Ancora lo scorso fine settimana era impossibile trovare un biglietto in sala al Nuovo Sacher, se non premunendosi di acquistarlo in anticipo di almeno un paio di spettacoli; nelle altre sale della capitale, invece, l’affluenza appariva costante ma moderata...eppure il film, secondo i dati di Mymovies.it, al 25 aprile aveva superato il milione di euro di incassi e restava sul podio dei film più visti, dopo Super Mario Bros e La casa e subito prima de L’esorcista del Papa (immaginiamo l’espressione di Nanni Moretti al cospetto di cotanti vicini di podio…). Certo, la copertura dei costi appare molto lontana (alcuni dati apparsi su wikipedia.it attestavano un costo di produzione di oltre i 12 milioni di euro, ma al momento tale stima non risulta più disponibile) ma il film riscuote comunque un discreto successo e le critiche sono per lo più buone (Mynometer = 3.83/5, di poco più favorevole la critica rispetto al pubblico), soprattutto da parte di una certa stampa sensibile alle lusinghe e alle atmosfere del regista romano.
Di Moretti non è possibile - e neanche consentito – parlare male e di certo non voglio farlo io. Sono cresciuto con i suoi primi film, penso abbia rivoluzionato la narrazione tipica di un certo cinema italiano troppo “claustrofobico”, rimarcandone temi e ambienti ma con un graffio non consentito ai più, svincolandosi dall’obbligo morale di reiterare i registri della commedia all’italiana, e lo ritengo un talento assoluto. Tuttavia, questo film proprio non mi è piaciuto. Sul finire degli anni ’90 uscì un film geniale, della coppia artistica Kaufman\Jonze, “Being John Malkovich”, avete presente? In quel film il protagonista si ritrova a un certo punto all’interno della testa del celebre attore statunitense (se non lo avete visto, dovete assolutamente vederlo!): bene, Il sol dell’avvenire non usa questo espediente narrativo ma vi assicuro che passerete un’ora e mezza, per lo più noiosetta, in compagnia delle ossessioni (ormai un po’ stantie, tipo quella delle scarpe…), delle riflessioni politiche (questa volta per la verità poco profonde e originali…) e delle depressioni da crisi di anzianità (manca solo la lamentela per la gotta…) di uno dei più grandi registi italiani.
La trama de ” Il Sol dell’Avvenire“ si snoda intorno a 5 film: quello che state guardando, quello che Giovanni, il regista protagonista (ovviamente, Nanni in persona), sta girando, quello che Giovanni, sempre lui, immagina mentre dorme, i film che Giovanni, sì sì sempre lui stesso, vede nel suo salotto e quello che i due protagonisti del film che Giovanni sogna vedono in un cinema mentre appunto sogna Giovanni…ah, alla fine vi tocca anche una parata di vecchie glorie del “suo cinema” su via dei Fori Imperiali, una sorta di 2 giugno alla memoria (o, se proprio siete ottimisti, un’ode alla sua rinascita…boh).
Fatta eccezione per una scena in cui Giovanni osserva basito i funzionari di Netflix che lo invitano a inserire nel suo film un momento Whatthefuck! (che poi pure questa storia di rosicare per le produzioni delle piattaforme streaming e per i produttori coreani sa un po’ di resa alla contemporaneità…) e un’altra, per la verità troppo lunga, in cui impedisce a un giovane regista di girare una scena perché troppo futilmente violenta (che pure qui, la scena fa sorridere ma il pippone etico-cinematografico annoia), il film scorre via senza un perché, uscite e pensate che tutto sommato lì fuori c’è un sacco di vita vera. Alla prossima, Nanni!
Articolo del
27/04/2023 -
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