Alessandro Zannier è Ottodix. Artista visionario, ormai lo conosciamo e sappiamo quanto potere concede al suono e a tutta l’estetica dei suoi dischi. Sono veri e propri concept… come questo, difficile da sintetizzare: parliamo di “Arca”, ottava pubblicazione che questa volta firma con la VREC Music Label. La sua provocazione passa per il pensiero di una vera e propria Arca spaziale che lascia la terra portando con se le strutture basilari per rigenerare non solo la vita ma anche un certo modo di stare in vita. Proviamo ad addentrarci dentro un disco che non è solo musica ne soltanto suono - a volte sintetizzato proprio dal DNA animale… è una storia lunghissima che dovete assolutamente approfondire.
Un ritorno prezioso quello di Ottodix. “Arca” è una conseguenza di questo tempo o una sua soluzione? È l'estrema conseguenza, un monito che vuole anche intrattenere oltre che spaventare, ma soprattutto far ragionare sull'incubo senza ritorno che ci stiamo creando con le nostre mani. L'Arca spaziale, soggetto di questo album, è ovviamente un'utopia irrealizzabile, soprattutto coi tempi che il pianeta ci dà per scongiurare la catastrofe. Forse tra 500 anni avremmo la tecnologia per realizzarla, ma nel frattempo non avremo già più un pianeta da un pezzo. Tanto vale evitare di arrivare a tanto.
“Gravità” è davvero un bel video: voglio ritrovare anche un significato dentro questa dualità di immagine. Lo scorso che fa un po’ da specchio… o sto prendendo strade inesistenti? La specularità è tecnicamente un gioco che mi è servito per far "decollare" edifici, città, utilizzando riprese orizzontali di droni. Il cielo sopra e sotto unito al movimento degli edifici dà l'illusione di un effetto dinamico di decollo e di volo a metropoli immense e suggerisce la leggerezza appunto, che è il fulcro della canzone. Non la leggerezza intesa come pregio, ma come difetto dell'uomo contemporaneo. Che non capisce la "gravità" delle sue azioni. Andando alla radice dei significati delle parole, la "gravità" allude appunto al peso. Le azioni umane e anche le parole (usate con "leggerezza" nei social per sfogare frustrazione) hanno il peso di macigni che ricadono su cose, ambiente e persone, ma sembriamo vivere oramai sospesi in un limbo di fatalismo e di incoscienza collettiva. Ho semplicemente voluto far decollare in modo simbolico le nostre città, simbolo della nostra società, come se fossero gonfiate, sollevate dal vuoto che si sta impadronendo di noi pian piano. E' una canzone il cui testo gioca attentamente e costantemente su questo doppio senso.
Nel disco anche suoni ricavati dal DNA di insetti se non erro… ci spieghi meglio tutto? Sì, è la grossa novità scientifica che utilizzerò anche negli spettacoli e che sto elaborando ulteriormente per mostre e collaborazioni coi ricercatori del CNR e programmatori. Sto tentando assieme ad Alex Piacentini di "sonificare" i dati e le sequenze del DNA di alcuni esseri viventi appartenenti ai regni principali (animale, vegetale, batterico, funghi) che abbiano attinenza simbolica col concetto di estinzione e di sopravvivenza. Nell'album tra una canzone e l'altra, negli interludi denominati "teche", che compongono l'anello, è possibile ascoltare elaborazioni di queste sequenze alfanumeriche tradotte in suoni e ritmo, nella fattispecie del DNA della tartaruga Chelonia Mydas, a cui è ispirata la forma dell'Arca che ho disegnato nella copertina. La tartaruga è un animale nomade, si porta la casa sulle spalle e vive tantissimi anni oltre ad essere resiliente. Negli spettacoli si potranno ascoltare i suoni del DNA di animali estinti o di batteri in grado di resistere nello spazio o ancora di funghi e muffe intelligenti con cui si potranno costruire habitat extraterrestri. Arca è un giro per canzoni dentro ai distretti di questa gigantesca nave spaziale in cui i coloni nascono, giocano nella natura (artificiale), studiano, apprendono la tecnologia, si svagano e si dedicano alla ricerca. Una voce AI stile "hostess" ci guida attraverso i vari padiglioni dell'anello, passando attraverso le teche che contengono le sequenze di DNA della vita terrestre e dello scibile umano (come l'Arca di Noè). Al centro dell'anello, la città sferica di Arca, con la pianta sviluppata all'interno e un sole artificiale al centro. Ogni canzone, descrivendo un distretto, sottolinea un paradosso della nostra vita attuale, mette di fronte a estreme conseguenze e vuole far riflettere su cosa salvare e cosa abbandonare, se dovessimo trovarci tutti di colpo migranti, russi, africani, cinesi, americani, in un'unica grande nave in fuga verso l'ignoto, senza più una Terra d'origine.
Si torna a lavoro con Flavio Ferri: la ragione sta nel suono, nelle visioni o in una comunione del sentire? La ragione sta nell'amicizia e nella conoscenza e stima reciproca profonda da anni, oltre che la bravura di Flavio, che ogni volta va sfidato con progetti ambiziosi o sperimentali e folli. Il mio modo di fare musica è molto legato volutamente alla forma canzone scorrevole per veicolare meglio contenuti altrimenti complessi, ma è infarcito di suoni visionari e di elettronica. Flavio sarebbe più minimale, ruvido, "electro punk" e estremo nelle sperimentazioni, ma si presta ogni volta al mio mondo - canzone, proprio perché gli presento progetti mastodontici e complessi all'opposto. Questo genera tensione e sano attrito, producendo alla fine un ibrido che sfugge all'aspettativa mia e sua e vivendo dunque di vita propria, figlio di entrambi. Sono sfide e in quanto tali ci mettono sempre entrambi in gioco. Volevo una tracklist fluida, un tutt'uno, come in un soundtrack cinematografico, quindi Flavio ha creato un unico gigantesco file con una montagna di tracce in cui l'intero concept album è stato lavorato steso sul tavolo allo stesso tempo. Io e Flavio siamo diversi, questo è il bello, ma io sono sempre pronto a portare nuovi contenuti e nuove idee e lui sa letteralmente occuparsi a pari livello di tutto, dall'acustico all'elettrico, al classico, al cantautorato al pop all'elettronica visionaria. E ti dice le cose in faccia, senza sconti. Credo sia l'unico in Italia a saper fare elettronica non modaiola, ormai. (infatti vive a Barcellona). Ci siamo divertiti molto a registrare questo album, chiusi due settimane in un teatro toscano (a Guardistallo) con Loris Sovernigo che è il pianista live di Ottodix e il maestro Antonio Aiazzi che ci ospitava in residenza.
Questo disco nuovo per Ottodix cosa rappresenta… che responsabilità si porta dietro? Beh, come al solito la responsabilità di tentare di fare una cosa diversa dalla precedente, di affrontare temi contemporanei e di dar loro una lettura provocatoria lanciata in avanti. Credo che dovrebbe essere il compito di ogni artista. Le tre parole di questo "Arca" in sintesi sono: Habitat - Backup - Estinzione e saranno il fulcro della mia mostra diffusa "Arca Venice" (fatta di concerti, installazioni sonore e visive, opere, conferenze) attraverso fondazioni, enti e musei e il Conservatorio, che la città di Venezia mi mette a disposizione da qui a novembre per ragionare sull'habitat, il backup e il pericolo di estinzione di Venezia stessa. Il primo appuntamento è il concerto del 27 maggio con l'Ottodix Ensemble ospite della mostra per i 100 anni del CNR Italia, "Antropocene: la terra a ferro e fuoco" con sede alla Palazzina Canonica del CNR ISMAR, tra San Marco e l'Arsenale.
Articolo del
15/05/2023 -
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