamo nella terra della libertà, che eravamo come dei fari della speranza e della democrazia. Poi però invecchi, i tuoi genitori iniziano a parlarti, a dirti di essere un Chickasaw, un nativo americano, che la tua gente è stata assegnata a un appezzamento di terra chiamato Territorio Indiano, e così inizi a imparare storie sui tuoi antenati, ti svegli e realizzi che tutte le altre cose erano bugie, erano falsità. E penso che quest’esempio possa valere per la maggior parte delle cose. Perché quando sei giovane vedi le cose in modo ingenuo, e quando invecchi, a seconda di quanto sono aperti i tuoi occhi, impari sempre di più. Magari alcune persone vogliono solo nascondere la testa sotto la sabbia, ma per quanto riguarda me, trovo molto importante scoprire cosa sta succedendo, scoprire da che tipo di persone provieni e cosa fanno quel tipo di persone, le cose che approvi e soprattutto le cose che non ti piacciono. E ciò che non approvi può non essere solo le persone da cui provieni, ma anche ovviamente il tuo paese, la tua nazione, la tua società, così come la tua famiglia. E poi devi trovare le cose che ti possono essere utili, quelle che possono farti bene. E poi devi trovare tutte le altre cose, che secondo me rappresentano la maggior parte della vita. E devi cambiare le definizioni, devi cambiare il modo in cui vedi le cose, e quindi il modo in cui agisci e reagisci alle cose. Quindi sì, non crederò mai, nemmeno per una frazione di secondo, che in passato le cose siano andate meglio o siano andate peggio. Le cose cambiano semplicemente forma, cambiano i nomi e realizzi che vengono alterate man mano che cresciamo. La questione pero è: dove siamo diretti? Dove siamo diretti nella vita come civiltà? Diamine, io questo non lo so, ma posso dirti che non sembra molto bello, sai??? Con questa risposta potremmo andare avanti e indietro all’infinito. Sai, non sono nemmeno sicuro che certe cose debbano davvero essere dette. Vengo dagli Stati Uniti e sappiamo tutti cosa diavolo stanno facendo gli Stati Uniti, possiamo vederlo. Ci sono delle crepe enormi in superficie. E sì, immagino che alla fine tutti speriamo che ciò verso cui siamo diretti in futuro, come civiltà, sia una grande resa dei conti. Questo credo sia ciò di cui abbiamo bisogno. Penso che noi, come civiltà, dobbiamo smettere di inquadrare tutte le cose entro i confini della storia. Dobbiamo smettere di incorniciare tutto nell'idea di storia, perché una volta che rendi le cose storia, in senso moderno, è come se poi non dovessi più occuparti di quelle cose. Lo facciamo come civiltà, abbiamo un mucchio di cose da affrontare, abbiamo un sacco di cose da aggiustare, cose che dobbiamo fare anche perché le nostre storie di colonizzazione e di imperialismo sono state infarcite di bugie per giustificare la distruzione della guerra.
Sai, ero sulla costa del Pacifico, giù in Colombia, nella giungla, e io e le persone che erano con me stavamo guardando l'oceano, stavamo vedendo il tramonto, quando la madre della mia ragazza dice: "Ehi, guardate quella barca, è una di quelle europee. È la prima nave da crociera che arriverà in questa città chiamata Buena Ventura”.
E io ho pensato: ti ritrovi davvero a guardare tutto questo, nell’anno 2023, a guardare una nave che attraversa la tua vista, una nave piena di persone che vanno in un posto in cui non hanno davvero alcun interesse ad andare, e quindi pensi che sì, la colonizzazione è ancora viva… e sta bene.
E perché questa canzone alla fine sembra essere “allegra”? Quasi a prendersi gioco di una denuncia che io trovo decisamente importante, dal forte peso sociale… Perché penso che "People" sia una canzone davvero ottimista. Penso che sia una delle canzoni più allegre del mio repertorio. Certo, potresti trovarvi altre canzoni allegre come "Jack Eyed", così come alcune cose prese da "Opera Circuit". L’originale era piena di organi, corni e tutte queste cose, e quindi era davvero molto incasinata. Io e Asso l'abbiamo registrata così, è una canzone molto, molto semplice. È davvero una canzone pop. L’abbiamo realizzata così perché era l’unico modo che avesse senso. C'è una versione alternativa di "People" che è uscita oggi assieme a un nuovo singolo intitolato "Oh No", una canzone che non è stata pubblicata su "I Lie to You". Quella sull’album è una versione diversa, l’abbiamo realizzata intenzionalmente in quel modo, doveva solo essere semplice. Sono bastati pochissimi strumenti.
“Ignore the days”: esistono e resistono cose che alla fine non vivono come meritano. “Lovers hold on but dream not what they need” oppure “Powers hold up yet dream not what we need”. Anche in questa canzone c’è una qualche forma di denuncia sociale? No, non penso che "Ignore the Days" ne abbia. Non sono sicuro ci sia qualcosa di simile al commento sociale in quella canzone. Per me quella canzone, come molte delle mie canzoni, parla molto delle relazioni, di come trattiamo le persone, o di come non le trattiamo. E penso che questo modo abbia a che fare con la società. Così come il modo in cui impariamo e il modo in cui trattiamo o meno le persone sono molto collegati a quello con cui abbiamo visto trattate le persone nonché andare avanti le relazioni. Naturalmente impari cose dai tuoi nonni, impari cose dai tuoi genitori, impari cose dalle cose che vedi e attraverso le definizioni e il modo in cui vedi le altre persone vivere la loro vita. Alla fine prendi tutto questo e in un certo senso lo trasformi in regole non scritte sul modo in cui vivrai, sulle relazioni che avrai. E per quanto mi riguarda ho capito che nel modo in cui vedevo le relazioni, e nel modo in cui vedevo le dinamiche delle relazioni, sembrava tutto decisamente violento. E questo è il punto, questo è ciò che accade quando sei cresciuto sotto l'occhio di Dio e sotto qualunque cosa sia l'ira di Dio, le regole, le leggi e tutte quelle cose li. E penso che come esseri umani dimentichiamo che non ci sono le regole, che possiamo e dobbiamo fare tutte le cose che riteniamo opportuno. E quindi sì, sento che quella canzone parla molto, moltissimo delle relazioni, dei confini di quelle cose e dei loro punti di vista.
Casa. E non mi riferisco solo alla casa come luogo ma a tanto altro. È qualcosa che trovo centrale per questo disco… per te cosa significa? Sì, il concetto di casa. Non sono sicuro che ci sia anche questo dietro “I Lie to You”. Immagino che in qualche modo debba esserlo, ma no, per me il concetto di casa è cambiato. In questi anni ho imparato molto. Penso di aver trascorso la maggior parte della mia carriera in modo troppo personale. E penso che queste cose mi abbiano messo nei guai con altre persone, e probabilmente, e ovviamente, anche con me stesso. Penso che in un certo senso ciò che sentivo di me, il musicista che ero, le canzoni che scrivevo e la mia esperienza in un certo senso mi abbiano trasformato in una sorta di personaggio dei cartoni animati. Ma quando scrivi canzoni e vivi in Texas, e viaggi in Europa, ovviamente non c'è quella separazione tra questi due mondi, e se non presti attenzione ti trasformi in un personaggio dei cartoni animati. Ma l’idea di casa, sì, quella è qualcosa che ho imparato. Casa e famiglia sono qualcosa che ho imparato. La casa e la famiglia non sono cose in cui sei nato. La famiglia non sono le persone attorno alle quali sei nato, alle quali sei cresciuto. Voglio dire, può anche essere, ma non deve essere necessariamente così. La famiglia sono piuttosto le persone con cui cresci, che incontri e con cui impari, quelle che scegli che siano nella tua vita, che scegli siano la tua casa. Penso che ora, nella mia vita, per il fatto di vivere in Texas, di vivere in Spagna, di fare avanti e indietro, forse non ho un senso e un concetto definitivo di casa. La mia casa si trova in posti meravigliosi, in persone meravigliose e straordinarie che hanno cambiato la mia vita e che mi hanno mostrato saggezza, con cui sono riuscito ad aprirmi ad un modo migliore di vivere, ad una vita migliore, ad un modo di esistere che ti rende più felice, più sicuro e più a tuo agio. E certamente, una volta che trovi quel senso di casa, qualunque esso sia, tutto è possibile. Tutto… E quindi sì, forse cinque o sei anni fa pensavo che la casa fosse una determinata cosa. Avevo quella determinata definizione, ma poi ho capito che quel concetto di casa e quella definizione mi avrebbero ucciso. Oppure avrei fatto mio quel concetto e sì, mi sarei ucciso seguendolo. È stato terribile. Mi sentivo come se fossi intrappolato nel buio. Mi sentivo come se stessi... seguendo regole, regolamenti e clausole nelle quali non avevo alcun interesse ad essere coinvolto. E quindi sì, oggi immagino che ho fatto del mio meglio per rendere la casa qualcosa di simile a ciò che risiede nel mio cuore. E ovunque sento quelle cose che sono dentro me, che creano quella casa, e le persone che amo, continuo a portarle con me ovunque vada.
“You and me”: una canzone scura, in bianco e nero, forse la più distopica del disco. Tu ed io e poi il contrario. Perché chiedersi se esiste altro? Che stai cercando per davvero? Oh, diavolo, amico, Tu ed io o Io e te o come vuoi chiamarla... L'ho scritta a New York nel 2008? 2009? In qualche posto? 2007? Non ricordo, comunque era da qualche parte. Potrei risponderti riguardo a come mi sentivo quando ero seduto al pianoforte, sai, in un minuscolo appartamento nel nord del mio paese, con tutte le cose che sentivo e che stavo cantando in giro… Insomma, tutta quella roba alla fine per me era davvero priva di significato. Mi riferisco a cose che non ho tenuto con me o che ho conservato nel mio cuore. Ma è una bellissima canzone. E alla fine penso che sì, si tratta di una separazione tra persone, come un io e te contrapposto a un te e me. È come l'idea di una coppia, siete connessi, ma quando provate a dirlo in un altro modo siete disconnessi, siete due cose separate, ed è proprio così che la sento. Si tratta dell'intimità di una relazione o qualcosa di simile, che si tratti di amici o persone care, o di una relazione romantica o sessuale, o anche di una relazione con Dio o un’altra divinità. Riguarda la separazione, si tratta di essere una cosa e poi di cambiare in un'altra cosa, di cercare di scoprire le cose che sono state create e che renderanno la tua vita migliore, di trovarvi più comprensione.
In chiusura: anche in questo disco torni ad omaggiare John Denver. Perché questo legame? Da cosa nasce? Già. “Please daddy don't get drunk this Christmas” (“Per favore papà, non ubriacarti questo Natale”). Ovviamente c'è John Denver. John Denver è il cantautore più influente nella mia carriera, o nella mia vita. Non è stato Johnny Cash, non è stato Hank Williams, di certo non è stato Bob Dylan. No, è stato John Denver. Non tutto della sua carriera, certamente, i suoi inizi soprattutto. Forse i primi quattro o cinque album sono stati la principale musica che mio padre ascoltava quando ero bambino. L'ha fatto quasi in modo esclusivo, l'unica cosa che ascoltava davvero era John Denver. E "Please daddy" era su un suo disco natalizio, uno dei miei album preferiti di tutti i tempi. Penso si chiami semplicemente “John Denver Christmas”, o qualcosa del genere. La prima canzone si chiama "Aspenglow", uno dei miei brani preferiti in assoluto. Sì, John Denver ha avuto un'enorme influenza sulla mia vita, è uno dei più grandi cantautori del mio tempo. Ed è triste, a volte, perché non penso che gli venga dato tutto il riconoscimento che merita, perché merita molto e non lo ha mai ottenuto. In ogni caso è molto speciale per me, e il fatto che persone come te mi chiedano specificamente di lui, come se io volessi fare tutto il possibile per mantenere il suo nome sulla bocca della gente, è perché sì, più persone hanno bisogno di ascoltare John Denver. Prendi canzoni come "Annie's Song", "Follow Me", "Rhymes and Reasons", "Sunshine on My Shoulders", oppure, "Leaving on a Jet Airplane", o quelle canzoni che vanno a fondo con cose più profonde, come " A Sad Song” oppure “This is what it's like falling out of love”.
Sì, quel ragazzo era un dannatamente potente, e merita molto più credito, per cui faccio sempre cose alla John Denver. È davvero un gigante e io ho avuto modo di vederlo dal vivo.
Ti racconto una piccola storia. Quando ero al liceo ho saputo che Denver stava in un teatro, nel centro di Dallas, quindi mio padre e mia madre hanno comprato i biglietti. Siamo io, mia madre, mio padre, mio fratello e la sua fidanzata - anche lui tra l’altro si chiama Micah, abbastanza stranamente – e così andiamo a teatro e io e la mia famiglia siamo probabilmente circa 30 file dietro, ma poi sento qualcuno dire "Biglietto gratuito in prima fila!" e alla fine qualcuno è arrivato fino alla trentesima fila solo per regalare un biglietto in prima fila per questo spettacolo, ma com’era possibile?!?!?! Mio fratello era con la sua fidanzata, mio padre era con mia madre, e così il biglietto l’ho preso io. E sono andato in fondo, ed era esattamente al centro, in prima fila. Il signor Denver era... voglio dire, avrei potuto toccarlo. Era così vicino. E ha fatto uscire fuori la sua rabbia, e sai, poi c'era il suo batterista, il ragazzo che suonava nel gruppo The Wrecking Crew e in quasi tutti i lavori di Phil Spector. Sì, è stato bellissimo, e poco dopo Denver è morto in quell'incidente aereo… E sì, quando è morto, per me era come uno zio. Era come se qualcuno di molto importante per me se ne fosse andato, ed è stato triste. Sì, John Denver è il migliore tra tutti i miei cantautori preferiti.
Articolo del
15/03/2024 -
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