Di solito a Natale i Cinema sono monopolizzati da cinepanettoni e blockbusters americani, ma per emozionarsi dopo cenoni e tombolate il film ”Le Otto Montagne” tratto dal libro di Paolo Cognetti è un'ottima opzione. Un premio Strega, al romanzo, e il premio della critica a Cannes 2022 sono le premesse e le garanzie della produzione cinematografica italo-franco-belga, uscita nelle sale italiane il 22 dicembre, in tempo per allietarci le festività natalizie.
L'accoppiata attoriale Luca Marinelli/Alessandro Borghi fa il resto per convincerci a uscire e andare in sala: con loro protagonisti prenderebbe quota anche la recita di Natale dell'oratorio. In secondo piano passano, per lo spettatore italiano, la coppia di registi belgi a noi per lo più sconosciuti, almeno a chi non ha con il cinema autoriale un rapporto così intimo.
Il film, in estrema sintesi, vale il prezzo del biglietto e la fatica di trovare parcheggio in città durante le feste: ci si emoziona, si partecipa alle vicende umane dei protagonisti, si ammirano le scene in montagne, mai didascaliche, secondo la scelta dei registi di optare per un formato ridotto di proiezione, proprio per rendere il carattere intimo (psicologico) della storia e non stordire lo spettatore con la bellezza visiva intrinseca della natura valdostana e hymalaiana.
Il plot è tanto semplice a dirsi che quasi si stenta a credere che il film duri quasi due ore e venti: l'amicizia tra Pietro (Berio) e Bruno si snoda negli anni, dall'infanzia alla (quasi) maturità dei trentenni, tra sofferenze intime e reali, con la montagna sempre a fare da sfondo e piedistallo alle vicende dei due protagonisti. La diversa estrazione sociale, uno cittadino di famiglia borghese l'altro montanaro dalla famiglia instabile, il rapporto con i genitori, con le donne, con la montagna costituiscono la vera essenza del film, al di là delle suggestioni che la scenografia naturale possa ispirare.
Per chi come me non crede che la montagna renda di per sé saggio l'uomo (Hitler amava la montagna...) e che non ha letto il romanzo/fenomeno editoriale di Cognetti, il film ha il pregio di raccontare con delicatezza e senza clamori storie solo apparentemente ordinarie, in realtà simboliche del nostro stare in un mondo che non comprenderemo mai fino in fondo; ha invece il difetto di voler dire troppo (mai noioso ma comunque troppo lungo), finendo col dire poco delle motivazioni intime dei personaggi.
Marinelli e Borghi imponenti, come le montagne alle loro spalle: usciti dal cinema, viene voglia di rivedere “Non Essere Cattivo”, il film di Claudio Caligari che ha reso questi due attori già miti in giovanissima età, da recuperare e ammirare, per bearsi della loro bravura e omaggiare il cinema del mai troppo compianto regista avaro di produzioni ma ricco d'arte.
Articolo del
26/12/2022 -
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