Libretto davvero bello e prezioso, questo di Donato Zoppo, uscito nella collana “Musica contemporanea” della Mimesis, casa editrice di solito dedita alla filosofia (ecco spiegato il titolo del volume), ma che non disdegna né incursioni nella musica popolare d’antan e d’oggi (ricordo lo splendido “Vasco, il male” di Alessandro Alfieri e Paolo Talanca), né di occuparsi di filosofia in senso lato, ovvero nel significato più ampio di “senso della produzione artistica del cotale musicista”. Non si spaventino dunque i non ferrati nella disciplina che fu di Platone né si ritraggano spaventati coloro che temono ragionamenti che spaccano il capello compiendo evoluzioni degne del pattinaggio artistico: Zoppo compila un libretto agile e chiaro, che ha la doverosa e sacrosanta pazienza di spiegare per benino le cose anche a chi masticasse poco della vicenda Genesis (vivaddio! E per chi dovrebbe scrivere un giornalista rock? Solo per addetti ai lavori e altri giornalisti rock?) e si legge in circa un’oretta senza stancarsi nemmeno un pochino. Qual è lo specifico dei Genesis, dunque, rispetto ad altre formazioni progressive degli anni ’70? Zoppo, con la consueta brillantezza, individua una possibile ed autorevole chiave di lettura nel teatro rock messo in scena da un timido Peter Gabriel che prima non sapeva come ovviare alle lunghe pause tra un brano e l’altro necessarie ai suoi compagni e poi alle accuse della stampa che rimproverava ai Genesis una certa noia e cerebralità. Da qui il tracimare della teatralità di Gabriel, che Zoppo ricostruisce passo passo fino all’apoteosi di “The Lamb Lies Down On Broadway”, concept album da cui fu ed è imprescindibile la componente teatrale, presente fin dal momento dell’ideazione, che portò a tensioni tra i membri del gruppo più inclini a una interpretazione dal vivo posata e classicheggiante e l’esplosivo cantante. Zoppo è molto bravo nel riunire i tasselli sparsi in tantissime opere dedicate ai Genesis (di cui viene fornita ampia e puntuale bibliografia) e nell’inquadrare il teatro rock dei Genesis nel contesto dell’epoca, ricco di tendenze alla teatralità: i riferimenti a Pretty Things, Who, Arthur Brown, Osanna, Frank Zappa, Alice Cooper, Kiss e David Bowie nonché alle operette di Gilbert e Sullivan vanno ben oltre i semplici accenni per diventare brevi analisi che mettono in luce debiti e prestiti, illuminate da ben precisi riferimenti cronologici. Certo, quello teatrale non è l’unico specifico dei Genesis: ve ne sono altri a livello musicale (il particolare mix tra un certo tipo di musica classica, diverso dal quello che ha influenzato ELP, per citare un gruppo in qualche modo affine, e il soul) o testuale (ma è indubbio che i testi di Gabriel siano a loro volta influenzati dallo sviluppo della sua teatralità). Rimane però un tratto di originalità indubbio e certamente si pone come ideale collegamento tra l’operetta di Gilbert e Sullivan e la teatralità di Bowie. Un plauso convinto, dunque, a Zoppo, che ci ha regalato un’operetta (non di Gilbert e Sullivan) che aspira all’imprescindibile.
Articolo del
08/03/2016 -
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