(foto di Chiara Sechi)
L’ MC sardo Pauz, reduce dalla vittoria della quarta edizione di JazzAlguerMediterrani (il contest giovanile della rassegna JazzAlguer), firma Cocktail, un pop rap capace di conquistare al primo ascolto.
Extra Music magazine lo ha incontrato per parlare dei suoi inizi, della sua spiccata voglia di sperimentare e della rivalsa del rap, tra vissuto personale e racconto generazionale.
Genere musicale affermatosi nella seconda metà degli anni 1970 nella comunità afromericana e ispanoamericana di New York, caratterizzato essenzialmente dal ‘parlare’ seguendo un certo ritmo che viene prodotto alla console dal DJ con alcune tecniche (turntablist, beatmaking, scratching).
Questa la definizione di rap data dell’enciclopedia Treccani, vuoi darci la tua?
Partiamo dal presupposto che il Rap è una delle quattro discipline della cultura Hip Hop.
E’ l’unico genere che non ha bisogno di scuola di musica perché non puoi impararlo da altri, devi avercelo dentro e con il tempo- evolvendosi- si impara a curare da soli tecnica, metrica e flow.
Il rap racconta la storia di chi scrive il pezzo facendo immedesimare chi lo ascolta perché tratta della vita quotidiana di tutti e diventa dunque universale. Non sentirete MAI un altro rapper cantare pezzi di altri rappers però, perché il vissuto raccontato nel testo resta strettamente personale.
Mi ricordo che nei ’90 il rap non veniva nemmeno considerato musica, per l’ascoltatore medio era “parlare su una base” facendo, a livello gestuale, le “corna”…qualche comico diventò anche famoso facendo gli sketch in prima serata ed esasperando la cosa.
Negli anni il rap ha scalato le classifiche e adesso è nelle case di tutti, che piaccia o meno è diventato il genere più ascoltato dai giovani, ed è rispettato anche dai cantautori più grandi che finalmente hanno capito il nostro modo di scrivere e la poetica dentro ogni rima.
Adesso puoi notare che il rap è primo nelle classifiche, e che le strumentali delle canzoni pop al 90% sono fatte da produttori che fanno rap. Questo deve far riflettere su quanto siano cambiati i tempi.
A seguito di altri snodi epocali quali il crollo delle Twin towers (2001) e quello del sistema finanziario internazionale (2008) la produzione musicale ha intensificato l'esplorazione di inediti percorsi creativi ed il superamento di confini stilistici e produttivi a compensazione dello smarrimento di linee guida organiche e coerenti ed in risposta alla cresciuta domanda di un uso compulsivo dell'ascolto musicale sollecitato dalle recenti tecnologie digitali. (Musiche d’oggi: percorsi e contaminazioni. Appunti per un bilancio provvisorio, Franco Piperno)
Ti trovi d’accordo con questa analisi, che fa risalire la nascita del fenomeno della contaminazione al venir meno di una progettualità lineare e chiara? O per te l’ibridazione musicale ha un altro e diverso motore?
Qualunque genere musicale ci ha messo degli anni per aprire le porte alla contaminazione di altri generi ed è normalissimo…fisiologico, direi. Come nella vita, prima di poter accogliere qualcuno devi innanzi tutto amare te stesso..Io ho avuto la fortuna di essere cresciuto con gli Articolo 31 ed i Queen, ed è forse per questo che non ho mai storto il naso davanti alle contaminazioni o alle cose che gli altri (forse) non farebbero mai ritenendole un azzardo, perché questi due gruppi col tempo si sono sempre evoluti, senza mai copiare se stessi. Per me ha senso un’ evoluzione stilistica purché il tutto abbia una logica personale, una coerenza di fondo… in questo senso l’ibridazione è una crescita artistica.
Il disco che ti ha cambiato la vita?
Così Com’è degli Articolo 31.
Cosa pensi dello stato attuale della musica in Italia?
A parere mio la musica di oggi è musica usa e getta, ne parlavo con un amico qualche tempo fa, basti pensare che ricordiamo a memoria interi dischi di vent’anni fa, ma delle canzoni di oggi, a malapena dopo un mese, ricordiamo il ritornello… È fatto tutto per i numeri e per le classifiche, non vedo più amore nelle canzoni di oggi…
Tre aggettivi per definire la tua particolare cifra stilistica?
Odio Amore e Disordine. Anche se non sono aggettivi, ma sostantivi! (ride. N.d. R.)
Il lavoro discografico che ti rappresenta maggiormente?
Se intendi di un altro artista ti dico Domani Smetto degli Articolo 31, se intendi il mio, D.Oppio del 2012.
Il tuo primo disco da solista, del 2010, si intitola “I love Pauz”. Quanto ti piace ancora quel lavoro?
Delle volte lo ascolto per fare del male alla mia autostima, rilevando tutti gli errori e le lacune che contiene. Provo, allo stesso tempo, anche ammirazione per l’ impegno che ci ho speso, nonostante l’inesperienza.
Quel disco mi ricorda anche un anno decisivo nella mia vita artistica e alcune persone che in quel periodo stavano con me e che purtroppo sono volate in cielo troppo presto. Dedico quest’intervista
ad ognuno di loro, perché mai dimenticherò chi mi è stato accanto quando nessuno credeva in me.