La musica va al cinema e approda alla Mostra del Cinema di Venezia con una serie di documentari sulle star, da Morricone ai Led Zeppelin, da Cohen a De André, da Ezio Bosso alla Vanoni. Visti in anteprima nelle sale del Lido, i docufilm musicali saranno nei cinema a partire dal prossimo ottobre. Se una macchina organizzativa come quella di Venezia ha messo questo genere di film al centro dell’attenzione cinematografica c’è un motivo: i documentari stanno appassionando sempre di più lo spettatore grazie a una narrazione del reale in stile cinematografico. E poi, in qualche modo, rappresentano una risposta alle tante fiction sui miti della musica che non sempre hanno convinto perché – diciamolo – è difficile scrivere una sceneggiatura esauriente sulla vita di personalità complesse. Giorgio Verdelli, il regista del docufilm su Ezio Bosso offre un’altra spiegazione: “Non ci sono più i grandi miti e si sente il bisogno di riviverli”.
Extra Music Magazine, dopo De André#De André, Storia di un impiegato, continua a raccontare i docufilm che vedremo in questo autunno, a cominciare da Ennio di Giuseppe Tornatore. Due ore e tre quarti volano troppo veloci alla scoperta di un autentico maestro: Ennio Morricone, autore della colonna sonora della nostra vita con memorabili composizioni per il cinema, (ne ha realizzate più di 500), di opere sacre ma anche di moltissime canzoni di successo, quando la musica andava a 45 giri. Suoi gli arrangiamenti di “Sapore di sale”, “Abbronzatissima”, “Se telefonando” e altri successi.
Alla presentazione al Lido, in prima fila, ci sono la moglie di Morricone, Maria, e i figli Flavia, Marco e Giovanni. Sullo schermo, durante la lunga intervista concessa al regista di Nuovo Cinema Paradiso, apparirà a tratti un Ennio anche emozionato nel ricordare l’austerità della sua gioventù. Era un uomo semplice, Ennio - racconta uno dei produttori Gabriele Costa - e in genere si irrigidiva durante le interviste. I rappresentanti della vasta coproduzione, (Italia-Belgio-Cina-Giappone), andarono a proporre il progetto al maestro che inizialmente rimase impassibile. Poi Ennio, senza dir nulla, si alzò e sparì in un’altra parte dell’abitazione per uscirne qualche minuto dopo e accettare la proposta. Cosa era successo? “In quei pochi minuti aveva telefonato a Tornatore dicendogli: “Peppuccio, do il via libera al film solo se lo fai tu”.
L’inizio del film è sorprendente: vediamo Morricone nella sua casa di Roma mentre fa ginnastica, poi i movimenti delle braccia si sovrappongono, solleva una mano come a muovere un’immaginaria bacchetta, la scena cambia ancora ed eccolo sul podio a dirigere la sua orchestra. “Tutti sanno che Ennio dedicava le prime ore del mattino all’esercizio fisico”, spiega Giuseppe Tornatore, “ma io ho sempre pensato che in questa sua pratica non ci fosse solo il desiderio di tenere in forma il proprio corpo. No, era l’espressione rigorosa della sua vita. Esercizi continui per allenare se stesso, per affrontare con lo stesso rigore la sua unica ed eterna passione, la musica”. Le riprese della ginnastica furono fatte perché l’amico Peppuccio convinse Ennio facendogli leggere il soggetto.
Il documentario si basa anche sulle testimonianze di artisti e registi, tra i quali Bertolucci, Montaldo, Bellocchio, Argento, i fratelli Taviani, Verdone, Barry Levinson, Roland Joffè, Oliver Stone, Quentin Tarantino, Bruce Springsteen, Nicola Piovani, Hans Zimmer e Pat Metheny. Il resto lo fa il montaggio di Massimo Quaglia e Annalisa Schillaci e il materiale inedito di cui si è servito il regista ma tutto ruota – vero filo conduttore – sulla musica. Come si fa a non perdersi nel racconto di una vita come quella di Morricone? Tornatore realizza una sorta di romanzo audiovisivo e, a differenza di molti documentari in cui nessun regista sceglierebbe di seguire una linea cronologica col serio pericolo di infilare la storia dentro a una gabbia, in questo caso domina la cronologia. Così il lavoro diventa un punto fermo per chi vuole conoscere meglio il maestro e anche per chi volesse proseguire gli studi delle sue opere.
A un certo punto del film sentirete Morricone fare un’affermazione degna di approfondimento: “Le note non sono più importanti conta quel che il compositore le fa diventare”. Ciò che diede la gloria a Morricone, vincitore di due Oscar, era per lui anche un cruccio. Scrivere per il cinema significava in qualche caso piegare il pentagramma al servizio delle immagini ma Ennio scelse di non rinunciare mai alla propria personalità. “Il regista non deve sapere”, disse, “se ho composto un pezzo su tre note o sette o se l’armonia si svolge su tre suoni. Il risultato finale è servire il film ma la musica deve avere dentro qualcosa che la riscatti a se stessa”. E allora possiamo capire meglio il suo modo di pensare il cinema, la scrittura epica, l’impressionismo dei suoni, il famoso fischio, i rumori che rendono indimenticabili le pellicole. Sono famose le colonne sonore dei western con quella che venne definita la trilogia del dollaro: nel 1964 esce “Per un pugno di dollari” e nel triennio successivo “Per qualche dollaro in più” e, forse il più importante, “Il buono, il brutto, il cattivo” che cambia gli orizzonti della musica italiana.
Una rivoluzione: da una parte l’arricchimento della componente timbrica con segnali sonori non previsti dall’orchestrazione tradizionale, entrano nella partitura la frusta, la campana, l’incudine; dall’altra parte il contrappunto, un dialogo tra le diverse sezioni di strumenti. Ennio non voleva essere identificato per gli spaghetti western, eppure quel fischio che caratterizza “Per un pugno di dollari” finità addirittura primo nella classifica dei 45 giri più venduti, segnando un’epoca con grande stupore persino della RCA italiana che allora era la più importante filiale europea dell’azienda americana. E di quella casa discografica, costruita dagli americani nel dopo guerra in un posto improbabile sulla Tiburtina per dare un contributo alla rinascita di Roma, Ennio sarebbe diventato una garanzia di successo. Come arrangiatore, tra l’altro, contribuì alla nascita della “trilogia del te” quando Gianni Morandi cantava Non son degno di te, Se non avessi più te e In ginocchio da te, brani che diedero vita a un altro genere di film non proprio memorabili, chiamati musicarelli. Questo per dire – come spiega Tornatore - che nessuno riuscirà mai a compilare l’opera omnia di Ennio: “Si sono persi troppi lavori e soprattutto quelli dell’inizio. Sono sparite tante composizioni destinate a trasmissioni radiofoniche degli anni Cinquanta e Sessanta perché lui consegnava gli originali e non teneva alcuna copia. Tra l’altro non si trova più nemmeno lo scritto elaborato per l’esame di composizione, e questo perché i Conservatori buttano via tutto ogni dieci anni”.
È un film delle scoperte. Dalle piccole scene di vita quotidiana, ad esempio la passione per gli scacchi, alla devozione che per Ennio avevano tanti gruppi rock e l’affetto di Bruce Springsteen, il quale gli dedicò diversi concerti in Italia. Il boss ricorda: “Quando vidi il Buono, il brutto, il cattivo ebbi come un’illuminazione e appena uscii dal cinema corsi a comprare la colonna sonora”. Il verso del coyote, il fischio, un marchio di fabbrica dell’impressionismo musicale di Morricone.
Una vita per niente facile. Ennio era nato povero e il padre, suonatore di banda, portava il bambino con sé mostrandogli la fatica di guadagnarsi da vivere con la musica. Ennio studia la tromba al Conservatorio e poi composizione; come tutti i grandi è curioso, vuole sperimentare e innovare perché la tradizione dev’essere studiata a fondo per poterla trasformare. Diverse intuizioni musicali giungono dalla vita quotidiana. A Roma assiste a una manifestazione sindacale e ascolta gli operai percuotere i fusti di metallo: è da lì che nasce il tema musicale di “Sostiene Pereira”.
Tornatore ha ragione: nonostante la meticolosità nel reperire i materiali e la capacità di mettere ordine alla cronologia, da “Mission” alla “Ballata di Sacco e Vanzetti”, a “Uccellini e uccellacci” di Pasolini, (con l’unico esempio dei titoli del film non scritti ma cantati, in quel caso da Domenico Modugno), una vita come quella di Morricone lascia aperta la porta a nuovi approfondimenti. “Sapete qual è il problema”? conclude Tornatore, “lui non è mai stato convinto dalla sua grandezza. Serio e rigoroso in tutto quel che scriveva, non nascondeva mai le proprie emozioni. E negli ultimi anni, il rivangare delle stagioni, hanno rappresentato momenti di grande sofferenza. In realtà non perché ci siano stati grandi eventi negativi ma proprio per quel suo modo di rapportarsi alla musica, una musica profonda che poteva essere non compresa a fondo”.
E allora si capisce la commozione di Ennio nel ricordare con l’amico Peppuccio la strada percorsa dal Conservatorio per raggiungere la casa del suo maestro di composizione. La memoria corre alle prime composizioni: erano tutte scene di caccia. Piccoli quadri musicali dove dominavano gli squilli dei Corni. Chissà forse è da lì che è venuta l’ispirazione per gli spaghetti western, i film di Sergio Leone a tre dimensioni: quello che si vede, ciò che si ascolta e la musica che da sola ci svela il significato di tutto
Articolo del
23/09/2021 -
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