Dopo “C'era una volta la RCA. Conversazioni con Lilli Greco” di Maurizio Becker (Coniglio, 2007) , “Vincenzo, io ti ammazzerò. La storia dell'uomo che inventò i cantautori” di Vincenzo Micocci e Luciano Ceri (Coniglio, 2009) e "Penso che un «mondo» così non ritorni mai più. Vita in canzone" di Mimma Gaspari (Dalai, 2009), è il momento di sentire la versione della storia di Ennio Melis, l’uomo che nel 1954 si assunse l’onere, su incarico del Vaticano, di salvare la filiale italiana della multinazionale americana della discografia. Del Vaticano, perché l’installazione di una filiale RCA a Roma era stata richiesta da papa Pio XII. Difatti, narra Melis, nel 1950 il presidente della RCA, il cattolico di origine irlandese Frank M. Folsom, si recò in visita al papa, dicendogli che avrebbe voluto “contribuire a un’opera meritoria in campo sociale” sul territorio italiano. Pio XII avrebbe risposto: “Voi avete bombardato l’Italia e massacrato Roma; il 19 luglio del ’43 sono andato a San Lorenzo e ho visto il disastro che avete combinato. Per rimediare a tale sciagura, costruite un’industria in quel quartiere, è il giusto rimedio agli ingenti danni provocati dalle vostre bombe”.
Detto, fatto. Nasce la RCA italiana in via Tiburtina, di cui il Vaticano è proprietario per il 10% . Ma le cose vanno male: l’approccio americano non funziona sul mercato italiano. Così, quattro anni dopo, la radicale alternativa: o la salva Melis, dal 1947 segretario del conte Galeazzi Lisi, delegato speciale del papa, o chiude. Melis riuscirà nell’impresa: licenzierà i troppi nullafacenti; otterrà un rifinanziamento dell’impresa; importerà per primo i 45 giri, quando in Italia andavano ancora i 78 giri, anticipando la svolta del mercato; adotterà una politica editoriale più in linea con i gusti del Bel Paese. Un successo che non andrà giù a molti nella casa madre: Melis dovrà far fronte più volte a ispettori calati dagli States con velleità distruttrici. La vincerà sempre lui, finché quello della RCA italia, che produce dischi in proprio, finirà per essere un modello imitato da altre filiali.
Il volumetto è agile e si legge con piacere. Nato come una serie di appunti e memorie autobiografiche di Melis, non si concentra solo sulla RCA, ma anche sulla vita di Melis precedente ad essa, né entra troppo in dettaglio sulle vicende della gloriosa casa discografica. Ciò non toglie che ci siano comunque informazioni sfiziose e preziose che non si trovano nei tre volumi citati in apertura: la netta contrarietà di Melis alla partecipazione di Tenco a Sanremo, ad esempio, convinto com’era che quello non fosse il suo posto; o l’abbandono di Roberto Roversi da parte di Dalla, “costretto” da Melis a scriversi i testi in proprio (il primo fu proprio Com’è profondo il mare). Un libro necessario per chi si interessa di storia della musica italiana. Rimane solo il rammarico che Melis, scomparso nel 2005, non abbia avuto il tempo di estendere ed approfondire i propri appunti.
Articolo del
19/04/2017 -
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