Sgombriamo il campo da un equivoco: questa non è una biografia di Lucio Battisti. A conferma, il sottotitolo: “Storia, canzoni e segreti di un gigante della musica italiana”. Il taglio che Zoppo sceglie di dare al suo ultimo lavoro su Battisti, definito da lui stesso “generalista” (che non è una parolaccia, sia chiaro) è quello di fare la storia del musicista, non dell’uomo. Il che comporta parlare tanto delle sue opere e poco della sua vita. Ciò è dovuto a una serie di motivi. Innanzitutto, la proverbiale riservatezza di Battisti che ha sempre reso difficile scavare nel suo privato, quel privato da cui comunque nascono le ispirazioni di qualsiasi artista e che per questo è sempre interessante indagare. In secondo luogo, la vita di Battisti è stata così legata alla musica e si è così identificata (quasi annullata) in essa, che diventa oggettivamente difficile compilare una biografia intesa in senso tradizionale. Difficile non vuol dire impossibile però: esistono comunque pletore di aneddoti raccontati da chi ha vissuto accanto a lui. Il rischio, in questi casi, è magari di non inquadrarli correttamente dal punto di vista temporale, il che, in una biografia, non è un rischio da sottovalutare.
Ci dev’essere però un terzo motivo: probabilmente la decisione di Zoppo e di Hoepli di interessarsi più alle opere che agli eventi, visto che la collana che questo volume inaugura è “Storia della canzone italiana/i protagonisti”. Lo dico subito: nonostante la validità complessiva dell’opera di Zoppo, per me è un peccato. E mi spiego: raccontare di quando Lucio perse la testa per un’amica di Elettra Morini, moglie di Tony Renis, presentatagli da Mogol, tanto da fuggire con lei in Spagna, abbandonando Grazia Letizia nel 1975 (come raccontato dal compianto Cesare Monti in “Sulle corde di Lucio” di Riccardo Bertoncelli e Franz Di Cioccio, Giunti, 2008, a p. 129 - volume presente nella bibliografia di “Il nostro caro Lucio”) non è mero gossip, perché aiuta a comprendere i motivi della frattura tra Battisti e Mogol. Il quale in quegli anni era profeta dell’amore libero, cantato prepotentemente in “Anima latina”, ma anche in diversi episodi dei dischi precedenti. Grazia, racconta Monti, “andò a riprenderselo e se lo riportò a casa - e da quel momento lei la giurò a Mogol. Il clima era cambiato... Io le sentivo le battute feroci da parte di lei, al Mulino, quando si mangiava tutti insieme in cucina”. Dopodiché, riconciliazione tra Grazia e Lucio (che avevano un figlio, Luca, già dal 1973), decisione di andare in USA prima, in Inghilterra poi, ovunque, ma il più lontano possibile da Mogol. Una lontananza non solo periodicamente geografica, ma sempre più spirituale: amicizia che si raffredda, rapporti solo di lavoro, fino a quella condizione descritta benissimo dallo stesso Battisti nella famosa intervista del 18 maggio 1979 a Giorgio Fieschi per Radio Svizzera Italiana: “Da quattro o cinque anni a questa parte, ci vediamo al massimo un mese l’anno. [...] Sul piano di vivere altre cose, al di fuori della musica, al di fuori della musica, perché è una cosa inevitabile. Facciamo solamente canzoni assieme e, adesso, lui ha la sua vita e io ho la mia”.
Lamentata questa mancanza (per precisa e rispettabile scelta di autore ed editore), quello di Zoppo è decisamente un buon lavoro: basti pensare che ogni biografia di Battisti in commercio o è vaga o è zeppa di errori. Io, che sono una carogna, in tutto il libro di Zoppo non sono riuscito a trovare che un solo errore appena. Sta a pagina 168: l’incontro di Battisti e Mogol con Monti, Andrea Valcarenghi (direttore di “Re nudo”, rivista principe dell’underground italiano che cercava di coniugare comunismo e hippismo) e Gianfranco Manfredi (cantautore “organico” di Autonomia Operaia) più signore (la pittrice Vanda Spinello e Mirella Lisignoli) per valutare il rientro live di Battisti in occasione del VI Festival del proletariato giovanile, programmato per giugno 1976 al parco Lambro di Milano, non si tenne a Milano nel novembre 1975 a casa di Monti e Spinello, ma il 17 settembre dello stesso anno al Mulino. Tant’è vero che, come ricorda Zoppo, dopo il fallimentare incontro si tenne un’amichevole partita di calcio. Monti e Spinello abitavano in centro a Milano, sopra a un cinema. Difficile giocare a pallone.
Esauriti i difetti (quasi nessuno, nonostante le righe che vi ho dedicato, ma sono un precisino), c’è da dire che Zoppo non sbaglia nulla: precisi i riferimenti a tempi, cose e persone, gli inquadramenti critici, agile e snella la narrazione, più incentrata sul periodo mogoliano che su quello panelliano. Qualità a rilevare le quali non bastano le poche righe e parole che le esprimono. La scelta di arricchire il testo con box che approfondiscono gli aspetti più vari toccati nel testo è pensata per chi normalmente non legge libri, ma ha confidenza con la lettura di riviste. Così come il testo è decisamente pensato per essere un ottimo approccio a chi vuole accrescere la propria conoscenza di Battisti al di là del mero ascolto delle canzoni, che è sì la cosa principale, ma non basta, non basta mai: se si ama davvero un artista, è quasi necessario investigare la sua vita e le ragioni della sua arte. “Il nostro caro Lucio” adempie ottimamente a questo compito e si guadagna fin dalla sua pubblicazione un posto sicuro nel canone battistiano dei 10 migliori libri su di lui. Consigliato vivamente a chi vuol entrare per la prima volta nel mondo di Battisti al di là della sua musica, utile come baedeker a chi di Battisti sa già tutto.
Articolo del
29/09/2018 -
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