Sedici. È il numero delle evasioni che il recidivo rapinatore di banche Forrest Tucker mette a segno dopo essere stato condannato per furto a mano armata. Di lui gli impiegati e i direttori di banca, interrogati dalla polizia, ricordano solo che era un tipo “”garbato e gentile”.
Old Man & the Gun, diretto da David Lowery, si ispira ad una storia vera raccontata sul New Yorker da David Grann nel 2003. Il film è l’omaggio finale alla settima arte di uno straordinario Robert Redford – ha dichiarato alla stampa che sarà la sua ultima interpretazione. Questo ladro e gentiluomo con savoir faire e sorriso sulle labbra riesce quasi sempre a farla franca. Le rapine vengono accompagnate da un montaggio di immagini e musica energico e suadente, con ellissi narrative sugli aspetti cruciali quali la consegna del denaro, l’inquadratura della pistola o i dettagli tecnici. Incalzano e svaniscono, scena dopo scena, come lo stesso Forrest che abbandona il luogo del delitto dileguandosi nel nulla. La banda dei nonnetti - così è soprannominato dai media il trio formato da Forrest Tucker e dai suoi due complici interpretati da Tom Waits e Danny Glover - si muove tra cinque Stati infilando novantatré rapine nell’arco di due anni, fino a quando non si imbatte nell’annoiato neo quarantenne detective John Hunt (Casey Affleck) e nell’incontro casuale con una donna, Jewel (Sissy Spacek).
I due personaggi sono cruciali. Il detective verrà anche lui ammaliato da questo Lupin fuori tempo, capace di essere ciò che è perché gli è necessario, perché animato da una forza potente che possiamo vedere all’opera solo in coloro che hanno ancora voglia di vivere. E questo sembra essere il messaggio più forte del film, quello che trascinerà il detective Hunt (to hunt, cacciare appunto) a continuare a indagare nonostante il caso passi d’ufficio nelle mani dell’FBI. Seguire Forrest per lui significherà mettersi in contatto con sè stesso e con quell’aspetto vitale che rende il destino e il carattere di ognuno unico e irripetibile, che tira fuori dalla monotonia e dall’anonimato ogni esistenza. Al di là dei giudizi morali, Tucker ci dice che sono la vitalità e la passione coloro che devono condurci nelle scelte di vita, qualunque esse siano.
L’incontro con Jewel- Spaceck apre invece ad un’altra prospettiva. L’amore per questa donna dà inizio a una nuova possibilità, soprattutto quando durante i loro incontri lei tenta di addomesticarlo con la sua presenza, con la sua delicatezza, un po’ come la volpe quando spiega al piccolo principe di Saint-Exupéry che le cose possono cambiare significato se associate a qualcuno che ami. Tucker per la prima volta sembra essere lui quello che viene sedotto da una diversa prospettiva di vita, quella della routine quotidiana in compagnia di un amore. Arriva così ad accarezzare la possibilità che nell’ultimo scampolo di esistenza che gli rimane possano esserci nuove cose da imparare.
Altro aspetto è quello meta cinematografico di tutta la pellicola tra cui spicca la carrellata di flashback che precede la fine, in cui il racconto per immagini delle evasioni di Tucker si trasforma in uno struggente meta film: Robert Redford giovane e bello viene mostrato in spezzoni dei suoi film (tra i quali Butch Cassidy e La caccia) in onore ad un’icona del cinema che, nonostante il volto ricamato rughe di ottantaduenne, riempie lo schermo con un fascino e una bellezza capaci di trascendere gli opposti e il tempo.
Prima del gran finale, quando verrà arrestato l’ultima volta, la diciassettesima, Trucker decide di non evadere e di ascoltare Jewel. Uscito dal carcere al termine della pena, sembra deciso a godersi una nuova fase della vita, quella del compagno casalingo. Ma anche se l’amore per qualcuno è la più autentica occasione di cambiamento questa non può prescindere dalla fedeltà a se stessi, da ciò che rappresenta seguire il proprio carattere, la propria indole.
Inutile dire quale sarà la sua ultima scelta
Articolo del
06/01/2019 -
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