Vivere in una città di provincia può essere splendido: le dimensioni a misura d’uomo; ogni punto dell’abitato raggiungibile in poco tempo; assenza di grandi problemi sociali; vicinanza tra il cittadino e le istituzioni; in una certa misura, giacché sempre di decine di migliaia di persone si tratta, una prossimità di rapporti umani che nelle metropoli si è persa da tempo immemorabile. Non sempre è così, però. O almeno non per tutti coloro che abitano in una città di provincia. Non certo per gli autori di “Nero cemento”, romanzo collettivo, scritto da 13 autori un po’ sulla falsariga del cadavre exquis di matrice surrealista: citando Wikipedia, si tratta di un gioco che “consiste nel creare un testo ocon un lavoro di gruppo in cui però ogni partecipante ignora i contributi degli altri”. In realtà alcune cose sono conosciute dagli autori. In primis l’ambientazione, Vicenza, città del Palladio dallo splendido centro storico, capoluogo della provincia terza in Italia per esportazioni e capitale dell’oreficeria italiana, 112.000 abitanti, in cui vivono tutti gli autori. In secundis la convenzione che Vicenza sarà raccontata secondo gli stilemi della narrativa di genere (fantasy, fantascienza, horror, pulp, poliziesco, thriller, noir, ecc.), cercando in essi una chiave per ribaltare le apparenti (secondo gli autori) felicità e opulenza.
Coordinati da Massimo Fagarazzi, autore del capitolo d’inizio e di quello finale, i restanti 12 autori dovevano essere rigorosamente non-scrittori, ispirandosi ai principi di Fluxus. A storie scritte, Fagarazzi ha chiesto a ciascuno “di inserire nelle loro storie un dettaglio, un luogo che provenisse da quello degli altri racconti”. Ecco quindi che i racconti hanno finito per comporre un romanzo che si snoda per oltre 300 pagine, partendo dai dati oggettivi della cronaca di Vicenza, spesso ben più che locale (l’eco dei delitti del duo neonazista Ludwig negli anni 80; le contestazioni del 2007 all’allargamento dell’aeroporto Dal Molin a favore della locale base Nato; la vergognosa speculazione edilizia di Borgo Berga; l’arsenale atomico americano contenuto nella base sotterranea Pluto, a Longare; gli intrecci dell’imprenditoria del Nordest con le mafie meridionali; ecc.), e finendo per individuarne risvolti impensati, a volte addirittura cosmici.
I racconti, com’è ovvio, non sono tutti dello stesso spessore e valore, ma, come detto, tutti gli autori sono non-scrittori. Nella differente godibilità dei racconti-capitoli, quello che si impone come assolutamente interessante è il tentativo di inquadrare i misteri di una piccola, ricca e opulenta città di provincia in maniera assolutamente inedita. In questo senso “Nero cemento” è consigliabile anche a chi vive a Canicattì ed è interessato a uno sguardo diverso, di “genere”, sulla realtà italiana di provincia. Un esperimento da raffinare, ma tutto sommato riuscito.
Articolo del
26/09/2017 -
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