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Inizia a lavorare come scenografa eseguendo importanti opere (come quelle per la Scala di Milano) e ricevendo grandi soddisfazioni professionali. Il suo crescente amore per la musica, ed in particolare per le canzoni di Bruce Springsteen, la portano in breve tempo ad imbracciare la chitarra e salire sul palco dando vita ad ipnotiche esibizioni. La sua prima produzione, Tregua, risale al 1997 per conto dell’etichetta indipendente Mescal. Dopo gli acclamatissimi Nido (1999) e Dove sei tu (2003), il 2007 segna l’approdo ad una major, la EMI, con cui incide La Quinta Stagione. Piccola Faccia (2008) è il suo ultimo lavoro, intimo ed acustico e in assoluto uno dei suoi dischi più ispirati. Tanti i riconoscimenti ed attestazioni di stima da parte di critica e pubblico anche a livello internazionale e numerose le collaborazioni fra cui Manuel Agnelli (Afterhours), Mauro Pagani, Morgan, Robert Wyatt, Davey Ray Moor e Peter Walsh, il produttore dei suoi due ultimi lavori. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con una delle artiste femminili più affascinanti del panorama italiano.
Prima di diventare una musicista, hai dedicato molti anni all’arte, al teatro, la scenografia e i videoclip. Per Springsteen è stato l’attacco della canzone “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan, per te quale è stata la molla che ti ha portato a scrivere canzoni?
In realtà secondo me lui ha avuto le idee molto più chiare delle mie fin da subito. Non a caso ha iniziato molto prima di me. Per quanto mi riguarda, nonostante avvertissi fin da piccola un’attrazione fortissima verso la musica, ho frequentato il liceo artistico e l’accademia di scenografia ricevendo grandi soddisfazioni professionali. Sotto sotto però, ardeva sempre quella fiamma per la musica che ho alimentato, in primis, come ascoltatrice per moltissimi anni. Poi ho avuto la fortuna di incontrare personaggi importanti all’interno dell’ambiente musicale. Fondamentale è stato l’incontro con Davide Sapienza, oggi mio marito che all’epoca, ti parlo dell’86, lavorava per Fire una rivista nata come primo fans club degli U2 (tra parentesi l’ultimo lavoro degli U2 è strepitoso!). E’ stato Davide la mia “Like a Rolling Stone”. Un giorno mi ha detto: “Ma tu non puoi non fare la cantante!”. E così è stato.
1997 – 2009. Sono passati dodici anni da Tregua. Cosa è cambiato in te in questi anni?
Penso di aver acquisito una maggiore maturità sebbene a scapito della perdita dell’istinto degli esordi. Quando ho iniziato, mi sembrava bello solo ciò che fosse difficile ed ostico. Ma poi con il passare del tempo ho approfondito la mia conoscenza musicale ed imparato ad apprezzare altre realtà che, solo apparentemente, potevano sembrare più semplici, come, ad esempio, le canzoni dei Beatles e di Battisti. Non mi ritengo ancora una artista completa: ho studiato canto ed ho preso lezioni di chitarra. Ogni tanto faccio le mie escursioni sul pentagramma ma faccio ancora troppa fatica.
Nel 2007 con il disco La quinta stagione sei passata ad una major come la EMI. Com’è andata?
Trovo che sia stato un passaggio molto positivo. La Mescal, in precedenza, ha fatto degli autentici miracoli per promuovere me ed altri artisti del calibro di Afterhours e Massimo Volume. Una major però, ti apre delle porte che un label indipendente fa fatica ad aprire.
Come nasce una tua canzone?
Ai tempi di Tregua partivo sempre dalle parole perché mi piaceva pensarmi come una cantautrice che avesse testi particolari. Adesso mi capita spesso di cominciare anche con l’idea melodica.
Qual’è canzone a cui sei più affezionata?
Ci sono diverse canzoni di cui mi sento orgogliosa: “Dove sei tu” (prodotta da Davey Ray Moor leader del gruppo inglese dei Cousteau), “Universo e Goccia” (scritta con Robert Wyatt) molto amata questa anche dal mio pubblico.
E la cover che senti più tua?
Premetto che decido di fare una cover solo quando penso di poter dare qualcosa di mio. Mi sto affezionando sempre di più a quella di ”Labbra blu” di Federico Fiumani, un must dei miei ascolti giovanili. Tra l’altro la canzone è suonata e prodotta interamente da me.
Quali voci femminili ti hanno emozionata?
La prima è Ginevra di Marco che ritengo sia, attualmente, la più bella voce femminile nel panorama musicale italiano. Anche Sinead O’ Connor mi ha influenzata moltissimo: ”Old England” è stata la mia prima cover dal vivo. La canzone“L’aridità dell’aria” è ispirata ad un suo brano intitolato “Just Like You Said It Would Be”.
Come interpreti la crisi che sembra aver colpito al cuore il mondo della musica rock?
La crisi purtroppo abbraccia il mondo discografico in generale, non solo il rock. Nonostante si avverta la mancanza di personaggi nuovi di un certo spessore, ritengo che una gran parte della colpa derivi dalla pessima gestione degli introiti da parte del management delle case discografiche. Basta pensare che la EMI, che detiene il catalogo dei Beatles, è in crisi. Per questo motivo adesso molte major si trovano in mano alle banche, entità che con la musica hanno ben poco a che fare. Infine ha influito tantissimo internet e la possibilità di scaricare musica gratuitamente. Questo stravolgimento tecnologico-culturale ha spiazzato le case discografiche che hanno adeguato la loro offerta in netto ritardo.
Hai riscosso moltissimi riconoscimenti a livello internazionale ed attestati di stima da artisti di primo piano (primo fra tutti Robert Wyatt). Quanto è difficile per un’artista italiana ritagliarsi uno spazio a livello internazionale? Ci sono tanti fattori che rendono difficile il percorso di un artista italiano alternativo perché, se si parla di persone del target di Ramazzottie della Pausini, il problema non si pone. Però se tu fai qualcosa di meno “nazional popolare” e vuoi uscire fuori, è piuttosto difficile. Spesso sono le stesse major che, come nel mio caso, focalizzano le loro strategie commerciali esclusivamente sul mercato italiano. Per un artista italiano la vita è più dura in quanto si trova ad operare, da una parte, all’interno di una crisi che non è solo quella discografica e, dall’altra, in una dimensione prettamente domestica con un mercato di sbocco per forza di cose più ridotto.
La lingua può essere una barriera culturale in questo senso?
Sicuramente. Tanto è vero che quando uscì il mio terzo disco con l’etichetta indipendente Mescal, la Ryco, pur esprimendo attestati di stima, decise subito di farne una versione in lingua inglese per il mercato internazionale.
Come vivi la dimensione live?
Il live per me è un momento molto importante con cui sento un legame imprescindibile. Springsteen, in questo senso, è il mio punto di riferimento. Quando suono dal vivo mi piace far uscire quella parte di me che magari all’interno delle canzoni non si sente o si sente meno. Ritengo che ogni concerto abbia una sua identità. Il pubblico crea l’atmosfera che, di volta in volta, cerco di assecondare. Mi piace pensare che una persona che viene a vedere più volte un concerto possa vivere, ogni volta, delle emozioni diverse.
Cosa ne pensi di manifestazioni come ad esempio Generazione X a cui hai partecipato lo scorso 15 marzo in qualità di madrina della Marcosbanda? Sicuramente manifestazioni come Generazione X sono importanti per tutti i talenti emergenti che vogliono farsi conoscere. Ma, come dice anche il mio amico Morgan, bisognerebbe lavorare su quella che è la formazione scolastica dei ragazzi e magari spiegargli che prima dei Tokyo Hotel c’erano i Led Zeppelin.
C’è qualche artista contemporaneo che ti è piaciuto particolarmente fra i tuoi ultimi ascolti?
In Italia i Baustelle e Beatrice Antolini. Per quanto riguarda l’estero, mi sono innamorata di Joan as Police Woman. Mi piace molto anche My Brighest Diamond, con cui ho avuto il piacere di condividere il palco quest’estate.
Quante opportunità per gli artisti e bands alternativi vedi derivare dalla rete (come MySpace per esempio)?
Penso che sia una strada importante che potrebbe portare maggiori possibilità per tutti quegli artisti che vivono una realtà discografica indipendente e aumentare la possibilità di sviluppare contatti con etichette straniere e con locali. Conosco molta gente che ci riesce ma con grande fatica. Si va all’estero, se va bene a rimborso spese e spesso ci si rimette del proprio.
Hai già idee per il un nuovo disco?
Sto già lavorando alle nuove canzoni per un disco in uscita a giugno 2010.
Qual’è stato secondo te il periodo più significativo della storia del rock? Io sono del 67 ed in quell’anno è uscito Sgt. Pepper’s dei Beatles e moltissimi altri capolavori. Quindi ti direi quell’anno lì.
(pubblicato per gentile concessione di Music In)
Articolo del
05/08/2009 -
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