Un titolo come “Beato chi” lascia trapelare tanto del punto di vista di questa giovane nuova voce della scena d’autore italiana. Giulio Spagnolo, leccese, approda al suo primo lavoro di inediti e gioca con i suoni, tra futuro e un passato rocambolesco di visioni piratesche… si cala nella parte anche in un certo modo di pensare all’estetica ma non disdegna affatto un certo arrangiamento fatto di elettronica e suoni strutturati. Potenza della lirica disse qualcuno di famoso e su questo piano, adagiandosi anche a comodi spoken words, il nostro ha belle carte da giocarsi.
Lecce è terra di mare e dunque di contaminazione. Sarà questa la ragione principale di questo suono? Di sicuro sarà una delle ragioni, ma appunto non l’unica, il mare ha avuto un ruolo importante, cosi come lo è la provenienza di ognuno; è importante mostrare e indossare i colori della propria terra, ma c’è stato un fattore fondamentale che mi ha portato ad unire suoni provenienti da altre terre: il mio bagaglio musicale, che ho iniziato a riempire da bambino ma che ho continuato mentre scoprivo nuove culture, i suoni di questo album sono il riassunto sonoro del mio viaggio.
Pirati, libri, scenari decisamente antichi come anche nel video… dove nasce tutto questo immaginario? Tutto si è sviluppato facendo un viaggio indietro nel tempo, l’obbiettivo era quello di riportare un cantastorie proveniente dal passato incastrandolo in una società che non concede spazio e tempo all’ascolto tra persone. Perché una ciurma nell’album?! Perché loro sono realmente i membri della mia ciurma, una squadra di musicisti che mi accompagna da tempo e quella che si sente è unicamente la loro voce. Ci ho tenuto fin da subito ad esprimere un forte senso di gioco di squadra perché ho sempre basato la musica sulla condivisione.
E se questo disco prendesse anima e voce da un libro? Quale romanzo di avventure sarebbe? Sinceramente vorrei tanto riuscire a dare un titolo di riferimento ben preciso ma credo che non sia possibile perché tutto ciò che vive nella scrittura dell’album non lo ritrovo in un solo libro, anzi questo è un motivo per ricercare il vero romanzo a cui il disco appartiene
L’emancipazione dell’uomo, in tante forme diverse, sembra un punto chiave del disco. Stiamo diventando cosa e chi? Sarebbe bello riuscire ad approfondire questo argomento in tutte le sue sfaccettature, è vero, il disco è in parte un tuffo nella libertà di pensiero, libero da pregiudizi e aperto al confronto, fattori che ad oggi vivono un’intensa sofferenza. Ci consideriamo liberi, democratici, socialmente attivi, per poi vedere annerire la propria anima nell’individualismo che chi ha regalato un eccessivo progresso.
E alla fine, i sogni di rivalsa del clown, nella vita di tutti i giorni cosa diventano? Metaforicamente rappresentano l’evasione dalla precarietà, come ben vengono nominati nella domanda, quelli di Mario restano appunto dei sogni, ovvero diventano un punto di forza per tutte quelle persone che vivono un oppressione sociale.
Articolo del
10/01/2023 -
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