Colpiti dalla originalità della rassegna dedicata al cinema messicano, giunta quest’anno alla III edizione e ospitata dal 30 settembre al 2 ottobre scorsi alla Casa del cinema di Villa Borghese a Roma, abbiamo intervistato l’ideatrice e attuale direttrice della mostra cinematografica, Cecilia Romo Pelayo. Un’occasione di confronto per cercare di comprendere meglio le tendenze di un cinema che, da un lato, sente l’inevitabile attrazione dell’industria hollywoodiana, dall’altro, non smette di innovare e sperimentare nuove forme espressive sul grande schermo, con un’industria cinematografica coraggiosa e fiorente che fa da guida, con quella argentina, agli altri paesi sudamericani. Tre brevi domande e altrettante illuminanti risposte, che ci fanno attendere con ancora maggiore curiosità la prossima edizione della rassegna.
Lo spettatore italiano identifica per lo più il cinema messicano nei tre registi più famosi (los tres amigos Cuarón, Iñárritu e Del Toro), i cui film sono diventati globali, distinguendosi per canoni narrativi e visivi inediti e originali. Qual è invece la cifra narrativa della nuova ondata di cineasti messicani e quale tratto in comune hanno i film selezionati per questa III edizione?
Sì, penso che certamente è così per lo spettatore italiano, che riesce a distinguere di più il cinema messicano dei nostri tre registi attualmente più famosi al mondo: Alfonso Cuarón, Alejandro González Iñárritu e Guillermo del Toro, anche perché questi tre registi hanno attualmente più progetti internazionali e nel passato hanno vinto anche tantissimi riconoscimenti a livello mondiale. Penso tra l’altro che vada benissimo, è giusto che sia così, un successo più che meritato per loro. Un successo che continua a dare “luce” o a “illuminare” altri registi del Messico, che permette che il cinema messicano possa continuare ad essere guardato con attenzione ancora adesso, anche grazie a questi tre grandi cineasti, che aprono la strada alle nuove generazioni.
Rispetto alla nuova ondata di cineasti messicani, penso che la loro cifra narrativa segua le loro caratteristiche e ispirazioni personali, senza risparmiarsi emozioni o esperienze, senza la paura di esprimersi come artisti nella loro totalità: fanno dei film essenzialmente per se stessi, per soddisfare anzitutto un obiettivo personale, senza cercare di compiacere la critica o il pubblico, al di là del budget per i film, al di là delle opinioni o conseguenze sociali e politiche delle loro opere. La selezione per la nostra terza edizione 2022 ha cercato questo genere di film e di cineasti, come la nostra ospite d’onore di questa terza edizione 2022, la regista Ana Laura Calderón, con il suo film Corazón de Mezquite.
Non possiamo dimenticare, inoltre, che le origini del cinema messicano risalgono alla fine del secolo XIX, il Messico è stato pioniere nelle Americhe nel dare il benvenuto alla settima arte. Per questa ragione vogliamo condividere con il pubblico italiano, oltre a nuove opere, anche una serie di film “classici”, che hanno fatto la storia del cinema del Messico, grazie anche alla nostra preziosa collaborazione con la Filmoteca de la UNAM [ndr: la Filmoteca de la Universidad Nacional Autónoma de México, a Città del Messico, università dove la direttrice Romo Pelayo ha peraltro studiato storia dell’arte e museografia].
Il cinema messicano ci ha colpito per la capacità di affrontare sempre tematiche sociali e di attualità, anche quando apparentemente lo schema narrativo possa sembrare di pura finzione o rivolto a storie del passato. Questa caratteristica è sempre presente nel nuovo cinema messicano, che sta conoscendo negli ultimi anni un incremento di produzioni molto significativo?
Senz’altro sì, questa capacità di affrontare, ma soprattutto di raccontare, le storie è parte della autenticità che si trova nel nuovo cinema messicano. Questa autenticità è anche un veloce veicolo per comunicare, per colpire lo spettatore e, perché no, per raggiungere il successo. Il Messico ha un grandissimo vantaggio di storia, cultura, tradizioni, e anche di un tessuto sociale che può essere complesso e particolare, ma questo influenza in senso positivo il nuovo cinema messicano, che ogni volta si esprime di più anche in lingue indigene, come è il caso dei film della nostra terza edizione: Pobo Tzu, in lingua Zoque, e El Sembrador in lingua Tseltal. Il cinema Messicano, cioè, non soltanto “habla español”.
Il film di apertura della rassegna è un documentario di forte impatto visivo ed emotivo, ma con una narrazione riflessiva, lontana dalla frenetica e stereotipata costruzione dei format televisivi, anche documentaristici, contemporanei: pensa ci sia ancora spazio e ruolo per questo tipo di cinema (noi speriamo ovviamente di sì)?
Questa iniziativa sin dall’inizio cerca di essere uno spazio che possa dare “voce” a quelli che socialmente in Messico magari non ne hanno, a quelli che si trovano in una situazione di svantaggio per circostanze diverse. Appunto abbiamo scelto questo documentario, El Sembrador, perché la sua bellezza e semplicità colpisce ma ferisce allo stesso tempo, ci fa riflettere nell’esprimere una realità che purtroppo non trova soluzione nel nostro paese. La cosa più interessante di questo documentario è che è stata l’opera prima di Melissa Elizondo, una studentessa laureata al CUEC [ndr: Centro Universitario de Estudios Cinematográficos, parte dell’Università Nazionale Autonoma del Messico], questa scuola di cinema a città del Messico che ha avuto tra i suoi studenti cineasti messicani come Alfonso Cuarón e Emmanuel Lubezki.
La Muestra de Cine Mexicano in Italia lavora e lotta per continuare a essere parte del panorama culturale italiano, nella città più bella del mondo e culturalmente così importante, la unica bellissima Roma. Siamo l’unico spazio in Italia dedicato al cinema messicano, a quel cinema che difficilmente arriverà nelle sale italiane e vogliamo continuare a far conoscere questo nuovo, diverso e magnifico cinema messicano, quello che ci farà riflettere, ma anche sorridere.