Deep Down è l’ultimo disco di Donatello D’Attoma uscito per l’etichetta Filibusta Records, un lavoro che si caratterizza per un grande senso melodico riconducibile a un filone di jazz contemporaneo. Fulvio Sigurtà alla tromba, Giulio Scianatico al contrabbasso e Attila Gyarfas alla batteria sono i musicisti che hanno preso parte a questa avventura che ci viene raccontata direttamente dal leader di questa formazione.
Deep Down è il titolo del tuo ultimo disco. Cosa rappresenta per te? C’è un concept che accomuna tutti i brani che lo compongono? Come già il titolo ci dice, è un lavoro sulla profondità: quella che riguarda la sfera personale, con tutti i sentimenti che un essere umano è in grado di provare, l’amore, la felicità, il dolore, la sofferenza; e poi c’è la profondità del mare che se da un lato per me rappresenta il contatto con le mie origini, la mia terra, dall’altro la sua immagine è sempre più collegata alla perdita di vite umane durante le tratte migratorie a causa di fallimentari normative sulla politica d’accoglienza in Italia
Un disco di jazz contemporaneo, fuori dagli schemi: in cosa si differenzia rispetto ai tuoi precedenti lavori discografici? Non saprei dire esattamente in cosa Deep Down sia differente, potrei però confermare che ogni lavoro ha una sua storia. Essere compositori per me significa avere prospettiva storica, si partecipa alla formazione di un periodo in cui la musica prodotta sarà riconoscibile come segnale di cambiamento perché espressione della contemporaneità il cui motore è la ricerca. Poi chiaramente c’è tutta la sfera personale delle emozioni, la sensibilità musicale, le esperienze di vita che nell’atto del comporre, almeno per me, prendono il sopravvento su ogni espediente tecnico.
Ci vuoi parlare anche del processo compositivo che ha portato alla nascita di Deep Down? Il lavoro è stato scritto in un lasso di tempo breve, tra novembre 2022 e febbraio 2023. Avevo già in mente di scrivere per quartetto con tromba e soprattutto che avrei voluto un lavoro con tanto spazio per improvvisazioni estemporanee e che come scrittura si ponesse più vicino a quello cameristico classico, con voci che entrano ed escono, giustapposizioni di sezioni senza linee di continuità, che a quello della popular song in cui armonia e melodia hanno uno stretto rapporto di reciproca attrazione all’interno di una forma canzone classica.
La musica linguaggio universale per eccellenza può essere dunque un mezzo per rompere le barriere e per far riflettere le persone? Certo, penso che a tutta l’arte si possa attribuire questo importante valore. Gli artisti possono dare molto, possono sensibilizzare l’opinione pubblica verso certe tematiche, perché essi guardano ai problemi della società da una prospettiva più reale, più umana, Un musicista, contrariamente all’uomo politico, vive tra la gente e ha meglio il polso della situazione. Non dimentichiamoci, che negli Stati Uniti tra la fine degli ’50 e i primi anni ’60, i musicisti di jazz si unirono in un movimento compatto e molto omogeneo, un fronte comune a difesa dei diritti inviolabili di ogni uomo basati sull’uguaglianza contro ogni forma di discriminazione razziale e qualunque forma di violenza.
Suonano con te in questo disco Fulvio Sigurtà alla tromba, Giulio Scianatico al contrabbasso e Attila Gyárfás alla batteria. Come hai scelto i musicisti che fanno parte di questo viaggio? Con Fulvio avevo già avuto occasione di suonare in un concerto nel 2022 per il Bari in Jazz avvertendo già una forte prossimità nei gusti musicali e in una certa idea di suono che riflette la nostra estetica compositiva. Quando gli ho inviato la musica del disco e lui ha accettato di far parte del lavoro ricordo di aver quasi pianto. Per quel che riguarda Gyarfas, si è trattato di una bella coincidenza. Un giorno, mentre ascoltavo un disco del pianista Alex Koo, nel quale è presente anche il trombettista Ralph Alessi, ricordo di essere rimasto letteralmente ammaliato oltre che dalla bellezza del lavoro (Identified Flying Object, 2017) dai suoni della batteria, un modo di trattare lo strumento così personale e intimo da portarmi immediatamente verso la scelta. Giulio è un autentico talento, sente e conosce il jazz come pochi. Aveva forse meno di vent’anni quando ci siamo ritrovati in una session pomeridiana organizzata nel mio studio a Conversano (BA). Sono contento di averlo ritrovato qui a Roma e che sia parte di questo lavoro.
Un’ultima domanda per proiettarci verso il futuro. Stai pensando già a nuovi progetti oppure ci sono dei concerti di cui ci vuoi parlare? Due nuovi progetti, il nuovo disco di Kodex, la cui uscita è prevista per ottobre 2024 per Filibusta Records, e un nuovissimo trio che sta prendendo forma in queste settimane con il sassofonista russo Yaroslav Likhachev residente da anni a Cologne e il batterista e artista audiovisivo Giovanni Iacovella che da diverso tempo vive tra l’Italia e l’Olanda.
Articolo del
02/04/2024 -
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