Sul villaggio Anic di Ravenna le luci sono oniriche, ma la vita è reale. È una vita appartenente a un tempo passato, non troppo distante.
C’è l’Italia che abbraccia la modernità in Morti di Sonno di Davide Reviati, c’è l’Eni di Enrico Mattei, il calcio consacrato e quel faticoso processo che è la crescita. Crescita resa ancora più gravosa dalle circostanze, dall’olezzo nauseabondo che è nell’aria e dalle morti bianche.
C’è la storia di sei bambini narrata da Rino, detto Koper, che ammazzano la noia con l’esplorazione della natura e con ingenui atti violenti sulla stessa.
I sei protagonisti sono dipinti come personaggi mitologici del calcio in cortile, quello che d’estate riempiva il tempo che separava la fine di un anno scolastico dall’inizio di un altro, fino all’ultima estate, quando il tempo “cominciò a rotolare e non si fermò più”.
La corsa inarrestabile degli anni porta i bambini a diventare ragazzi, poi uomini. Non tutti ce la fanno, qualcuno cade. Il gruppo si sfalda, fino a rompersi, il villaggio Anic, culla e patibolo, si trasforma col tempo.
Eppure il tempo sembra fermarsi e riavvolgersi quando Rino ed Ettore si incontrano da adulti in un bar. Ettore non abita più a Ravenna da molti anni e gira l’Italia come rappresentante commerciale.
Koper rivive in un flashback emotivo tutto ciò che è successo da quando Ettore ha lasciato il Villaggio, ma le parole si interrompono. L’incontro si risolve in una chiacchiera heideggeriana (“Non perdiamoci, d’accordo?”, dice Ettore), mentre la verità resta serrata nel cuore di narratore e lettore.
Morti di Sonno è una carezza, ma anche una scalfittura che racchiude al suo interno i sogni infranti di una generazione cresciuta in un nido che dava lavoro e protezione, ma a quale prezzo?
Articolo del
17/06/2021 -
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