Il sole quando sorge, sorge piano, cantavano e cantano ancora i ragazzi sulla spiaggia accompagnandosi con tre accordi di chitarra, La-Mi-Re. Ma l’uomo dalle molte vite, Lucio Battisti decise che nessuno avrebbe più cantato le sue canzoni davanti al fuoco acceso sulla spiaggia e che nessuno avrebbe più scritto per lui emozioni da servire al pubblico.
Fine dello show business, fine delle canzoni fatti di sentimenti forti, di pianti per gli amori perduti e risate per le innocenti avventure. Era il 1986, tre anni prima era stato pubblicato l’ultimo lavoro dell’era battistiana, “E già”, un disco di passaggio, il primo scritto senza Mogol, il grande capo autore dei mitici testi degli anni Settanta, dalle discese ardite e le risalite, frase finita pure in un volantino delle Brigate Rosse. È il 1986, dicevamo, quando nei negozi – allora i dischi si vendevano in luoghi deputati – arriva Don Giovanni inaugurando la seconda vita del Battisti dopo Mogol, quella con Pasquale Panella che a Roma nessuno chiamava paroliere ma “parolibero”. Sul periodo dei “dischi bianchi”, quelli con le copertine segnate da un elementare disegno abbozzato dallo stesso autore della Canzone del Sole e Mi ritorni in mente, Squilibri ha pubblicato un interessante libro: “Battisti, l’altro”, di Andrea Podestà a cui è allegato un QR Code che ci regala quattordici canzoni di Battisti-Panella rivisitate da Marco Sabiu e Gabriele Graziani. Ma andiamo per gradi.
Andrea Podestà, autore di diversi saggi sulla canzone d’autore, è insegnante di lettere e quindi per prima cosa smonta la tesi secondo la quale i testi del “parolibero” Panella siano ermetici. L’intento dei due autori è quello di distruggere e ricostruire la forma canzone, spiega Podestà: Panella si spinge a comporre testi che presentano forme retoriche e linguistiche inusitate mentre Battisti rinnega la forma musicale standard basata sull’alternanza di strofa e ritornello. L’ermetismo non c’entra. “La mia impressione”, scrive Podestà, “è che il più delle volte Panella sia più difficile che oscuro e che, scoperto di cosa egli sta parlando, molti versi diventino comprensibili e spiegabili”. Certo non mancano i giochi di parole e così anche per Podestà, di fronte all’impossibilità di cogliere il senso del verso, l’ascoltatore può sempre rifugiarsi e crogiolarsi nel piacere del puro suono che il verso evoca. C’è differenza tra il primo disco bianco, Don Giovanni, e gli altri quattro che seguiranno. Una differenza rilevata nel tempo da tutta la critica “ufficiale”: la convinzione e l’approvazione dei critici per il primo lavoro vennero ad affievolirsi negli anni sino a bollare gli ultimi due dischi come flussi sonori. I dischi bianchi costituiscono un insieme di quaranta canzoni e secondo Podestà ogni singolo album risponde a un preciso progetto.
Dal primo disco in poi cambia il modo di lavorare della coppia Battisti-Panella: in Don Giovanni erano nate prima le musiche e poi i versi di Panella; dal secondo CD, L’Apparenza, è il contrario: toccherà a Lucio dare un aveste musicale al testo. Podestà rileva che in Don Giovanni la forma canzone “viene messa in forte discussione ma non è abbattuta”; nei dischi successivi non sarà più così, niente ritornelli ma mille cambi armonici e melodici. Per Battisti e Panella sembra quasi che il principale scopo sia mettere in crisi l’ascoltatore. Però per molti musicisti che lavorarono con Battisti - come ad esempio Franz di Cioccio della Pfm - quel suono, sicuramente nuovo, risultava anche molto freddo; forse proprio il fatto di musicare testi già scritti ha portato Battisti a puntare più sul ritmo che sulla melodia che era stata il punto forte del primo Lucio. Battisti aveva abbandonato la sfera pubblica da molti anni e il ricorso all’elettronica lo ha agevolato nella chiusura verso il mondo musicale ma ne ha caratterizzato anche il valore: una batteria elettronica ha sempre lo stesso suono ma anche la stessa intensità: non può dare la “mazzata” come accadeva a ogni strofa di Balla Linda o improvvisare quella trentina di colpi all’apice di… voglio Anna! Insomma, una batteria elettronica non… s’incazza mai.
Al libro è allegato un album importante per mostrarci il mondo sonoro del secondo Battisti da un’altra angolazione grazie alle scelte di Marco Sabiu, compositore, diplomato al Rossini di Pesaro, e Gabriele Graziani, cantante, frontman degli Equ. È una rivisitazione di quattordici pezzi, un viaggio inedito tra futurismo surrealismo. Resta la domanda di fondo: che cosa avrebbe detto Battisti del dibattito sulle due vite musicali? Nel clima caldo degli anni Settanta, nella trasmissione Speciale per voi, trasmessa dalla Rai all’epoca del bianco e nero, a chi lo contestava Battisti rispose che era inutile fargli domande: “Ascoltate le mie canzoni e ditemi voi se mi danno emozioni”. Forse direbbe lo stesso. Infine, resta il rimpianto di Dori Ghezzi, amica da sempre di Lucio Battisti, la quale si rimprovera di non aver favorito una collaborazione con Fabrizio De André.
C’era davvero questa possibilità? Dori non ha dubbi: “I tempi erano favorevoli, peccato, sarebbe stato fantastico”.
Articolo del
01/09/2023 -
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