Non vedo l’ora che mi arrivi tra le mani questo nuovo vinile di Beppe Cunico dal titolo “From Now On”. Continua la sua corsa vero momenti epici di rock e di visioni sociali che denuncia e che accarezza, che colora di speranza questa volta… un disco che dedica al figlio Paolo ma che in qualche modo è manifesto per le nuove generazioni. Tante piccole ingenue criticità a partire dalla pronuncia inglese ma va detto che questo non è un disco di estetica per quanto la produzione sia eccellente: è un disco di umana condivisione e nella sua onestà non possiamo evitare di restarne affascinati. Poi a voler essere pignoli, sempre e per sempre troveremo qualcosa da denunciare…
Di nuovo torni con un lavoro che racchiudi in vinile… una produzione altamente curata anche nell’estetica dell’oggetto. Sembra banale come domanda ma penso non lo sai visti i tempi: perché? Che rapporto hai con l’oggetto? La Musica vera è la compagna fondamentale della nostra vita, è bellezza artigiana, merita di essere immortalata in qualcosa di prezioso. Il vinile rappresenta la giusta cornice per un opera musicale. Quand’ero giovane adoravo aprire le ante dei vinili, addentrarmi nei testi, foto e tavole. Sedermi con la mia ragazza o gli amici e ascoltare. Un esperienza che mi piacerebbe che anche le nuove generazioni provassero.
Sono curioso di averlo fisicamente qui tra le mani… intanto agli amici di EXTRA puoi svelare qualche curiosità sulla sua stampa… non so se nella grafica o nell’oggetto tutto ci sia qualche particolare nascosto… È tutto in primo piano. L’impatto di dimensioni e foto devono portati subito all’ascolto, al desiderio di scoprire, traccia dopo traccia , il concept dell’album.
Veniamo al suono: si amplia e si emancipa dal precedente lavoro. Come lo hai pensato e soprattutto dove lo hai voluto portare? Mentre nel primo, volutamente ispirato ai ’70, si è avvalso molto del contributo sonoro dei musicisti ospiti, in questo invece sono io. Suono, arrangiamenti, concepiti da subito, durante la scrittura. Ogni episodio del disco era già nella mia mente è quindi il tradurlo in musica è stato immediato. Batteria molto presente e grossa, Stratocaster quasi ovunque con ampli valvolari, basso suonato con il plettro e tastiere molto essenziali. Poi la realizzazione in studio con artisti dello strumento incredibili, ha reso tutto più incalzante e potente, vestendo al meglio le liriche. C’è anche il fatto che sono cresciuto, bisogna tener presente, sebbene sia classe 1965, sono solo 6 anni che mi sono reinventato cantautore chitarrista. Il mio strumento da giovane era la batteria.
Riferimenti e debiti di produzione? Questo lavoro a chi deve un grazie per la sua scrittura e la sua radice? Sandro Franchin, amico, fratello, mentore e professionista come pochi. E poi Elio Rivagli, Mattia Tedesco, Andrea Torresani, Marco Boem, Stefano Cunico, Matteo Pegoraro e Marta Bonato. La prima fonte d’ispirazione è che la musica può essere un potente mezzo di comunicazione, basti pensare ai 60 e 70, quindi ho voluto musicare un sentimento di sofferenza che provo per questa società negativamente stereotipata, con l’intento di scuotere le menti assopite dall’ inutile, il superfluo, per riportarli a nuova vita, suonando le canzoni con passione, amore, cuore e anima……..come i concerti di Steven Wilson mi hanno insegnato.
Il futuro… ci vedrà tornare assieme come esseri umani? Torneremo alla pelle invece che affidarci alle macchine? Lo spero veramente. Abbiamo assolutamente bisogno di rallentare, di riappropriarci della nostra vita. Riscoprire il vero amore, le conquiste, i traguardi raggiunti con le proprie forze e sacrifici. Il mio è un grido di condanna ad un establishment corrotto, egoista e avido. E nel mio piccolo, cerco di fare breccia e convincere sempre più persone ad operare un cambio di rotta.
Articolo del
18/03/2024 -
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