Li abbiamo incontrati a Roma, due ore prima del loro concerto al Monk, prima data italiana in assoluto.
Comodamente seduti sui divanetti di vimini del cortile esterno, ma quanto mai impegnati a combattere i morsi delle zanzare, che avevano preso di mira in particolare le gambe e le braccia di Karla Chubb, chitarrista e “vocalist” della band. Accanto a lei, Jack Callan, il batterista, Sam McCann, il bassista e Zac Stephenson, il nuovo chitarrista, che ha sostituito Colm O’Reilly, che ha lasciato il gruppo per motivi personali.
Il concerto di questa sera coincide con la promozione di “All That Is Over”, il nuovo album, in uscita il 26 Settembre, e costituisce per noi l’occasione per conoscerli meglio.
Come vi siete formati come band? Venivate tutti da esperienze musicali diverse?
“Avevamo fatto esperienza in piccoli gruppi locali, ma niente di importante. Gli Sprints sono nati circa cinque anni fa e costituiscono la nostra prima vera avventura musicale.”
Siete tutti originati di Dublino. Avevate esperienze professionali, lavorative in genere, prima di dedicarvi interamente agli Sprints?
“Karla lavorava nella pubblicità, altri all’Università, mentre il nostro nuovo chitarrista era cuoco in un ristorante. Soltanto da un anno abbiamo mollato tutto e ci dedichiamo soltanto alla band.”
Da cosa traete ispirazione quando è il momento di scrivere la vostra musica e i testi delle canzoni?
“Dalla lettura di libri, racconti e poesie. Ma anche da alcuni passaggi della Bibbia, devo dire. Ci sono poi le notizie devastanti di cronaca e di politica internazionale che leggiamo sui giornali o ascoltiamo dai notiziari in tv.”
Come nascono le vostre canzoni?
“In un mix di suoni di chitarra acustica e di testi scritti. Non abbiamo un modo unico di lavorare. Molti di noi hanno una impostazione “country folk”, anche se poi gli sviluppi più recenti possono sembrare diversi. “
Chi si occupa della scrittura dei testi delle canzoni?
“Karla, è lei che compone le liriche dei brani. Poi magari ci sottopone quello che ha scritto, ma non succede sempre (risate)”
Ho ascoltato attentamente “Letter to Self “ e devo dirvi che mi è piaciuto molto. Era un album essenzialmente autobiografico. In che modo il nuovo disco è diverso?
“Il nostro primo lavoro era basato su esperienze personali o racconti di amici intimi, è vero. Questo album invece abbraccia un qualcosa che è più universale, che riguarda la vita di tutti.”
Anche sotto il profilo musicale il disco è diverso. Ci sono più ballate acustiche - mi riferisco a pezzi come “Better” o “Desire” - e c’è un approccio nettamente più psichedelico che conduce poi, attraverso inesorabili crescendo, ad una esplosione finale
“ I nostri chitarristi hanno radici psichedeliche e adorano band “shoegaze“ come i My Bloody Valentine , per esempio, ma ascoltano anche i Viagra Boys. La nostra “vocalist” invece è più sul versante “punk rock” ed è cresciuta ascoltando i dischi di Patti Smith, di Siouxsie e di P.J. Harvey. Comunque è vero. il nuovo album è diverso, è più universale, come abbiamo detto, ma anche più complesso musicalmente.”
Vi hanno definito come un gruppo “post punk” o in altri casi come una band “garage punk”. Voi come definireste la vostra musica?
“Non ci interessano le etichette. Ci hanno collegato a tutte le altre band irlandesi dell’ultimo periodo (Fontaines DC, Murder Capital, Gilla Band), ci hanno chiamato “post punk”, ma a noi sta bene così. Non importa se è vero o no. Accettiamo tutte le definizioni. L’importante è fare la nostra musica, fare rumore” (risate).”
La frase “All That is Over” (“Tutto Quello Che Non Esiste Più”) è stata scelta sia come titolo del nuovo album che come parte delle liriche di una nuova canzone: “Beg”. Cos’ è che è finito? Cos’è che manca?
“C’è una mancanza totale di umanità, sia nei rapporti umani che nella politica internazionale. Ci sono guerre ovunque, il nazionalismo è al governo in tante nazioni e assistiamo inermi al genocidio del popolo palestinese. Tutto questo è inconcepibile, è assurdo. Non pensavamo proprio che potesse succedere oggi, nel 2025. Stiamo regredendo, inesorabilmente. E siamo tutti molto tristi per questo. Siamo anche molto arrabbiati, devo dire.”
Può la musica essere di conforto, di aiuto in tutto questo?
“La musica è una necessità, è una terapia: permette di dare sfogo alla nostra rabbia, all’ansia e al dolore. Certo, la disillusione rimane ed è un sentimento forte. Proprio per questo la musica in particolare, ma anche la letteratura e l’arte in generale, costituiscono un rimedio efficace. Sono un modo per restare vivi, per sopravvivere al male.”
C’è una vostra nuova canzone, molto efficace, molto tosta, intitolata “Something Is Gonna Happen”. Dobbiamo prenderla come una promessa o forse come un avvertimento per i potenti del mondo?
“Tutte le manifestazioni pro Palestina che si stanno moltiplicando in tante città del mondo sono un segnale. Forse è l’inizio di un movimento di protesta, che vuole un cambiamento, questo sia nelle relazioni umane che nella politica internazionale. “
Articolo del
23/09/2025 -
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