Salvatore Lazzara, fondatore del progetto Pensiero Nomade racconta l’ultimo disco intitolato Ultime Foglie pubblicato dall’etichetta Filibusta Records. Un lavoro che rappresenta la sintesi delle precedenti esperienze musicali e allo stesso tempo un punto di partenza che abbraccia sonorità più vicine alla musica etnica. Non a caso spicca l’uso di diversi strumenti musicali tra cui l’HarpOud, il basso, la chitarra elettrica, la touch guitar e il soundscapes. Completano la line up Davide Guidoni alla batteria e percussioni, Edmondo Romano, flauto basso, duduk, fluier, chalumeau, clarinetto, low whistle e Giorgio Finetti al violino. Ecco il racconto di Salvatore Lazzara
Salvatore l'ultimo lavoro di Pensiero Nomade, intitolato Ultime Foglie, questa volta quale tematiche ha al centro? E in cosa si differenzia rispetto ai lavori precedenti? Ultime foglie nasce, come ispirazione, da una breve poesia che avevo scritto anni fa (la trovate nel cd), e che fa parte di una raccolta da cui avevo già “saccheggiato” dei testi usati in un mio precedente lavoro (Da nessun luogo, Filibusta Records) e che prima o poi mi deciderò a far uscire. L’idea era quella di fissare in un’immagine la situazione in cui una persona capisce che è arrivato il tempo di lasciare le proprie comodità, le proprie certezze, le normali difese che arrivano dalle consuetudini, e affrontare un viaggio, fosse anche l’ultimo, per perdersi definitivamente oppure per ritrovarsi. Le ultime foglie appunto, lasciate lì dall’autunno, e che aspettano il vento giusto per andare chissà dove. È un tema che mi ha sempre affascinato, quello del nomadismo, come si può immaginare, che qui si fonde con quello delle migrazioni, delle crisi globali che il nostro tempo sta affrontando - e che obbligano interi popoli a mettersi in cammino. Volevo scrivere della musica che raccontasse il viaggio, il movimento, la ricerca di un “altro posto”. Rispetto ai precedenti lavori di Pensiero nomade qui c’è una spiccata attenzione al ritmo, al movimento; si può dire che, di fondo, si tratta di una serie di danze strane, di un invito a mettere i piedi e il corpo in movimento.
Ultime foglie è un titolo molto evocativo: cosa ci vuoi porre all’attenzione? Come dicevo, è un cd che parla del viaggio che ognuno di noi fa, o potrebbe fare, per ritrovarsi; la necessità di mettersi in movimento, di cambiare, di muoversi. In fondo, se ci pensi, il nostro mondo attuale ci vuole sempre più statici, fermi davanti ad uno schermo, incapaci di vedere il mondo realmente, ma solo attraverso le lenti filtrate da un algoritmo. Il paradosso è che abbiamo l’illusione che il mondo sia tutto lì accanto a noi, ma invece siamo fermi. Io invece ammiro le persone che hanno il coraggio disperato di lasciare tutto e partire, che mostrano la follia di cambiare, per ragioni esistenziali ma anche estetiche.
Rispetto agli altri lavori, dunque, possiamo dire che è un lavoro più intimo? In parte s.ì Sono arrivato ad un’età in cui sono sempre di meno le occasioni di cambiare vita, e proprio per questo sono vissute con una smania maggiore, quasi un desiderio. Appartengo ad una generazione che non ha avuto paura di cambiare o di mettersi in viaggio verso qualcosa; diciamo che ho trovato nella musica il canale per esprimere questa esigenza di cambiamento.
Pensiero Nomade continua a ruotare intorno a te, ma con collaboratori sempre più stabili In realtà è tutto frutto di coincidenze fortunate e di occasioni, non c’è mai stata una “selezione”; tutto nasce dalle sensazioni che i musicisti che incontro sanno darmi, dalla loro sensibilità, dal modo con cui leggono o interpretano le composizioni che gli propongo. Qualcuno resta per più tempo, qualcuno passa e poi prende altre strade, alcune combinazioni funzionano meglio di altre o più a lungo, ma sono sempre stati incontri fortunati, che mi hanno fatto felice e che prima o poi si ripeteranno.
Questa volta in quale direzione è andata la ricerca? Mi sono mosso sempre nel mio mediterraneo immaginario, e in po' più a est, per così dire: Un cerchio perfetto è stato il cd della riscoperta delle radici siciliane; Ultime foglie si muove dal Maghreb verso il Medio Oriente, complice anche l’uso di uno strumento particolare costruito per me da un bravissimo liutaio italiano (Davide Noro); si tratta di una chitarra senza tasti a 11 corde, più 8 corde fisse da arpa, che mi permette di ricostruire le atmosfere dell’Oud tunisino e della Kora. A questo devo aggiungere tutto il mio solito armamentario di chitarre e bassi. Il tutto reso “suonabile” dal contributo essenziale di Davide Guidoni alle percussioni, di Giorgio Finetti ai violini, e di Edmondo Romano ai fiati, che hanno dato corpo e sostanza alle composizioni intuendo perfettamente la direzione da prendere.
Vista la prevalenza di composizioni strumentali nel tuo percorso artistico, ritieni che sia complicato aggiungere parole ai tuoi brani? Di base non lo è mai, perché nella mia testa le tracce nascono sempre “raccontando qualcosa”. Il fatto è che, salvo rari casi, alla fine gli strumenti bastano al racconto che ho in testa. Quando è avvenuto, come ad esempio per le tracce di Da nessun luogo, si trattava di un’esigenza diversa perché volevo che fossero canzoni da poter cantare in un senso classico.
Gli altri progetti, come ALP Trio, e Guided by Noise, proseguiranno? Sono orizzonti aperti, prima o poi qualcosa succederà; se poi pensi che in entrambi ci sono almeno due musicisti in comune, le chances sono alte.
Un progetto di lunga durata ormai: in un mercato discografico che cambia in continuazione. È un vantaggio o uno svantaggio? Non mi sono mai posto il problema del mercato, con la musica che faccio non potrei. Noto però col tempo che il gradimento della mia musica assomiglia ad un fenomeno carsico, cresce per infiltrazione lenta. Quindi va bene così.
E’ ancora possibile quindi programmare nel lungo periodo? Certamente. Pensiero nomade nel 2025 avrà 18 anni. Come vedi, è ancora un ragazzo che deve fare molta strada!
Articolo del
06/05/2024 -
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