Robert Eggers aveva stupito tutti nel 2015, pubblico, critica e colleghi, con il suo film d’esordio ”The Witch”, che vinse il premio per la miglior regia al Sundance film festival e che fu definito come uno dei film horror più inquietanti degli ultimi anni. Per questo motivo, non amando particolarmente il genere ed essendone di solito molto impressionato (negativamente), non andai a vedere “The Witch”, e ancora oggi ogni tanto me ne pento ma resisto comunque alla tentazione di recuperarlo, per non dover passare poi le successive notti inquiete… Evidentemente, gli algoritmi di intelligenza artificiale di Netflix sono particolarmente sofisticati e hanno intercettato questa mia pulsione, trovando il modo di farmi recuperare il genio cinematografico di Eggers proponendomi l’anteprima di un film all’apparenza meno agghiacciante, ma che si è poi rivelato parecchio inquietante e del pari avvincente: ”The Lighthouse”, prova seconda del regista del 2019.
Il film è prodotto dall’ormai noto atelier indipendente statunitense A24 (quello del pluripremiato ”Everything Everywhere All at Once”) e dal punto di vista strettamente tecnico-stilistico rappresenta comunque se non un unicum (basti citare la scelta della pellicola e le tecniche di ripresa adottate dal duo belga de ”Le Otto Montagne”) un elemento di originalità nel panorama cinematografico degli ultimi anni: girato in 35 mm, con lenti vintage Bausch e Lomb, pellicole speciali in bianco e nero e filtri ordinati appositamente ad un’azienda specializzata tedesca per rendere l’atmosfera, allo stesso tempo iperrealistica e allucinatoria, del film assolutamente unica. Anche la scelta della location è stata attenta e non così usuale per un film indipendente dal budget non faraonico: i registi hanno optato per costruire dal nulla un faro ed edifici annessi in Nuova Scozia, provincia all’estremo orientale del Canada, riservando le riprese degli interni ad un set allestito in un hangar dell’aeroporto di Yarmouth nella stessa provincia e recandosi nel capoluogo della provincia Halifax per le sessioni di soundstages.
A confronto dei budget spesi dalle produzioni mainstream (cinema e serie) soprattutto per effetti speciali appariscenti o per confezionare prodotti perfettamente patinati, la scelta produttiva di Eggers appare in assoluta controtendenza: solleticare e impressionare non gli occhi ma l’anima dello spettatore. Lirismo versus sensazionalismo. Anche la scrittura del film (a quattro mani con il fratello Max, cui si deve l’idea originaria del film da un racconto di Poe) risulta del tutto sui generis: a un plot semplicissimo - che gira attorno alle vicende di una coppia di guardiani del faro di fine ‘800 che l’inatteso maltempo costringe all’isolamento ben oltre le due settimane previste – fanno da contraltare riferimenti alla mitologia greca, rimandi ai primordi della psicologia moderna e una lingua a metà tra lo slang dei marinai e l’inglese colto dei romantici inglesi.
La prova attoriale, in definitiva, fa sì che valga veramente la pena dedicare una serata alla visione di questo film: Daniel Dafoe assolutamente fantastico, così sempre straordinariamente sopra le righe da lasciarci sbalorditi di tanta bravura. Il suo monologo sotto vangate di terra che gli inondano il volto, la bocca penso possa essere annoverato nella storia del cinema, giusto un gradino sotto Rutger Hauer di Blade Runner. Per Robert Pattinson vale un discorso a parte: se da Dafoe era lecito aspettarsi una grande prova, con Pattinson lo spettatore italiano ha ancora bisogno di conferme, troppo forte l’eco della prova attoriale scialba e sempre uguale a se stessa della saga di “Twilight”. Qualche segnale positivo l’attore ce lo aveva dato con “Tenet” di Christopher Nolan (successivo a questo film ma uscito prima in Italia) ma qui veramente merita la standing ovation per l’intensità dei dialoghi più accesi, la verosimiglianza degli accessi schizoidi, le espressioni facciali da cinema muto così disperanti e convincenti. Insomma, “There is enchantment in the light”, come recita il sottotesto del film, la luce porta incanto ma anche incantesimo, sortilegio, tanto che Eggers ha dichiarato che avrebbe avuto piacere di mostrare il film a Jung e Freud, vederli gustarsi la pellicola sgranocchiando popcorn: lasciate che succeda anche a voi.
Articolo del
19/04/2023 -
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