Non sono mai stato un appassionato dei Marillion. Come tanti, li ho incrociati ai tempi dei singoli Kayleigh e Incommunicado, per poi sapere dell’uscita dal gruppo di Fish, il carismatico cantante della formazione giunta al successo, e quindi vederli sparire dai miei radar.
Eppure i Marillion, come si sa, sono giunti fin qui, con formazione immutata da quel fatidico 1989. Di storia ne hanno macinata un sacco, dopo l’irresistibile e sorprendente ascesa negli Eighties, con una progressiva discesa nelle charts fino alla scomparsa da esse a inizio del nuovo millennio e quindi all’inaspettata loro riconquista in tempi recenti (FEAR al n. 4 di quella inglese nel 2016; AN HOUR BEFORE IT’S DARK al n. 2 in UK, Germania e Olanda nel 2022).
La loro storia, tutta, è narrata magistralmente da Massimo Longoni, giornalista di TGcom24, in questa “biografia non autorizzata”, come sussurra il sottotitolo: non ci sono scandali o altarini scoperchiati, dato che praticamente tutti quanti gli eccessi rock’n’roll della loro storia risalgono al tormentato periodo con Fish, ben noti alle cronache sia grazie alla stampa d’epoca che alle ammissioni degli stessi protagonisti. Quindi la band non avrà nulla di cui risentirsi. Ma, ecco il miracolo di Longoni: la sua scrittura, leggiadra e in punta di dita riesce a rendere appassionante questa biografia anche per chi, come me, non è mai stato un fan della band e ne ignora gran parte della produzione.
Tutto è narrato col tocco di chi sa rendere vive le vicende accadute, che paiono concretizzarsi davanti agli occhi del lettore: che si tratti di Fish che sperpera i soldi della casa discografica durante le registrazioni a Berlino di MISPLACED CHILDHOOD chiamando ogni escort del catalogo trovato nella topaia in cui era alloggiata la band; o degli incidenti occorsi al tastierista Mark Kelly (un’acufene comparsa dopo un’immersione nei mari tropicali e l’investimento da parte di una betoniera mentre faceva jogging in Germania - e poi dicono che lo sport fa bene) tutto ha il sapore della vita vera.
Le disavventure della band, rimasta senza etichetta discografica e capace di risorgere grazie a un rapporto strettissimo con i propri che l’ha portata a inventare il crowdfunding (lo sapevate voi? Io no), senza escludere i problemi personali di ognuno dei musicisti (il matrimonio in pezzi di Steve Hogarth o i problemi di peso di Steve Rothery, ad esempio), che prima di tutto sono persone, quindi influenzate dagli eventi della propria vita, sono sempre narrate riuscendo a dedicare a ogni periodo lo stesso spazio e senza mai cadere nella stucchevole parata di riconoscimenti che spesso affligge le biografie di altri artisti, e che sono quanto meno di rock’n’roll esista.
Ok, sarà perché i Marillion a un certo punto hanno perso il treno del successo e la loro vita artistica è scandibile nelle fasi “giovane promessa / vecchio stronzo / venerato maestro”, certo. Ma è anche vero che i Marillion sono sempre andati avanti sulla strada della ricerca personale deludendo sia la major che chiedevano singoli orecchiabili e d’impatto sia i fan più conservatori che gli chiedevano di essere sempre i Genesis 2.0, strada abbandonata dalla band che nella sua produzione con Hogarth si è innegabilmente allontanata dalle origini. Per cui saranno pure venerati maestri oggi, ma solo dalla loro fanbase, il che in un certo senso è una fortuna, perché non li ha mai istituzionalizzati.
Al di là delle vicende della band, rimane un’ottima biografia, ben scritta, appassionante e mai noiosa. Un applauso a Massimo Longoni.
Articolo del
29/12/2023 -
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