Toglietevi subito il dubbio: se avevate pensato di attendere le 2 settimane che rimangono per arrivare al 15 dicembre, data in cui il colosso Netflix, produttore del film, ha programmato di metterlo a disposizione sulla propria piattaforma, allora avete pensato male. Approfittate di questi pochi giorni per correre al cinema, perché è al cinema che vanno visti i capolavori!
Dopo esattamente vent’anni dal suo primo film, L’uomo in più, Paolo Sorrentino torna a girare a Napoli per raccontare la sua storia più intima e personale. E’ il mio film più importante e doloroso! ha detto il regista a proposito di E’ stata la mano di Dio, presentato al festival di Venezia 2021 dove ha vinto il Leone d’Argento- Gran premio della Giuria e ed è stato scelto come candidato all’oscar 2022 nella sezione Miglior Film Internazionale. Vero: importante, doloroso, ma anche coraggioso. Perché ci vuole coraggio a raccontare la propria adolescenza senza cadere mai nella tentazione di narcisismi e luoghi comuni tipici dei racconti di formazione.
Fabietto Schisa (uno straordinario Filippo Scotti che alla sua prima interpretazione ha già vinto il premio Marcello Mastroianni proprio al festival di Venezia) è un adolescente napoletano che non ha amici, ma una famiglia piccolo borghese del Vomero nella quale trova apparentemente un tranquillo rifugio rispetto al suo vuoto. Si, perché in quella allegra famiglia allargata non manca nulla: una nonna ruspante che divora la zizzona di Battipaglia, uno zio imbroglione e un altro (uno straordinario Renato Carpentieri) che è convinto che il gol di mano di Maradona contro l’Argentina sia un gesto politico, la giusta vendetta contro l’ingiusta occupazione delle Malvinas da parte della Gran Bretagna; una madre che si diverte a fare scherzi, un padre (inutile dirlo, il solito, stratosferico Toni Servillo) che dispensa consigli piccanti al figlio (a prima vòta, Fabiè, non è necessario che vai con una che ti piace: può esse pure nù cesso, ma levate dai ppalle stà prima vòta), un fratello che sogna di lavorare nel cinema ma che viene scartato ad un provino di Fellini perché ha la faccia convenzionale, una zia che a causa della sua sterilità vede San Gennaro che la presenta al monacello della fertilità (una bravissima e bellissima Luisa Ranieri). E poi i vicini di casa: una famiglia tirolese che mangia canederli, una anziana baronessa vedova che gli regala il primo rapporto sessuale con un gesto di altruismo che è pura poesia. Non manca nulla, dicevamo: neanche le ipocrisie che sempre si nascondono nell’ombra del non detto: figli illeggittimi, storie parallele vissute per anni, consapevolezza del tradimento subìto ma difesa della roccaforte famigliare, istituzione sacrale a prescindere. Fabietto sogna l’arrivo di Maradona al Napoli, e quando il sogno diventa realtà e la città entra nel tripudio generale, papà Saverio gli regala, per il suo 17esimo compleanno, l’abbonamento dello stadio per seguire il suo idolo.
Fin qui si ride, perché tutto questo è raccontato come commedia rumorosa, grottesca, disincantata. Poi, l’improvvisa morte di entrambi i genitori, deceduti nel sonno nella loro casa di Roccaraso per la perdita di monossido di carbonio da una stufa a gas. E questo è il momento in cui l’adolescenza del giovane Fabietto si interrompe bruscamente. Ora occorre pensare al futuro, occorre fare i conti con la perdita, occorre diventare grandi coltivando un sogno che seppellisca la realtà: la realtà mi ha deluso, la realtà è scadente confessa Fabietto. Occorre entrare nella carne viva del dolore, dell’abbandono, in quel territorio oscuro della solitudine forzata dove ogni barriera di protezione è stata spazzata via. E questo è il momento in cui il dramma diventa momento di narrazione da cineteca mondiale: l’incontro rocambolesco con il regista Capuano sono 5 minuti da custodire come un regalo prezioso che farà venire la pelle d’oca ogni volta che avremo modo di rivederlo. Per il futuro dobbiamo avere un dolore, un sogno e una storia da raccontare. Fabietto un dolore lo ha, un sogno anche: quello di andare a Roma a fare film. Avete rotto o’ cazzo co sta Roma, ma che c’andate a fà? Solo e’ strunzi vogliono andare a Roma. Guarda stà città quante storie può raccontare…..
Sorrentino, con questo film, ci regala l’ennesima perla decorata con tutto l’amore per una città dove la contraddizione ne è un suo carattere distintivo, raccontata con rispetto, senza mai cadere nel banale, nel superficiale. Un racconto estremamente introspettivo, personale, eppure cosi collettivo, dove il confine tra l’io e il noi è cosi sottile da essere quasi sempre impercettibile, nel bene e nel male. Un film liberatorio, pensato per esorcizzare quel dolore rimasto nelle pieghe neanche troppo nascoste di un’anima malinconica, denominatore comune di tutti i suoi film. Anche perché non credo che un film sia sufficiente a farti liberare da cose che ti segnano per una vita, come ha dichiarato lo stesso regista. Un film sul mare, protagonista assoluto e via di fuga non solo reale, come quella per il contrabbandiere sognatore, ma soprattutto metaforico. Un film sul destino, che in quella città diventa credenza popolare; un film senza musica, scarno, essenziale, dove però Fabietto appare in quasi tutte le scene con il walkman poggiato sulla cinta dei pantaloni. Forse perché per entrare nel dolore non dobbiamo avere distrazioni, dobbiamo prestare attenzione, e l’attenzione è una cosa importante. E ovviamente un omaggio al cinema: a Fellini, naturalmente, che tanto ha influito sulla sua onirica, simbolica, indiretta visione di quasi tutti i suoi film. E a Sergio Leone, con quella videocassetta di C’era una volta in America più volte inquadrata vicino alla televisione di famiglia, che padre e figlio vorrebbero vedere insieme perché i capolavori non hanno confini tra le generazioni. Insomma, sono vent’anni, dall’uscita del suo primo film ricordato all’inizio, che sostengo un concetto che forse mi rende poco obiettivo nel commentare i suoi film. Ed è un concetto molto semplice: per me Paolo Sorrentino è un fuoriclasse assoluto! E lo ribadisco con forza ben sapendo che tutti i suoi film sono stati, almeno nei giudizi del pubblico, alquanto divisivi. Io non so se davvero è stata la mano di Dio a salvarlo da quel terribile incidente in cui hanno perso la vita entrambi i suoi genitori. So, ed ora lo sappiamo tutti, che ha disobbedito al consiglio del regista Capuano: ha avuto perseveranza, ha perseguito il suo sogno, lo ha realizzato, ma per farlo si è trasferito a Roma. Ricordate? Solo e’ strunzi vogliono andare a Roma! Vero, ma lui è un fuoriclasse, e ai fuoriclasse non puoi assegnare compiti o stabilire confini. Alla fantasia, alla creatività, al talento, non puoi assegnare un ruolo definito. E, che siano benedetti o no dal monacello, devi lasciarli liberi di andare ovunque per volare alto. Come Maradona, d’altronde!
Articolo del
30/11/2021 -
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