Eccola “Carta cambia”, il primo singolo estratto di questo nuovo disco di Luca Maciacchini dal titolo “La farmacia potrebbe anche non esserci” che uscirà il prossimo 26 Aprile per la RadiciMusic Records. Extra! Music Magazine vi regala in anteprima il video ufficiale. Ironia, manifesto politico o sociale, sicuramente teatro ed è altrettanto sicuro che troveremo la penna di un cantautore. Ingredienti di vita che hanno scandito da sempre la lunga carriera dell’artista lombardo. “Carta cambia” si prende gioco di questo modo di cambiar faccia alla storia, alle persone, alle parole. Arte di cui in Italia, in politica soprattutto, siamo sempre stati maestri. Cosa sia poi la “farmacia” ce lo facciamo spiegare da Luca Maciacchini…
“Carta cambia” è un manifesto sociale. Anzi quasi politico… che ne pensi? Se lo dici tu….il mio atteggiamento quando scrivo una canzone è di dire quello che percepisco in maniera possibilmente accattivante e non scontata. Ma questo credo lo dicano e lo vogliano fare tutti, non dico nulla di nuovo. Il politico ovviamente è qualunque cosa riguardi ognuno di noi. La “carta” di cui si parla è la legge, che cambia all’occorrenza del momento storico o delle “necessita’” di qualcuno. Ma dovrebbe essere “uguale per tutti”. Ma sappiamo che qualcuno è sempre più uguale degli altri, con quello che ne consegue.
Quando si parla di canzone d’autore e ironia si pensa sempre a Jannacci, Gaber e compagnia cantando. La tua scuola o direzione? Qual è… se è ben identificabile? La scuola è innegabilmente quella. Da bambino mia mamma non mi dava il latte, mi dava i dischi di Giorgio Gaber, Nanni Svampa, Fabrizio De André da ascoltare. Inevitabilmente poi si assorbe e si digerisce lo spirito di ciò che si ascolta. Non conto più il numero delle persone che dopo avermi ascoltato mi dicono “mi ricordi Gaber”. Avendo però frequentato e conseguito il diploma all’accademia d’arte drammatica, ho cercato di dare una veste personale alle canzoni che compongo e che cerco di “vivere” costantemente sul palco.
L’ironia è sempre un punto delicatissimo. Cioè: non pensi che a forza di ridere si perda di vista il vero messaggio? E chi l’ha detto che l’ironia debba scatenare per forza il “riso”? Qua possiamo rifarci alla teorie del riso di Henri Bergson, che non vedono per forza il riso come qualcosa di “vuoto” e di superficiale, anzi. L’ironia è una chiave per guardare meglio e dalle sfaccettature più imprevista qualsiasi aspetto della realtà e delle persone. La leggerezza può essere un’ottima farmacia (appunto…) per stemperare l’oscurità e la drammaticità di aspetti descritti in una canzone ma anche in un testo teatrale, in un film, in qualunque opera di ingegno.
Quanto teatro c’è dentro questo disco? In generale quanto teatro c’è dentro la tua musica? Il teatro è stato il mio percorso accademico di studi insieme agli studii di chitarra classica e dunque esce per forza di cose a ogni pié sospinto. La canzone per me va sempre “teatralizzata” e storicamente questo non è sempre stato attuato. Grandissimi nomi come De André o Guccini o De Gregori non sono buoni “attori” dei propri brani. A parte Gaber che è stato uno dei maggiori esponenti del teatro – canzone, ne troviamo pochissimi che sono riusciti ad andare al suo passo. Nei tempi più recenti mi vengono in mente Vinicio Capossela e Simone Cristicchi (che non a caso ricercano una dimensione più teatrale intesa come luogo fisico anche nei loro concerti).
La farmacia è un luogo simbolo nelle allegorie del tuo disco. Oggi siamo tutti medici fai da te in fondo… restando sul tema allegorico: secondo te torneranno a servire le medicine? Le medicine ci sono state, ci sono e ci saranno sempre. Sia quelle letterali che quelle metaforiche. Chi vuole e le sa usare in maniera saggia, lo potrà sempre fare. I “fai da te”, poi, non si possono eliminare alla radice. C’erano anche prima di internet….
Ma insomma: questa carta cambia davvero sempre alla bisogna? Oppure, osservando le nuove generazioni, ci aspetta un futuro diverso? chi vivrà, vedrà…
Articolo del
22/04/2024 -
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