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After Fedro
Il nuovo jazz, contemplativo, cosmopolita
di
Domenico Capitani
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Se sia nuovo jazz o nuovi modi di impastare le antiche radici, questo non so capirlo. Di sicuro ci vogliono strumenti affilati e palati altrettanto raffinati per codificare a pieno “After Fedro”, il disco omonimo trio di Cesena. All’anagrafe sono Mark Jelli pilastro centrale alla chitarra, e poi il contrabbassista Mauro Mussoni e il batterista Manuel Giovannetti. È una tesi di laurea da cui poi nasce tutto… è un modo di contemplare la vita attorno ma anche la soluzione finale di ritrovarsi tutti d’accordo dentro i canoni del jazz di sempre. C’è quell’arroganza dei suoni definiti che nei modi sembrano pop. Ma c’è anche quel gusto dell’improvvisazione e quel liquido contorno dei fraseggi. E c’è quel perdersi per poi ritrovarsi sempre…
Sperimentare, ricercare… a Mark Jelli in particolare chiedo: cosa significa per davvero? Provare a scoprire nuove cose o misurarsi con le proprie capacità? Che bella domanda! Alla base c’è sempre il desiderio di convertire l’energia assorbita in un flusso comunicativo. La musica è un tramite per il mio flusso, questo mi porta alla ricerca e alla sperimentazione di diversi linguaggi musicali ed espressivi. Certo, questo comprende anche il misurarsi costantemente con le proprie capacità.
E la ricerca di questa “tesi di laurea”, questo disco dunque, dove secondo te è approdato? Avevo bisogno di un punto di partenza per poter proseguire. Con questo disco abbiamo gettato delle fondamenta per il nostro progetto. Ora non ci resta che costruire sopra queste basi, continuando a creare musica che evolva e cresca con noi.
La composizione poi portata in fase di produzione, quanto si è concessa il lusso di arricchirsi di improvvisazione? Dopo una prima lettura dei brani abbiamo iniziato fin da subito a lavorare alle nostre reazioni indotte dalla musica che stavamo suonando. Per me l’improvvisazione a che fare molto con la reazione. Per questo progetto la parte improvvisativa è molto importante e lo sarà in particolar modo durante le esibizioni live, quando le possibilità performative dell’improvvisazione coinvolgeranno il pubblico nella sua aspirazione emotiva.
Ci sono momenti davvero sospesi come “mirante”, una pillola di contemplazione. Se ti chiedessi che tipo di Jazz è… ha senso come domanda? Nel caso di “mirante” ti direi ambient. Nel caso del disco ti direi “Jazz Contemporaneo”, in quello che facciamo vengono convogliati diversi stili ed influenze dallo shoegaze alla EDM. In generale non credo che nel nostro caso le etichette di genere possano dare dei benefici orientativi.
In generale la contemplazione ha scritto molta dell’ispirazione di questo disco o sbaglio? Penso a “Diving” anche… Assolutamente! Sono cresciuto nel silenzio pulsante della natura, con il tempo ho imparato come la contemplazione non sia stare immobili ma cercare con tutte le forze di abbracciare spiritualmente parole, posti e suoni.
Articolo del
05/11/2024 -
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