Parecchi anni fa recensimmo su queste pagine il documentario diretto da Gorman Bechard “Color Me Obsessed: A Film About the Replacements”.
Segnaliamo ora con piacere la monografia dedicata da Roberto Curti ai Replacements, pubblicata nella collana Director's Cut della Tuttle Edizioni.
Già autore del pregevole “Hüsker Dü” per lo stesso editore, Curti narra in un centinaio di pagine la storia della band, ne mette in luce i momenti salienti e ne analizza la produzione discografica.
Al di là della ricostruzione delle vicende inconsuete e talvolta memorabili che hanno caratterizzato la carriera del complesso, a destare interesse sono i momenti del libro in cui vengono messi in rilievo gli aspetti più significativi e singolari che hanno determinato la nascita del “culto”: dell’ammirazione devota e incondizionata di cui sono stati, e sono tuttora, oggetto Paul Westerberg e compagni.
Una passione viscerale e irrazionale accesa nei fan, Curti lo sottolinea, a cui si univa il fascino irresistibile emanato dai quattro scapestrati: avrebbero potuto diventare “il più grande gruppo rock della loro generazione”, e invece ripiegarono sull’auto-sabotaggio e su un atteggiamento autodistruttivo che li resero eterni perdenti inadatti all’ingresso nel mainstream.
Eloquenti le parole del chitarrista dei Dads, complesso del giro di Minneapolis per cui i Replacements aprirono all’inizio della loro avventura (nel luglio del 1980): “Ricordo vivamente di aver pensato due cose. Primo: erano la peggior band che avessi mai visto. Secondo: erano anche la migliore. E non riuscivo a capacitarmene”. A cui aggiungiamo quelle di Patrick Stickles, dei Titus Andronicus, nella recensione di un concerto del 2013 in occasione della reunion dei Replacements: “Il dramma che ha elevato i Replacements da gruppo da bar a istituzione americana nasce dalla consapevolezza che arrivare fino al ritornello non era scontato”.
Insomma, genio e sregolatezza; concerti indimenticabili e performance smozzicate; e un pugno di album pieni di grandi canzoni, ora irruenti, ora melodiche e dotate di formidabili intensità e lirismo. La magia dei Replacements; difficile da spiegare. Tuttavia, Curti la esamina con efficacia e ne coglie l’essenza, senza omettere i risvolti più discutibili dell’effetto esercitato – suo malgrado – dalla band: in particolare, il desiderio di esibizioni dal vivo rovinose e sfrenate (il “circo”) manifestato da un certo pubblico pagante, e la delusione provata quando il complesso suona bene, senza sbracare.
Utilissima l’ultima parte del testo, che approfondisce la carriera solista di Westerberg, e dotata di garbo ammirevole la chiusa in memoria del chitarrista Bob Stinson.
Un altro sintetico, ma prezioso, saggio da mettersi in casa; tenete d’occhio la Tuttle Edizioni e i prossimi progetti dell’autore
Articolo del
17/08/2021 -
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