Con una splendida rossa, cominciamo una serie di interviste a cantautrici, donne che si occupano di musica, teatro e libri in musica. Insomma avanti rock girls. Ecco la nostra favolosa prima ospite di una lunga serie. Cantante, cantautrice, autrice, performer, educatrice/operatrice culturale, vocal coach, founder & director G StudioLab: vocal studio specializzato in didattica del canto, della voce e della parola, e promotore di eventi artistici e culturali, Giorgia Bazzanti collabora con partnership di rilievo a livello nazionale ed ha aperto concerti e condiviso il palco con grandi nomi della musica italiana (come Finardi, New Trolls, etc). Oltre ad un Ep e alcuni singoli, nel 2019 pubblica “Non eri prevista”, album frutto di collaborazioni importanti e prodotto da Guido Guglielminetti (storico bassista e produttore di De Gregori). Finalista Area Sanremo, ha vinto vari premi e conseguito riconoscimenti degni di nota, è stata inserita in pubblicazioni nazionali e coinvolta in alcuni progetti europei. Attualmente si divide tra concerti, reading, didattica, performance e contesti legati a tematiche sociali e culturali, in particolar modo riferiti alla condizione femminile nel mondo della musica e della società in generale, collaborando anche con Michele Monina (noto scrittore e critico musicale) per spettacoli e talk (“Rossa come le streghe”, etc). Opinionista su Cusano Italia TV, lavora inoltre per festival, giurie ed etichette discografiche.
Così giovane con già una così brillante carriera. Quando hai iniziato a capire che la tua era una professione e non più solo un sogno poi diventato materia? Grazie! Già da ragazzina in realtà miravo a formarmi nel modo più professionale possibile: durante l’università, prendevo un sacco di treni per lezioni di canto e teatro tra masterclass e accademie fuori regione… per poi ritrovarmi a unire entrambi gli aspetti: umanistico ed artistico. Quando mi si presentò il bivio davanti ho cercato di unire le strade invece che prenderne una sola e credo di averlo capito in quel momento.
Tu sei parte di un nuovissimo giro di donne che fanno musica e si autoproducono. A parte lo scrivere canzoni, qual è la parte che più ti entusiasma di tutto il "pianeta musica"? Dal 2016 collaboro con G. Guglielminetti (storico bassista e produttore di De Gregori) che ha curato la produzione artistica del mio album “Non eri prevista” e di alcuni singoli. Ma il mio primo ep è stato appunto autoprodotto e, al di là dell’etichetta che ora segue i miei lavori, mi occupo comunque da sempre di vari aspetti legati alla promozione di ciò che faccio. A ciò, da qualche anno si aggiunge anche il lavoro che mi vede come direttrice e founder del G StudioLab: il mio studio specializzato in didattica del canto, della voce, della parola, ma anche punto di riferimento della mia attività a più ampio raggio. Credo che la cosa più entusiasmante per me sia proprio questa: la bellezza delle collaborazioni le quali arricchiscono sia umanamente sia artisticamente, trovare dimensioni e sensibilità in cui ci si riconosce, e il poter dare voce a tutte le sfumature che compongono la mia identità e personalità.
Oltre a cantare e a scrivere i tuoi brani, sei anche una coach. Cosa consigli a chi inizia questo lavoro? Credo nella formazione e nel saper riconoscere i veri incontri preziosi. Ci vuole inoltre molta umiltà, pazienza e, allo stesso tempo, una buona dose di intraprendenza. Bisogna nutrirsi di studio ed esperienza, imparare a darsi tempo, assaporare il valore delle attese e predisporsi all’errore perché solo così si può lavorare a fondo e trovare la strada che più ci appartiene.
Sei una delle cantautrici che attualmente si sta occupando anche di problemi legati al sociale e in special modo al mondo femminile. Cosa ti spinge ad occuparti di queste attività? Già dal mio primo album, mi premeva poter mettere al centro un’idea di femminilità oltre stereotipi e pregiudizi. Da lì in poi la mia attività artistica si è sempre più legata a quella che mi vede come operatrice culturale nel sociale, andando ad indagare – attraverso talk, progetti a scuola, performance, eventi culturali di vario tipo – tutti gli aspetti legati a stereotipi di genere, all’importanza e al potere del linguaggio per una cultura del rispetto e della parità, al porre in evidenza le disparità di genere nella società e nel mondo dell’arte e dello spettacolo. Credo che ognuna di noi possa dire – purtroppo - di essersi ritrovata ad aver a che fare con atteggiamenti sessisti e discriminatori nell’ambito personale, artistico e lavorativo. Ho capito quanto ha fatto la differenza per me trovare il coraggio di “alzare la voce”. E il tema dell’identità, della libertà, del corpo, della parola, della consapevolezza, dell’autoaffermazione e dell’autenticità sono per me punti cardine in tutto ciò che faccio e che sono.
Un tuo modello da seguire o che rimane per te ancora oggi un faro? Non ho un unico modello di riferimento… Però posso dire, come scrissero in una recensione, di sentirmi particolarmente “abbracciata” alla canzone d’autore e d’autrice, ad un mondo in cui la ricerca interiore, personale e sulla parola, acquisisce grande valore.
Joan Baez o Lucinda Williams, Alice o Paola Turci? Joan Baez con un calice di rosso, Lucinda Williams mentre viaggio libera, Alice da ascoltare in compagnia e Paola Turci da riscoprire ogni volta.
Sei da questa edizione 2023, anche una delle organizzatrici del Lady Pink Festival ideato dalla scrittrice e Dj, Laura Pescatori. Si è da poco conclusa la 5° edizione. Ci racconti un pò di questa avventura? Ho accettato con grande piacere di entrar a far parte del team del Lady Pink Festival, ideato da Laura Pescatori appunto ed organizzato insieme a me, Giulia Massarelli ed Eleonora Tagliafico. Ero già stata ospite l’anno scorso come cantautrice ma l’edizione di quest’anno mi ha vista sia interna alla direzione artistica sia come performer. Attraverso talk-presentazioni di libri-live-reading-djset,mostre, in spazi culturali tra Terni e Roma, abbiamo posto in rilievo il tema del sessismo nel mondo dell’arte e della musica, cercando di dare visibilità e spazio ad una figura femminile che rimane troppo spesso al margine, sottolineando l’importanza di fare rete e di creare inclusione. Ne sono stata felice sia per la riuscita sia per aver contribuito con una figura che ad oggi racchiude molte sfumature.
Cosa ti piace della musica di oggi? Soprattutto ciò che rimane sommerso, sconosciuto, fatto con studio e sudore. Mi piace chi sa ancora generare bellezza al di là di canoni imposti. Chi resiste ed esiste, anche senza troppi riflettori puntati addosso.
I Maneskin sono per te rock? I Maneskin appartengono più ad un genere pop rock. Credo che le polemiche che si muovono intorno a questi ragazzi dovrebbero spostarsi più verso un “sistema” e verso regole di mercato che poco hanno a che fare con le loro capacità o il loro genere specifico. Tra l’altro possono piacere o meno ma di certo sanno tenere un palco e affrontare interviste con una maturità ed una capacità per nulla scontata.
Con chi vorresti fare un duetto? Nel 2014 duettai con Eugenio Finardi e sentii di aver già esaudito un desiderio! Quando ti ritrovi a cantare con un big della musica provi un senso di gratitudine misto a responsabilità che ti fa crescere molto. E già senti che non smetterai mai di imparare.
Prossimi lavori in uscita? Sto tornando a scrivere dopo tanto. Ho lasciato al mio album il tempo che chiedeva perché si è tra l’altro trasformato in tanti progetti ulteriori non rimanendo mai identico a se stesso. Ora sto cercando di far maturare sempre più quel “fil rouge” che unisce “Non eri prevista” a “Rossa come le streghe” - spettacolo nato in collaborazione con Michele Monina - per portare ancor più a compimento questo mio sentirmi “intera”, con tutti i temi a me più cari ed esposti poche righe sopra.
Cosa pensi della trap? Che non esistono generi brutti e generi belli. Che non esistono neanche confini netti. Esiste la musica fatta bene e quella fatta male. La trap affronta temi difficili e anche con un linguaggio discutibile ma ha una sua storia oltreoceano che andrebbe conosciuta invece di rimanere ancorati solo a ciò che passa oggi in radio. Ci sono mondi da esplorare, fosse anche solo per criticare in modo mirato e più consapevole… O per comprendere i motivi che portano la Gen Z a sentircisi così rappresentata… Eccolo uno dei poteri della musica: poter aprire un dialogo. Sarebbe bello accadesse più spesso.
Articolo del
07/11/2023 -
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