Floating è l’ultimo lavoro discografico del Dos Duo Onirico Sonoro. Un disco trasversale, nato dall’estro della pianista e compositrice Annalisa de Feo, che prosegue il fil rouge dei precedenti. Il suono, la ricerca timbrica e le contaminazioni sono al centro di un progetto sempre più maturo e intrigante. Ce lo racconta Annalisa de Feo in persona
Annalisa De Feo – DOS Duo Onirico Sonoro, un progetto personale, che ha un nome di un duo, un po’ come se ci fossero due artiste in una? È un nome che contiene in sé più elementi, più rimandi semantici: dall'elemento onirico, come svela appunto il nome per esteso, all'elemento del dualismo (a più livelli) sul piano concettuale; un dualismo che si manifesta concretamente nella scelta della strumentazione e nello stile. Se vogliamo pensarla in maniera più azzardata, certo, perché no, è come se ci fossero due entità, due figure che si guardano, si confrontano, si sovrappongono, si abbracciano. Credo sia proprio la natura stessa dell'essere umano ad essere caratterizzata da una complementarietà interiore degli opposti.
Quale significato è da attribuire al titolo, Floating? Il titolo Floating mi è venuto spontaneamente, di getto; avevo in mente qualcosa in associazione al “fluttuare”. Un fluttuare che ammorbidisce, trasforma, proprio come l'acqua, nella sua accezione di fluido primordiale e genesi di tutte le cose, fa al suo passaggio. Dunque, “servendomi” della natura, ho cercato di raccontare come la fluidità e la morbidezza siano le stesse peculiarità di chi ha preferito la flessibilità; il che non equivale ad una resa, ma alla capacità di rovesciare a proprio favore anche le situazioni in apparenza sfavorevoli: il morbido si piega, il rigido si spezza.
Questo lavoro, vede nuove collaborazioni rispetto ai due album precedenti, è un’evoluzione? Sì, questo lavoro è stato impreziosito da alcune collaborazioni che cito: Fabio Mina al flauto contralto (Risonanze) Ivan Macera ai dispositivi elettroacustici (Shiny bugs) Livia De Romanis al violoncello, anche con me live (Comme le vent) e dal supporto agli arrangiamenti e alla fonia di Nick Valente. L'evoluzione però la sento più nella scelta di essermi spinta ancora più in là nel senso di libertà da schemi e sovrastrutture. Anche il precedente “Jouer et Danser” aveva al suo interno alcune collaborazioni come Marco Colonna al clarinetto basso.
Dal punto sonoro, dove porta questo nuovo album? Dal punto di vista del suono sono partita dall'idea del timbro, lavorando sia sul colore in generale, che in particolare: ho ricercato il suono che avevo in mente, sia attraverso lo studio timbrico del pianoforte e della voce, sia attraverso l'associazione con sonorità provenienti da altri strumenti acustici ed elettronici. In quest'ottica Flow, la prima traccia del disco, si presenta come una ouverture a introduzione del flusso, quasi a dichiarare l'inizio di un “fiume sonoro” che prenderà strade a volte inaspettate.
È un lavoro che dal vivo può fornire molte suggestioni, data dopo data, come stai impostando il live set? Mi rendo conto che data dopo data il live aggiunge sempre qualcosa in più, credo sia un processo inevitabile.
In un mercato discografico sempre più a breve termine, è possibile sviluppare un progetto che risulta chiaramente impostato sulla lunga durata? Tutto è possibile, l'importante è la consapevolezza delle conseguenze, in negativo e in positivo, credo. Anche perché altrimenti non avrei saputo fare, quindi va bene così.
Articolo del
31/07/2024 -
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