“Anele” al contrario parla di Elena. Una colonna, non solo una compagna. È l’amore per lei, nella vita come nella musica, è ciò che sorregge ogni cosa per Marco Zappa, il cantautore di riferimento di quella Svizzera tutta (o quasi) italiana. Almeno questa è la lettura romantica che mi viene da fare spulciando la sua storia. Premio UNESCO e Premio Svizzero della Musica. Un artista che giunto ormai ai suoi 75 anni (60 di questi passati a fare musica), con oltre 40 pubblicazioni e concerti sicuramente non numerabili a priori, ci regala un “best-of” diviso su due CD: il primo tutto in italiano e il secondo tutto in dialetto ticinese. Da Paolo Conte a Van De Sfroos, le sensazioni e i rimandi sono quelli. E poi tutte (o quasi) le formazioni che lo stanno accompagnando da una vita. Perché di una vita si parla. E dalla nostra l’attenzione di sottolineare questo disco, questo nome, questo artista che troppo poco viene illuminato dalle nostre luci… al di qua delle grandi montagne. E che bella questa lunga intervista… mettetevi comodi.
Come dire: finalmente ti conosciamo anche in Italia in un certo modo. Perché non è accaduto prima? Domanda da cento milioni di dollari, come si dice… vero? Possiamo dire che finalmente ho una casa discografica italiana ed un servizio stampa in Italia. Tutte le mie produzioni discografiche precedenti erano pubblicate invece solo in Svizzera. Alcune autoprodotte ed altre distribuite da EMI, Phonag; K-Tell, Phono… E la Svizzera, fino ad un qualche anno fa, offriva una fitta rete di piccoli teatri nei quali abbiamo tenuto numerosissimi concerti. I miei spettacoli sono sempre stati cantati in italiano e nei vari dialetti, ma presentati sia in tedesco sia in francese, a seconda delle regioni svizzere in cui ci trovavamo. Questo ci ha dato la possibilità di farci conoscere bene anche nelle altre regioni linguistiche svizzere. Qui sono conosciuto come “il cantautore ticinese”. Teniamo ed abbiamo comunque sempre tenuto delle tournée in molti paesi del mondo, dall’Inghilterra, alla Francia, dal Sudafrica alla Turchia, dalla Germania agli Stati Uniti, all’Albania, alla Grecia, alla Norvegia, al Perù, alle Filippine… Spesso, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo. In questi concerti ho sempre chiesto agli organizzatori di poter suonare anche assieme a musicisti dei paesi che ci ospitavano e questo ci ha permesso dio intrecciare una serie importante di collaborazioni che poi ci hanno dato nuovi impulsi creativi nella nostra musica. Ecco perché, oltre ad avere nelle mie composizioni dei stretti legami con la cultura del mio paese, amo molto suonare anche strumenti di altri paesi. Strumenti che ho portato da queste tournéés e che ho conosciuto grazie all’aiuto ed agli insegnamenti di quasti musicisti. Dall’India ho portato un Sitar, dalla Grecia i vari Bouzouki, dall’Albania il Cifteli, il Clarinetto, dalla Finladia il Kantele, dall’Italia diversi Organetti diatonici, dall’Inghilterrra Chitarre ed amplificatori, il vecchio Hammond con il suo Leslie, dall’Irlanda alcuni flauti, dalle Filippine la Violyra, dal Perù il Charango (di questi, è l’unico che non suono ancora) ecc… La vita vera di un musicista sta comunque sempre nel contatto diretto con il pubblico nei concerti. Ecco perché mi piacerebbe veramente poter farmi conoscere di più anche in Italia.
Che pubblico e che scena hai sentito di trovare da noi? Accoglienza o difficoltà? In Italia ho suonato abbastanza spesso, ma senza una continuità e senza l’apporto di un vero produttore. Ho anche un programma da concerto interamente dedicato alla musica dei Beatles, e con questo abbiamo suonato parecchio anche in Italia. Da Brescia a Roma a Torino a Milano, Genova… Sono stato invitato spesso anche alla Beatles Week di Liverpool, dove ho suonato la musica dei Beatles interpretandola in modo personale e particolare, con il Bouzouki (vedi YouTube MarcoZappa Bouzouki Beatles). Ma bisogna dire che solitamente un Teatro dovrebbe garantire al suo pubblico una scelta di qualità ed il pubblico sa che lì troverà sempre programmi di qualità e di suo gradimento. Oggi, però, spesso anche in Italia, le novità non attirano più il pubblico. Va solo quello che già si conosce tramite la televisione ed i Teatri non arrischiano più di programmare se non spettacoli collaudati e conosciuti. In questo modo la cultura ristagna in se stessa, senza respirare aria nuova, magari non conosciuta, ma che sicuramente aiuterebbe a fare aprire gli occhi e le orecche su cose nuove. Mi piacerebbe certamente poter presentare i miei spettacoli anche nei Teatri italiani, ma è molto difficile entrare in questo circuito chiuso. In Italia ho comunque ricevuto diversi premi importanti. A Campione, la “Maschera d’Argento”, a Milano e a Sanremo, il “PremioGabardi”…
Tanti i collettivi di musicisti che arricchiscono la tua scrittura. Sono progetti paralleli che segnano determinate direzioni musicali, oppure sei sempre lo stesso con chiunque tu stia suonando? Bisogna essere riconoscibili! Ho sempre cercato di riuscire ad essere me stesso. In tutti questi anni, ho cercato di mantenere un mio stile ed una scrittura personale, senza voler farmi prendere la mano dalle mode o da imposizioni esterne. Ed il continuo lavoro di studio e di sperimentazione serve proprio per cercare di ritagliarti una tua risconoscibilità una tua identità. Di base lavoro sempre molto in studio, sfruttando i numerosi colori che mi danno tutti gli strumenti che sperimento e che mi divertono. Sono come molti colori di una grande tavolozza. Non ho nessun pregiudizio verso alcun stile musicale. A seconda dei contenuti dei testi di una canzone, posso sperimentare vari arrangiamenti e vari strumenti, fin che trovo il vestito più adatto a fare passare chiaramente il messaggio. A seconda anche di dove si ambienta il racconto, scelgo gli strumenti, i ritmi, le tonalità e la lingua più adatti. E siccome viaggiamo molto, capita spesso che il brano necessiti di colori musicali paticolari. Tutti questi elementi, comunque, sono sempre filtrati dall’autore che li riutilizza a modo suo. Di preferenza utilizzo strumenti acustici, ma ho lavorato molto in passato anche con l’elettronica e con tutti i sistemi MIDI. Amo molto il mio vecchio Hammond… Pensando però ai luoghi in cui tengo i concerti, preferisco utilizzare strumenti diretti che non dipendono fondamentalmente da una grossa amplificazione e da particolari effetti elettronici, ma piuttosto dalla bravura e dall’estro dei musicisti. Attualmente lavoro con un gruppo di ottimi professionisti (vedi marcozappa.ch) ai quali si aggiungono di volta in volta anche musicisti provenienti da altri paesi e da contesti culturali e musicali diversi. Ho lavorato molto anche con i miei due figli (Daria, violinista e Mattia Violoncellista) ambedue molto affermati a livello internazionale nell’ambito classico. Io sono chiaramente sempre lo stesso, ma vorrei riuscire ad assumere diverse colorazioni stilistiche, a seconda del brano che sto suonando e del contesto in cui mi presento. In questo nuovo doppio album “Anele” ci sono praticamente quattro riferimenti stilistici fondamentali. Chiaramente quella cantautorale e poetica dei testi, quella legata alla musica popolare del mio paese, il blues che ha sempre influenzato il mio modo di fare musica e di cantare ed anche molte influenze etniche legate ai vari paesi in cui abbiamo suonato e da cui abbiamo preso ed appreso molto.
Oltre 40 pubblicazioni. Vien da chiedersi: hai vissuto musicalmente solo in Svizzera? Oppure, Italia a parte, sei stato altrove? Sì, oltre 40 tra LP, CD, Libri, DVD… ed ogni pubblicazione è un momento della mia e della nostra vita. Se visitate il mio sito, vi troverete tutta la mia e la nostra storia. Ascoltate i brani, leggete i testi e vi scoprirete un mondo. Come ho detto prima, siamo stati veramente un po’ ovunque con i nostri concerti…. Mi manca comunque l’Italia, paese che conosco e che amo molto e nel quale sono sicuro di poter trovare un pubblico attento e competente, voglioso di provare sensazioni vere e dirette durante un concerto, desideroso di tornare ad ascoltare musica dal vivo a misura d’uomo, in cui poter confrontarsi con esperienze e racconti schietti, divertenti ma anche profondi e critici. Durante i concerti, che presento in varie formazioni (Solo, Duo, Trio…, fino alla Band completa di 12 musicisti), anche la parte musicale è molto importante e molti sono i momenti dedicati all’improvvisazione nei quali ogni musicista dà un suo grande apporto al lavoro di squadra. Devo dire, però, che la Svizzera è stata il luogo in cui ho suonato di più, con ogni nuovo progetto.
Questo best of della tua carriera: apre la strada ad un nuovo disco di inediti come si usa in genere? Questo doppio Album “Anele” non è stato concepito come un “BestOf”. È uscito in concomitanza al mio 75mo compleanno. Comprende una decina di brani inediti e una ventina di pezzi della mia produzione passata, riarrangiata e suonata dal vivo durante alcuni importanti Festival in Svizzera, lo scorso anno. Questo, anche per dare un’idea concreta di come la nostra musica “suona” dal vivo, di fronte ed assieme al pubblico. Oggi è troppo facile registrare in studio e creare un prodotto professionale ed ineccepibile dal punto di vista tecnico: dal vivo è tutta un’altra cosa! Pensando alla tendenza attuale delle produzioni discografiche che sempre più presentano dei singoli o degli album con pochi brani EP, chiaramente questo potrebbe sembrare un Best Of, ma per conoscere bene la mia produzione ed il mio percorso musicale, sarebbe indispensabile ascoltare le mie composizioni in ordine cronologico, dagli anni ’60 ad oggi. E questo è possibile farlo visitando il nostro sito (marcozappa.ch). Ma più ancora, ascoltare e partecipare ad un nostro “live”!
Articolo del
20/05/2024 -
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