Kevin Cummins è uno dei grandi fotografi inglesi del rock. Mancuniano, classe 1953, è stato fotografo di Joy Division, Fall e Smiths, e alla scena locale della sua città ha dedicato il bel libro “Manchester”, uscito in Italia nel 2012. Ma ha scattato ritratti iconici anche di David Bowie, The Smiths, Iggy Pop, Björk, Debbie Harry, Bob Marley, Public Enemy e Patti Smith. Potevano mancare gli Oasis? Ovviamente no. Cummins è stato uno degli artefici della costruzione del loro mito, in quel 1994 in cui la Creation Records gli commissionò diversi servizi fotografici che aiutassero a costruire il mito di una delle band che dominò gli anni ’90 e che da allora rappresenta un punto fermo, un gigante nella storia del rock, piacciano o no.
Il primo vero singolo, ‘Supersonic’, sarebbe uscito l’11 aprile, nonostante il promo di Columbia girasse da dicembre 1993 sui piatti di BBC Radio 1; ma già il 18 febbraio Cummins svolse il suo primo lavoro sugli Oasis: ad Amsterdam, dove la band avrebbe dovuto suonare al Paradiso, di spalla ai Verve. Cummins trovò però il solo Noel Gallagher ad aspettarlo. Poco prima, il chitarrista aveva chiamato Alan McGee, il boss della Creation: “Sei seduto? Ho delle novità. Sono stati tutti arrestati”. Già, perché Liam, seguito da Bonehead, Guigsy e Tony McCarroll, durante la notte era riuscito a mettere sottosopra il traghetto su cui viaggiava la band attaccando briga coi tifosi del West Ham, contro cui l’amato Manchester City aveva impattato 0-0 la sera prima. E così la polizia inglese li aveva arrestati, quella olandese rispediti prontamente nella Bianca Albione: “Scattai una foto a Noel vicino al poster del concerto, per dimostrare che mi ero presentato, e da usare come foto di servizio per la rivista New Musical Express”. Il grugno di Noel dice tutto e pare raccontare già la storia che avrebbe portato allo scioglimento della band nel 2009.
Ma in quel 1994 tutto andava a meraviglia, nonostante gli scazzi. Qualche giorno dopo tutti i media inglesi strillavano le gesta dei nuovi cattivi del rock’n’roll; e Cummins, il 21 febbraio, ritraeva per la prima volta la band in uno studio fotografico, in una sessions esplorativa per capire quale fosse lo stile più adatto a loro: “Arrivarono con gli abiti che indossavano e niente altro. Liam indossava un impermeabile di colore chiaro, un maglione da scuola e pantaloni della tuta Adidas. Lo fotografai con molta luce soffusa in stile anni Trenta, ma per me era chiaro che, se volevivendere la band, un primo piano sarebbe stato la cosa migliore. Aveva un viso angelico a quei tempi. Era un look perfetto per il mercato delle riviste musicali britanniche, e tale si è dimostrato”. La session proseguì nelle strade intorno allo studio e mette in chiaro come il fulcro della band, anche iconicamente, fossero i due fratelli Gallagher.
La terza session si verificò il 15 marzo, tre giorni prima del debutto televisivo della band, a “The Word”, su Channel 4, dove avrebbe eseguito Supersonic un mese prima della sua uscita nei negozi. La location scelta da Cummins fu dapprima il Café Rouge, in Frith Street, a Soho, dove ritrasse la band intenta a bere il tè; poi Oxford Street, con tutti attaccati a un double-decker bus; quindi in Flitcroft Street, un vicoletto sporco dal sapore dickensiano in cui i Gallagher Brothers esibirono i loro migliori ghigni da teppisti: ecco il loro stile! Alla fine del servizio, Liam apriva il giubbotto e mostrava la maglia da trasferta del Manchester City, a strisce viola e rosse. Ed ecco quindi che nel servizio successivo, che documenta il concerto di Portsmouth del 2 maggio, con Supersonic che aveva cominciato a lastricare la strada che avrebbe portato la band in cima al mondo, sebbene arrancasse a un misero 64° posto in classifica generale dei singoli, Liam indossa proprio quella maglia. Dopo il live, ci sarebbe stata bisboccia al Marriott Hotel, dove la band alloggiava, fatalità insieme alla boy band East 17, che, come aveva visto arrivare gli Oasis in piscina, s’era ritirata nelle proprie stanze per sicurezza. Cummins documenta il casino di quella sera, che vi lascio il gusto di leggere acquistando il libro: sappiate solo che il salatissimo conto delle bevande consumate dai mancuniani fu recapitato al manager dei londinesi. Cummins seguì la band anche la sera dopo, a Newport, in Galles, per un nuovo concerto, e la mattina seguente era in hotel a documentare relax e cazzeggio dei Gallagher, su cui ormai si focalizza la sua attenzione.
Ecco: il masterplan, il piano di costruzione di un’identità, si è ormai delineato. E il 9 maggio, nello Sly Street Studio, ci sono solo loro due, Noel e Liam, vestiti rispettivamente di biancazzurra e bianconera maglietta del City, su cui campeggia la scritta “Brother”, lo sponsor giapponese del Manchester che mai avrebbe potuto essere più appropriato e che in quel momento sembra essere una benedizione dal Cielo per le dissestate casse della Creation Records, che si trova nel roster la più grande band inglese degli anni ’90, incontestabilmente in termini di vendite. Nelle foto scattate all’esterno degli studios, compaiono anche i compagni di band, ma è chiaro ormai che si tratta - mediaticamente - di comparse. Tra Noel e Liam scatta anche una piccola rissa per un contrasto di gioco mentre la band palleggia in strada. Sempre a maggio, nella sede dell’NME, il centro dell’attenzione ormai sono i due fratelli: e Liam sfoggia sotto il giubbotto la maglietta dei Beatles Sgt. Pepper’s era.
Arriviamo al 29 luglio: ‘Shakermaker’, terzo singolo della band, è in discesa al 69° posto (ma dopo aver sfiorato la Top Ten la settimana di uscita); Cummins e i fratelli sono al centro commerciale Arndale di Manchester, camicia azzurra Noel, rossa Liam: ancora una volta i colori del City, ma anche uno quasi il contrario dell’altro, a ribadire una polarità negata dagli abbracci fra i due. I tre si spostano poi ai Piccadilly Gardens; la band arriva solo in Back George Street, vicolaccio pieno di spazzature a ribadire origini e teppismo. Più tardi, al Peveril of the Peak, sono di nuovo solo loro due, birra e cicca in mano. Quindi, in Maine Road, ecco Liam davanti a un gigamanifesto del City con la scritta “Brother” in bella evidenza e Noel appoggiato ai mancuniani muretti proletari di mattoni rossi: forse citazione smithsiana, sicuramente orgoglio, appartenenza, consapevolezza, visto che lì c’è lo stadio del City, in cui i tre si spostano, con il resto della band che compare sugli spalti. La giornata si chiude in Portland Street, ancora coi due fratelli, un po’ duri, un po’ cialtroni. Liam cambia camicia e ne indossa una blu, di Cummins, per avere più omogeneità. Gli scatti sono tutti bellissimi e iconici.
Via, si chiude, il 30 agosto, data di uscita di ‘Definitely Maybe’, con lo showcase acustico al Virgin Megastore di Marble Arch, a Londra: con gli Oasis c’è Evan Dando dei Lemonheads, che un po’ legge il giornale distratto a fianco di Noel che suona, un po’ parlotta con lui e gli porge una lattina di Heineken. Il volume potrebbe concludersi qui: la supernova Oasis è ormai esplosa. Ma c’è spazio per le ultime foto del 1994, il 26 dicembre, nei corridoi dello stadio del City: Liam con il centrocampista Nicky Summerbee, Noel con il resto della band e un pallone. La chiusura ultima è per Liam, che esibisce due statuette di mani che fanno il dito medio: la leggenda è ormai iniziata. Corredano il bel volume un’intervista di Cummins a Noel oggi e ricordi dei due relativi a quell’anno in cui tutto è partito. Consigliatissimo ai fans della band.
Articolo del
04/07/2025 -
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