Era il 1981 ed io amante come sempre di musica e cinema, andai a vedere un film straordinario ma sottovalutato da molti, “Un sogno lungo un giorno” di Francis Ford Coppola. Con Teri Garr, Nastassja Kinski, e Frederick Forrest. Capolavoro che portò il grande regista al fallimento della sua casa di produzione, la Zoetrope. Non sapevo quasi nulla di lui, ma il cuore mi prese a battere forte sulle note di “I Beg your Pardon” cantata da Tom Waits. Quel grande artista passò ad essere un punto di riferimento per la musica che amavo e che seguivo, ma ho poi scoperto di quanto grande fosse anche come attore. Robert Altman e Jim Jarmush ne hanno fatto anche un' icona del cinema americano, oltre che della musica.
Il bellissimo e curatissimo libro della giornalista/scrittrice Eleonora Bagarotti uscito un po' di mesi fa, è davvero un racconto profondo che vale la pena avere nella propria collezione di libri che fanno la differenza ed Eleonora ancora una volta ha fatto bingo.
D- Nel tuo libro su Tom Waits cogli delle importanti sfumature, sull'artista e su di lui come persona. Da quanto tempo pensavi di scrivere un libro così singolare su Tom Waits?
Anni fa avevo curato un libro sui suoi testi per Editori Riuniti e spesso ho pensato potesse essere utile aggiornarlo. Poi, dopo dieci anni di assenza dalle scene, ho avuto l’idea di scrivere questo, spinta dalla nostalgia e dalla voglia di raccontarlo.
D-Quanto hanno influito, secondo te i suoi rapporti con Ricky Lee Jones e con la moglie Kathleen Brennan?
Entrambi hanno influito moltissimo su di lui poiché lo hanno influenzato artisticamente e non solo a livello privato. Capita, ma non di frequente, che i grandi artisti uomini “concedano” alle compagne una simile parità.
D-Una sera di un pò di tempo fa a cena con Jim Jarmusch, lui mi disse che Waits era uno dei più grandi artisti al mondo, un grande eroe dell'arte a 360 gradi. Inoltre all'epoca, condividevano un ferro di cavallo intorno ai loro stivaletti (sì uno ciascuno) ovviamente neri e da cow-boy. Pensi sia ancora così oggi per un talento come TW?
Penso di sì proprio perché è rimasto unico, popolare eppure “di nicchia”. Credo che questo lo si colga anche dalla sua assenza decennale, è come Greta Garbo. Il suo primo pensiero è l’arte, non necessariamente il presenzialismo, i soldi, l’esserci sempre a tutti i costi. E suppongo vi sia anche un aspetto psicologico in lui, molto raro: la capacità di invecchiare serenamente, il disinteresse al ripetersi, replicando a tutti i costi ciò che al suo pubblico, me compresa, farebbe piacere ma che a lui non interessa. Direi che Tom Waits è integro, un artista integro, ecco.
D- In un mondo sempre più veloce c'è ancora posto per Tom Waits e artisti del suo calibro? Ovvero con quella "lentezza" divina ma così poco fuori moda?
Lo spazio è poco, se pensiamo a quali sono i mezzi con cui la musica arriva ai giovani - e tralascio la qualità media, volutamente… Però il valore, quando c’è, resta per sempre. In questo senso, non mi rattrista quando dicono “il rock è morto”. Il rock è un classico, lo è diventato certo, ma i classici non muoiono mai. E dietro l’angolo c’è sempre spazio per scoprire la bellezza, anche in un mondo che tende a rifuggerla.
D-Il tuo ultimissimo libro è sulla Regina, Maria Callas. Raccontaci un pò come sta andando e pensi di farne un'opera teatrale?
Ho pensato di ricordare la Callas nel centenario della sua nascita partendo dai ricordi intimi, ma non gossippari, di chi l’ha conosciuta. Il volume sta andando bene e lo sto presentando nei teatri: prossimamente a Verona, Bergamo, Sirmione, Piacenza… dal libro per ora è nato un docufilm, “MyCallas”, con la regia di Roberto Dassoni, che, dopo un’anteprima al Maggio Musicale Fiorentino, presenteremo a Bergamo il 22 settembre poiché la Fondazione Polli Stoppani ha creduto nel progetto. Nel 2024 inoltre curerò un’esposizione che ruota attorno a lei, ma sto ancora lavorando ai dettagli.
Articolo del
06/06/2023 -
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