Con un deciso cambio di genere narrativo, Solventi lascia il racconto intimista delle vicissitudini di un uomo e di una coppia in crisi del suo primo romanzo (“Le meccanica delle ombre”) e si avventura nella fantascienza sociale. “Nastri” è ambientato nell’Europa del 2052, sopravvissuta a una temibile epidemia, la Lussemburghese, che ha sterminato in particolar modo la popolazione maschile (“li vedevi avvizzire”) e ha reso necessaria l’immigrazione da Asia e Africa per poter ripopolare un continente decimato. Un patto è stato stabilito tra forze politiche e religiose per creare una società perfetta, che elimini ogni tipo di conflittualità e dissidenza in nome del bene comune. Il volto delle città è stato ridisegnato, i trasporti sono stati riorganizzati, internet è stata fortemente regolamentata (solo accessi passivi) e gli smartphone sono un ricordo del passato che fa capolino dalle vetrine dei negozi di antiquariato. Nessuno mette più in discussione le versioni ufficiali degli eventi e i media tradizionali hanno riacquistato tutto il loro prestigio e la loro indiscutibilità, con il beneplacito delle organizzazioni governative degli altri continenti, in un mondo che si intuisce strutturato in grandi Stati-continente e in governi talmente lontani - fisicamente - dai governati che la parola democrazia è priva di senso (e, in effetti, non compare mai nel romanzo). In questo poco piacevole futuro si è pensato anche al rock, messo fuorilegge, insieme ad altre musiche perturbanti, perché accusato di essere causa di alcune patologie molto gravi. I Duemila di oggi viaggiano sui 50 anni. A loro è succeduta una generazione generalmente quieta e soddisfatta dell’esistente. Questo è lo sfondo su cui si inserisce la storia personale della ventenne Polly, che ha ricevuto in eredità dal padre, che l’ha sempre esclusa dalla sua vita più autentica, cinque cassette - sì, come quelle degli anni 80 - che non sa cosa contengono. Forse rock, la musica proibita. Che a lei non interessa neppure. Ma vuole ascoltarle per capire qualcosa di quell’essere sfuggente che è stato suo padre e verso il quale nutre un forte rancore. Contatta così Sam, cinquantenne donna di servizio, un passato misterioso alle spalle.
Quello che è subito chiaro - e se non lo fosse abbastanza, c’è il sottotitolo a evidenziarlo (“Una favola post-rock”) - è che Solventi non parla del 2052: parla di oggi, del 2017, e dell’odierna morte del rock. La generazione di chi è nato intorno al 2000, i Duemila come ha sintetizzato efficacemente Gabri Ponte, non sarà quella l’ultima del rock: è anzi la prima per la quale il rock è sicuramente un reperto del passato, una musica legata a un tipo di società e di rumori, quelli industriali, che non fanno più parte dell’esperienza quotidiana. E quindi i cinquantenni di cui si parla per traslato nel romanzo siamo noi cinquantenni, ancora a una musica che ha sicuramente inciso moltissimo nella cultura del Novecento, ma, come il jazz, è destinata a divenire un genere accademico e di nicchia. Il romanzo diventa così maggiormente godibile per gli appassionati di rock, che possono bearsi delle diverse canzoni citate (c’è un elenco in fondo al libro per chi non le riconoscesse tutte), nonché dei riferimenti presenti nei nomi dei personaggi (il nome della protagonista, Polly, è un omaggio a P.J. Harvey, su cui Solventi ha scritto pure un saggio).
“Nastri” non è certo solo un romanzo di fantascienza che ha per oggetto il destino di una musica che amiamo. Ci sono altri filoni, meno netti e che si limitano a offrire degli spunti di riflessione, più che a suggerire certezze. Può essere felice una società perfetta? Un governo europeo illuminato sarà davvero così saggio? A cosa dovremmo rinunciare per tornare ad essere comunità e non più prossimità di individui? Una prova interessante di un autore in crescita. Con un bel colpo di scena finale, il che non guasta mai.
Articolo del
18/10/2017 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|