Maria Mircea si firma REA e ci regala l’ascolto di un disco dal titolo evocativo come “Futuro Dirigibile” uscito per la Vertical Music Records… disco di inediti che devo ancora collocare. In prima battuta, la produzione firmata da Claudio Marciano, sembra aggrapparsi a stilemi di un’Italia anni ’60, ad un funk e ad un sapore americano come dentro la prima traccia “Futuro”… ma come non citare quel velo di nebbia distopico proprio della new wave italiana quando suona “Tempesta solare”? E del pop propriamente detto di “Temporale”? REA indossa maschere di romanticismo e vestiti digitali prima di arrendersi alla verità. Un disco pop d’autore… che non ci sta bene confinato dentro i cliché.
Il miracolo della fragilità: ha senso se ti fotografassi così questo disco? Decisamente sì, è un disco in cui ho cercato semplicemente di guardarmi dentro ed esprimere luci e ombre dei miei vent'anni. Fare musica è per me principalmente un modo per mettermi in contatto con me stessa e tirare fuori emozioni e pensieri che altrimenti farei fatica a sviscerare. Specialmente quelli brutti, che generalmente tendiamo a nascondere, sono quelli che più abbiamo bisogno di mostrare: ammettere il nostro lato "fragile", i nostri nervi scoperti, è ciò che secondo me realmente ci mette in contatto l'uno con l'altro.
Che poi è un miracolo ma anche un contrasto nel suono: un suono così solido, quasi un monolite dentro le sue soluzioni. Ma la donna che vive dentro è fragile, sicuramente consapevole di tanto... cosa ne pensi? Penso che più scavi dentro te stesso, più è difficile convivere con certe scoperte ma allo stesso tempo è solo questa consapevolezza a salvarci dal vivere in superficie. Se c'è una cosa che non voglio mai fare quella è arrendermi di fronte alle difficoltà di un sentimento ignoto. La fatica, il senso d'inadeguatezza, la paura, l'ansia fanno parte di ognuno di noi ed evitarne il confronto è solo dannoso.
In un brano come "Quasi quasi" ho forte anche la sensazioni di colori punk... azzardo o sono radici che ti appartengono? Molto, da piccola ne ascoltavo parecchio: Green Day, Blink 182, Joy Division, The Misfits, Clash... sono tutte band che fanno parte della colonna sonora della mia infanzia.
L'allegoria del volo che sembra più un volo a planare... non un volo di picchiata o una caduta libera, che allegoria è? Più che un allegoria è un augurio di un volo lungo e stabile. Chiaramente la carriera di qualsiasi artista è fatta di alti e bassi ma spero fortemente che riuscirò sempre a trovare sempre il piacere di far le cose.
Dichiari per raccontarci nella chiusa del disco: "Diventare grandi, in fondo, significa solo essere bambini con più esperienza e un pizzico di malinconia". Quanta dolore e quanta malinconia sono serviti per scrivere questo disco? Ma io penso che ogni più grande artista abbia avuto un bel bagaglio di dolore alle spalle. D'altronde il dolore chiarisce, aiuta a ridimensionare: se vivessimo una vita di gioia perpetua diventerebbe monotona quindi infondo forse... meglio così.
Articolo del
27/05/2025 -
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