Prima di iniziare questa recensione, vi vorrei dare alcuni consigli per l’ascolto: 1. Copernicus è pazzo, non gliene frega niente di stare al sicuro in trincea, nonostante l’età, non rimane dietro alle palizzate, non sottostà al buon senso e dice quello che pensa, fa ciò che il cervello “malato” gli dice. 2. Copernicus è ormai una vecchia conoscenza, è normale che ci sia empatia fra noi e che io ne parli bene. 3. Ho sempre avuto un serio problema con il francese, sin dalle medie. Lo odio, lo trovo foneticamente affascinante ma altrettanto pomposo, barocco, tronfio auto celebrativo e infine arrogante. Detto questo, ”L’Etérnité Immédiate” sembra una raffinata presa in giro sin dal titolo, dalla scelta del francese come lingua per comunicare al mondo la profonda ignoranza e illusione in cui vive l’umanitè. Per di più, per registrare questo disco e andare in tour il nostro ha scelto musicisti equadoregni. Tutto una grande farsa quindi? No, non proprio, sembra invece che questo poliedrico artista canti in francese per la sua profonda ammirazione verso una cultura che da sempre l'ha profondamente affascinato. Musicalmente il disco viaggia fra accenti sudamericani, qualche riferimento alla lontana Francia, ma perlopiù si muove su direttive rock muscolari, fra Mike Stern e Joe Satriani ma senza gelidi virtuosismi. Sezione ritmica snella e potente, chitarre pulite ma sempre penetranti, e il canto sopra le righe completano questo quadretto. Non è la musica a contare questa volta, sebbene si di spessore come sempre, ma la sua visione dell’umanità, del futuro incerto e della sua decadenza. A differenza delle lingua madre, qui Copernicus non può fare avvitamenti linguistici, si esprime in modo basico in una lingua che non gli appartiene mostrando totalmente il suo pensiero. Roba di non facile fruizione, ma quelle dei suoi dischi lo è davvero, sia per concept che musicalmente, Copernicus mette a segno un’altra opera scomoda e una delle cose più riuscite sul suo ruolino personale. A voi la scelta.
Articolo del
02/02/2014 -
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