Rohesia VioliOrchestra è l’ultimo disco del violinista Francesco Del Prete uscito il 22 novembre 2022 per l’etichetta Dodicilune. Un progetto unico nel suo genere in cui la musica ha radici profonde nella cultura mediterranea e nelle tradizioni locali. Tutti i brani, inoltre, sono stati scritti per essere accostati ai vini della Cantina Cantele, una realtà anch’essa assai presente nel territorio pugliese, terra d’origine di Francesco Del Prete. Ecco il racconto di questa nuova avventura
Ciao Francesco, per cominciare raccontaci come sei arrivato a comporre il nuovo disco? Partiamo col dire che ho sempre pensato di utilizzare la mia musica e il mio stile personale per comunicare con gli altri, in maniera sicuramente più profonda e consapevole giorno dopo giorno; e mi ritengo piuttosto fortunato perché il messaggio, dai numerosi feedback ricevuti finora, è arrivato forte e chiaro. Ma da qualche tempo sento anche l’esigenza di impiegare il mio violino per qualcosa di più ambizioso: adoperarlo come fosse una lente, un prisma attraverso cui leggere il presente e tutto ciò che mi circonda. E proprio in quest’ottica dev’essere inteso il mio ultimo lavoro discografico, “Rohesia ViolinOrchestra”: il tentativo di rappresentare, anzi meglio, interpretare ciò che vedo, ciò che sento, ciò che vivo quotidianamente in prima persona, in questo determinato caso specificità e tipicità esclusive di un luogo e di una tradizione, quella salentina appunto.
Quali sono le influenze musicali che troviamo al suo interno? Nasco come violinista classico a tutti gli effetti – col mio strumento oggi non si può più prescindere ormai da un solido percorso accademico – ma una volta laureato in violino al Conservatorio di Lecce ho preso anche la laurea in musica jazz al Conservatorio di Monopoli perché il piacere per l’improvvisazione mi ha sempre accompagnato sin da piccolino; ecco che dunque la militanza in numerosi gruppi da una parte – di musica etnica, pop, swing, rock, elettronica, hip-hop, ecc... – e i concerti in giro per il mondo dall’altra – Giappone, Francia, Germania, Grecia, Slovenia, l’Italia in lungo e in largo – hanno contribuito a definire i miei interessi e soprattutto il mio linguaggio musicale. Per rispondere alla domanda, quindi, tutto ciò si riversa inevitabilmente nelle mie opere, spesso anche inconsapevolmente perché il mio obiettivo rimane sempre la scrittura ed il conseguente risultato acustico, senza alcun tipo di fredda e mera classificazione o distinzione tra generi, idiomi, culture,... Inutile sottolineare l’incredibile piacere che mi procura incontrare ascoltatori entusiasti che ritrovano nei miei brani elementi particolari collegati a generi musicali diversi o a luoghi distanti.
Raccontaci anche come è nata l’idea del connubio tra vino e composizione L’azienda vinicola Cantele, con cui ho coprodotto e realizzato questo progetto, si distingue, nel panorama locale, per un approccio particolarmente sinestetico nei confronti delle proprie creazioni, evocando sensazioni di natura diversa da quella normalmente sperimentata, attraverso l’accostamento tra vino e cibo, vino e immagini, vino e tessuti, vino e musica... E proprio quest’ultimo connubio mi ha fortemente ispirato perché mi sono accorto che non era assolutamente sufficiente fornire un accompagnamento più o meno discreto alla degustazione, magari selezionando generi e brani musicali più indicati per una bottiglia o per un vitigno; ho invece immaginato vere e proprie colonne sonore dedicate a cinque bottiglie di vino firmate Cantele – Rohesia Pas Dosè, Teresa Manara Chardonnay, Rohesia Rosé, Rohesia Rosso, Amativo – dopo averle degustate e averne studiato le caratteristiche: note gustative e aromatiche, sentori olfattivi, modalità di produzione, colori e sfumature, intensità, corpo, eventuale effervescenza, nome, etichetta…
Cosa ti ha portato a fare due versioni dello stesso brano, con caratteristiche diverse? Inizialmente esigenze prettamente pratiche: le bottiglie da musicare erano cinque, avevamo l’intenzione di realizzare un disco ma le relative partiture non avrebbero coperto il minutaggio adeguato per un Lp. Ho proposto quindi all’etichetta discografica Dodicilune di offrire due versioni degli stessi pezzi, una più orchestrale (con colori di elettronica) realizzata con la mia procedura che definisco ViolinOrchestra, un’intera orchestra con un solo violino, attraverso l’uso di sovraincisioni dei miei violini a 4 e 5 corde e l’utilizzo alternativo degli stessi (non solo con un approccio melodico ma anche armonico, oppure ritmico-percussivo grazie alla chop technique, oppure violini plettrati a la guitar style...); la versione alternativa presenta invece arrangiamenti più minimali, unplugged e soprattutto la presenza e l’apporto fondamentale di musicisti ospiti – arpa, flicorno, piano, chitarra, voce, violoncelli – che con perizia e sensibilità hanno impreziosito le mie note fornendo soluzioni musicali altrettanto fresche ed originali.
Sappiamo che con questo progetto ti esibisci da solo. Vuoi raccontarci cosa possiamo aspettarci da un tuo concerto? Cerco prima di tutto di stupire il sottoscritto e in questo mi aiuta la straordinaria versatilità del violino, capace di coniugare melodia, armonia e ritmica con una rapidità sorprendente; le mie idee musicali sono poi filtrate da pedaliere multieffetto che modificano e arricchiscono il mio suono e loop-machine che registrano in tempo reale le varie tracce dei pezzi: ecco dunque che il violinista diventa chitarrista, bassista, percussionista... nella costruzione di brani originali. Ma le note selezionate con cura nella scrittura o lasciate fluire liberamente durante l’improvvisazione sono sempre al servizio di un pensiero primigenio: non dimentichiamo che il mio fine ultimo è quello di comunicare attraverso i suoni una realtà più profonda e di conseguenza nascosta.
Come si sta evolvendo il tuo lavoro, disco dopo disco? Questo mio percorso di ricerca tra le venature nascoste del violino è cominciato diversi anni fa per necessità: l’esigenza di avere uno strumento armonico che mi accompagnasse nelle mie escursioni melodiche mi ha stimolato a realizzare in solitaria delle sequenze su cui improvvisare come una sorta di one man band attraverso delle apparecchiature che mi permettevano di registrare e realizzare tutto solo con archetto e violino; col tempo questa mia procedura si è perfezionata e mi ha permesso di pubblicare ben tre album fitti di note originali: “Corpi d’arco”, Cor Cordis” e per ultimo “Rohesia ViolinOrchestra”, consentendomi di sviluppare tale tecnica passando da un raffinato esercizio di stile ad un’esigenza di analisi molto profonda.
Tu sei partito dagli studi classici e nel corso del tempo la tua musica si è evoluta e contaminata. Come ti sei avvicinato invece al violino elettroacustico? Sicuramente all’inizio è stato per soddisfare esigenze pratiche: una volta terminato il mio percorso classico all’interno del conservatorio e intrapreso, come dicevo poc’anzi, nuove direzioni musicali (jazz, world music, pop, rock,…), condividere il palco con strumenti dalla voce meno “delicata” del mio (trombe, sassofoni, chitarre elettriche, bassi amplificati, sintetizzatori, batterie, percussioni,…) mi ha obbligato ad alzare il volume: il violino elettrico è stata la risposta più immediata e felice per superare quel momentaneo impasse. Ma è stato solo il principio: collegarsi a pedaliere multieffetto (che filtrano e modificano la tua voce attraverso delay, riverberi, chorus, distorsioni varie, wha-wha, octave…) e loop-machine (che registrano in tempo reale le varie parti di un brano musicale permettendoti di realizzarlo come se ti trovassi al lavoro con un multitraccia) è stato il passo successivo che mi ha fornito nuovi e più originali strumenti per meglio comunicare e rivelare il mio mondo interiore prima e tutto ciò che mi circonda poi.
Quali progetti sono in cantiere? Al momento ho in mente un paio di idee molto stimolanti che hanno ancora bisogno di un po’ di tempo per essere interiorizzate e sviluppate; ma una cosa è certa, è un periodo molto florido e ispirato, sono talmente pieno di note da tirar fuori e da far ascoltare che non sarebbe sufficiente realizzare un disco ogni sei mesi per esaurirle. Credo che internet sia ormai un ottimo mezzo di divulgazione, utilizzato adeguatamente, ed ecco perché i miei canali social sono aggiornatissimi e ricchi di miei video musicali che settimanalmente rimpinguo. Non resta che dare un’occhiata!
Articolo del
10/02/2023 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|