Con ”Fuori piove una canzone di Jannacci”, Cosimo Damiano Damato conclude (per Compagnia Editoriale Aliberti) la sua Trilogia dell’amore, delle inquietudini e delle rivoluzioni. Iniziata nel 2017 con “La quinta stagione” e proseguita nel 2022 con “La disperazione di Kurt Cobain”,questa trilogia giunge al suo culmine con “Fuori piove una canzone di Jannacci”. L'autore, già noto per le sue incursioni nel cinema, teatro, musica e letteratura, si conferma un artista poliedrico capace di esplorare e comunicare attraverso diverse forme d’arte.
Il nuovo libro è un atto civile d'amore e anarchia verso la poesia, presentandosi come un antidoto alla deriva esistenziale. Le poesie antifasciste di Damato si rivolgono agli ultimi del mondo, narrando storie che contaminano il vissuto umano e artistico dell'autore con una visione neorealista. Ogni pagina è permeata di emozioni e sensazioni, creando un'esperienza olfattiva che canta e narra storie, offrendo al lettore l'opportunità di scoprire nuove visioni, fantasie, sogni, rivoluzioni e follie. «È possibile che la poesia serva a salvare la vita – scrive nella prefazione Ernesto Assante - di certo di chi la legge, probabilmente di chi la compone. E quando la poesia, come nel caso di Cosimo Damiano Damato, si lega a doppio filo con la musica, anche se resta doverosamente silenziosa sulla carta, il gioco diventa sopraffino».
Cosimo Damiano Damato è un artista visionario e allo stesso tempo carnale. La postfazione di Stefano Senardi conferma la musicalità dei versi di “Fuori piove una canzone di Jannacci”, annunciando la possibilità di realizzare un disco. Come ha scritto in passato Angelo Molica Franco: «La voce di Damato è assai concreta, diretta, e cioè narrativa. Potremmo definire a ragione tali scritti dei cuentos, nella migliore tradizione di Robert Musil o dei fragments alla George Perec. Le immagini mentre derubano una realtà universale, inchiodano ognuno di noi come un colpo di pistola. O per meglio dire, sanno svelare e interpretare i desideri, le mancanze, gli incubi, le aspettative del cuore umano. Una coraggiosa ricerca linguistica». Senza dimenticare i preziosi, profetici e seminali versi di Alda Merini dedicati a Damato: «Cosimo, Io e te siamo amici di pietà nascoste… Certamente una nuova specie che nascerà nel futuro».
Artista a 360°. Cosa vuole comunicare Cosimo con questa sua ultima bellissima opera letteraria? E’ la mia resistenza civile attraverso la poesia per fare quel “turno di notte per impedire l’arresto del mondo” – per citare Izet Sarajlic. La poesia può. Alla fine degli anni cinquanta davanti alla prigione di Leningrado fra la lunga fila infreddolita di parenti dei prigionieri in attesa delle visite c’era anche la poeta russa Anna Achmatova. Una donna svuotata dalla fame la riconosce (in Russia i poeti erano famosi) e le chiede “A eto vi mojete opisat’?”, e questo voi lo potete descrivere?, Anna le risponde: “Mogù”, posso. Ecco la forza della poesia e il destino dei poeti. Le loro parole scaldano, nutrono, offrono l’occasione di osare la speranza anche in mezzo a due guerre. Questo libro è concepito come una sorta di Roxy bar dove ritrovarsi a bere, piangere, combattere, maledire, benedire e difendere la vita e la libertà.
Oggi stiamo assistendo ad una vera deriva esistenziale. La poesia ci salverà? Tengo molto al fatto che sia un libro di poesia Antifascista! La deriva non è solo esistenziale ma anche valoriale. Tuttavia nutro una grande fiducia nei giovani di ultima generazione. Ragazzi che mettono il proprio corpo e la propria esistenza per difendere la salute della terra e questo mi commuove e mi conforta. Quindi sì, la poesia ci salverà, ma la poesia non sono solo versi stampati su un libro ma è l’azione civile di questi ragazzi che manifestano per la pace sfidando i manganelli fascisti a Pisa come a Firenze, Roma e Torino. La poesia riesce a curvare la vita, c’è un riscatto sociale, una occasione di vita. Ecco perché è centrale oggi il ruolo degli intellettuali. In questi anni ho portato al cinema storie d’impegno civile - penso al cartone animato La luna nel deserto del 2008 (con le voci di Renzo Arbore, Violante e Michele Placido) in cui racconto la storia d’amore fra una gazza nera ed una colomba bianca o al film breve Tu non c’eri – scritto con Erri De Luca e Piero Pelù nel ruolo di un padre assente perché impegnato nella lotta politica degli anni ottanta, a teatro “Riace Social Blues” con Mimmo Lucano (grazie anche al coraggio del produttore Antonio Convertini). Nello spettacolo Elettroshock – con Antonella Ruggiero c’è un monologo tratto da “Fate l’amore” – un dialogo con Alda Merini (tornato in libreria in questi giorni per compagnia Aliberti in una versione aggiornata) - in cui parlo della poesia che salva - È la poesia che ci salva. Non vergognatevi della poesia. Cercate quel verso che manca alla vostra vita, cercatelo nella curva di una donna o di un uomo, nelle pieghe sotto uno sguardo. Nell’odore di una chiesa o nella confusione di un tram. Cercate quel verso sull’albero che avete piantato o in una foglia rossa prima di morire. Cercate quel verso mancante nella corsa a gambe incrociate di un bambino. Nel dolore di un addio, nell’attesa di un figlio, di un amante, di un nuovo mattino. Cercate quel verso in un libro trovato a poche lire sul banco nostalgia. Cercate quel verso in una notte di veglia… per chi è partito senza preavviso, cercate quel verso scritto dal carcere, in mezzo ad una guerra, su una barca sfondata, in fondo al mare, fuori da un liceo con il pugno alzato. La poesia c’è sempre, anche nelle sconfitte, nelle cadute. Cercate quel verso […]
C’è una similitudine tra Kurt Cobain ed Enzo Jannacci? Bellissima domanda. Credo che Kurt Cobain avrebbe voluto un padre come Enzo Jannacci ed il “poetastro” si sarebbe preso cura di lui come un figlio da salvare. Jannacci ha cantato anche la disperazione di Kurt Cobain – nella sua grande visione profetica e compassionevole nel saper raccontare gli umili, le storie dolorose. Jannacci è uno dei più grandi poeti del Novecento che ha saputo cantare di gente alla deriva con il suo ghigno musicale appassionato e le scorribande teatrali riuscendo ad essere struggente, cantando nel senso omerico più puro di gente alla deriva, di storie precarie e lotte silenziose, fra dignità e poesia, ambientate fra le fabbriche della periferia milanese. Jannacci è riuscito a raccontare il naufragio del sopravvivere con liriche farfugliate dal ritmo asincrono, le sue visioni surreali dove le parole vengono costruite intorno a divaricazioni comiche e sincere ma che hanno la forza di dilaniare il respiro e devastare l’apparente serenità. ….Sapete che mio figlio si chiama Christian Nirvana? È nato quando Kurt se né andato.
Ti senti più vicino a Don Gallo o a Cobain? Sono della generazione che ha conosciuto i Nirvana sui banchi di scuola- Nella poetica di Cobain c’era tutta la mia inquietudine di allora. Quindi ho indossato il maglione a strisce di Kurt, la sua sofferenza, il suo dolore. Oggi mi sento più vicino a Don Gallo – incontrarlo mi ha cambiato e riappacificato con Dio. Con Don Andrea abbiamo realizzato il film Prima che il Gallo canti – c’è una sequenza in cui Vasco Rossi con la sua saggezza filosofica esprime in maniera poetica e direi anche sacra il suo insegnamento di fraternità e amore verso qualsiasi fragilità e diversità – ecco Kurt che ritorna.
Un libro bello e “verace”. Stai già lavorando al tuo prossimo progetto letterario? Sì ed è un romanzo. L’ora d’aria in cui racconto dell’incontro fra Antonio Gramsci e Sandro Pertini nel carcere di Turi.
Quanta musica c’è in questo momento nella tua vita? Tantissima. Ascolto di notte “Vitamia” di Gian Maria Testa mentre lavoro ad un nuovo testo teatrale su Don Chisciotte con Erri De Luca. “Real Gon” di Tom Waits al mattino come sveglia. “Road” di Alice Cooper in cuffia mentre faccio le mie camminate lungo il mare. In questo preciso istante, mentre rispondo a questa intervista – sto ascoltando in loop il disco Hasta siempre Mercedes – di Simona Molinari – disco nato dal nostro spettacolo teatrale El pelusa y la negra – la storia cantata di Diego Armando Maradona e Mercedes Sosa (saremo il 18 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma) – la tromba di Paolo Fresu in “Cancion de las simples cosas” è la voce di Dio. Nei prossimi giorni entrerò in studio per registrare un disco di poesia – come si faceva negli anni sessanta. Si chiamerà L’ebano, l’avorio e la macchina da scrivere – l’ebano e l’avorio sono il contrabbasso di Giuseppe Bassi e il pianoforte di Maria Gabriella Bassi mentre la macchina da scrivere i miei versi. Un disco che dedicherò ad Ernesto Assante per la sua generosità artistica.
L’amore muove ancora i fili del mondo o è solo il Marketing oggi ciò che conta? Abbiamo bisogno di occhi negli occhi, di annusarci, di sentire la pelle, la voce. Non amo i social, gli influencer e tutto ciò che è artificiale. Artaud diceva “la rivoluzione più urgente da compiere è una sorta di regressione nel tempo” e ii viene in mente anche una vecchia canzone di Lucio Dalla “Io credo che il dolore che ci cambierà […] Io credo che l'amore, è l'amore che ci salverà”.
Hai lavorato con grandi artisti, con chi ti piacerebbe in questo momento fare una collaborazione? Intanto mi piacerebbe realizzare con Paolo Jannacci una versione teatrale di Fuori piove una canzone di Jannacci. Altri artisti con i quali mi piacerebbe collaborare in futuro sono tanti: Nick Cave, Michele Riondino, Francesco Bianconi, Roberto Benigni, Matilda De Angelis, Slavoj Žižek, Mimmo Paladino, Stefano Massini, Carmen Consoli, Roberto Saviano e infine la più grande rockstar di questo secolo- Papa Francesco.
Articolo del
07/04/2024 -
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