Se l’amore è quello di Leonard Cohen, possiamo esplorare pianeti sconosciuti. Ne abbiamo avuto una testimonianza visiva nel recente docufilm Marianne e Leonard, distribuito al cinema dalla Nexo il 3 e 4 marzo scorso.
Una storia speciale durata mezzo secolo, iniziata su un’isola greca, Hydra, negli anni del libero amore, dell’espansione delle droghe, quando tutto sembrava possibile. Sono immagini tratte da archivi personali del regista Nick Broomfield e riportano alla luce la vicenda del poeta canadese con la sua musa norvegese, Marianne Ihlen, con cui ci furono tradimenti, litigi e fughe senza mai che smettessero di amarsi per cinquant’anni. Nel film vediamo la fine della storia che poi per Cohen è l’inizio di un altro capitolo: siamo nel luglio del 2016 e Marianne sta male. Ha nel naso il tubo dell’ossigeno quando si rivolge a un amico: “Sto per morire, lo dici a Leonard”? Passano solo un paio d’ore e Cohen, raggiunto per telefono, risponde: “Marianne, sono abbastanza vicino per tenerti la mano… Fai buon viaggio, ci vediamo in fondo alla strada”.
Marianne morirà poco dopo con un sorriso sulle labbra e Leonard la raggiungerà quattro mesi dopo in fondo alla strada. Il docufilm presenta le immagini sbiadite di un tempo che era stato felice; eccoli sdraiati al sole, poi nuotano, giocano con il bambino che lei aveva avuto da una precedente relazione. E poi l’addio a Marianne quando lui se ne andò a New York, sancito dalla canzone So long, Marianne… “Ci siamo conosciuti quand’eravamo quasi giovani/ giù vicino al parco dei lillà appena sbocciati / Ti aggrappavi a me come a un crocifisso / mentre attraversiamo in ginocchio l’oscurità” .
La storia del poeta canadese è davvero unica. Pochi la conoscono davvero e molti si fermano alle canzoni più famose tra cui Nancy, Suzanne e Giovanna D’Arco, tradotte da Fabrizio De André, il quale ne tradusse una quarta, La famosa volpe azzurra, cantata da Ornella Vanoni.
È spesso ignorato che Cohen, prima di dedicarsi alla canzone, era uno scrittore di romanzi e di poesie. A Hydra dove visse sette anni, libero da ogni obbligo sociale, scrisse due libri di poesie e il romanzo My favourite games. Il film si arricchisce anche delle voci di alcuni protagonisti che condivisero con Leonard e Marianne quell’utopistica stagione fatta di poliamore e della sperimentazione degli acidi. Cohen lascerà la sua musa per trasferirsi a New York e dedicarsi alla musica; la loro relazione era in crisi e lei deciderà di restare nel Peloponneso nella piccola comunità di artisti. L’autore di Hallelujah diventerà una delle voci più significative nella storia della canzone ma sarà tallonato dalla depressione.
Così dopo aver pubblicato l’album The Future, Cohen si rinchiuse in un monastero Zen per sei anni a meditare, riflettere e scrivere le canzoni di altri due album mentre cucinava per il suo maestro. Fu proprio nel monastero che, nel gennaio del 1999, lo raggiunse la notizia della morte di Fabrizio De André e Cohen scrisse un biglietto a Dori per il suo fratello scomparso: “Allow me to express my respects to the memory of Fabrizio De André and my gratitude for our friendship in song” .
Ma quando muore un amico non sai che fare. Cohen pensò di realizzare un disco con la canzoni di Fabrizio De André che avrebbe cantato dopo averle tradotte in inglese; il contrario di quanto era avvenuto. Nel luglio del 2001 incontrò Dori Ghezzi alla quale chiese di indicargli dieci canzoni, le più adatte al suo timbro vocale e al suo stile. Dori ricorda: “Scelsi le canzoni, le masterizzai su un CD e inviai il plico. Purtroppo, questo avvenne proprio mentre Cohen si accorse di essere stato truffato dalla segretaria” .
Il plico non fu mai recapitato al poeta canadese ma fu sicuramente intercettato e bloccato dalla sua poca solerte segretaria che di lì a poco sarebbe finita nell’occhio del ciclone giudiziario e condannata. Peccato, abbiamo perso un capolavoro. Ora non ci resta che ascoltare la poesia di Cohen capace di regalarci ogni sfumatura di un amore sfaccettato come un prisma, di restituirci la rabbia, la disillusione e la satira feroce per un mondo che agli occhi di Cohen non era più quello dell’isola di Hydra, dove tutto era possibile.
Articolo del
10/03/2020 -
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