Una carriera sospesa tra danza, teatro e musica, quella di Pamela Guglielmetti. Un percor-so artistico in continuo divenire, con l’accento sull’urgenza di comunicare in modo autentico. Extra Music Magazine l’ha incontrata a pochi giorni dalla pubblicazione del singolo “La legge del Tempo”, scritto a quattro mani dal compositore Franco Tonso. (Etichetta La Stanza Nascosta Re-cords). Si sente particolarmente, negli arrangiamenti, il tocco del produttore Salvatore Papotto, che sembra ripercorrere, pur con una vena inedita, le orme del maestro Battiato.
È appena uscito, su etichetta La Stanza Nascosta Records, il singolo “La legge del tem-po”, scritto a quattro mani con il compositore Franco Tonso e arrangiato dal musicista e pro-duttore Salvatore Papotto. Come ha preso forma il brano? La legge del tempo è nato un anno fa. Mi trovavo in uno dei tanti momenti di “cambio improvviso” che hanno caratterizzato la mia vita. Mi stavo congedando da una terra che avevo scelto quattro an-ni prima e dalla quale non avrei mai voluto separarmi, per ritornare a quella delle mie origini. Il testo è nato una notte, tra uno scatolone e l’altro, mentre mi trovavo a smontare per l’ennesima volta la mia esistenza. In quelle serate dedicate al trasloco sono nati 3 brani. Sapevo già che ci sarebbe sta-to un nuovo progetto discografico, ma tutto ciò che ho scritto è nato spontaneamente, non è stato cercato. Per pura sincronicità mi è stata fatta una proposta in un momento in cui avevo molto da di-re. Salvatore Papotto mi ha contattata a luglio, in un momento in cui c’era molto di nuovo da raccon-tare, nonostante io stessi addirittura valutando di abbandonare la musica sino ad un istante prima. Con le mie sole forze e i sacrifici di anni, una vita direi… se contiamo anche il lungo periodo dedicato al teatro, sentivo di non potercela più fare. Gli ultimi tre anni avevano messo in ginocchio molti artisti. Tornata in Piemonte mi sono messa a cercare un pianista per potere mettere a punto un repertorio live piano/voce con i miei brani, e a fine giugno ho incontrato Franco. Ci siamo da subito trovati bene e lui ha mostrato un vivo interesse verso la mia forma compositiva piuttosto atipica. Ho sempre scrit-to e composto da sola, ma per questo nuovo progetto mi è venuto spontaneo chiedergli di aiutarmi. L’idea compositiva è sempre partita da me, ma lui ha dato un valore aggiunto nella parte armonica. Volevo che i provini per l’etichetta discografica prendessero una dimensione piano/voce, Franco ha grande talento, è stimolato e a suo agio nel muoversi in passaggi armonici poco usuali, ed è riuscito a vestire gli accordi che ho scelto con sfumature notevoli. Così è stato per “La legge del tempo”, co-me per tutti i nuovi brani.
Nella nota stampa vengono citati Proust e Bergson, tra i riferimenti letterario-filosofici del brano. In particolare, queste sono le dichiarazioni di Papotto: Ho voluto mettere in ombra quello che Bergson definiva tempo spazializzato, quello astratto ed esteriore della scienza, fatto di una successione di istanti della stessa du-rata e valorizzare quello che il filosofo definiva “tempo come durata”, un tempo spiri-tuale, interiore, continuo, indivisibile e irripetibile. Ci sono altre suggestioni che hanno influenzato la stesura del testo e della musica? L’elemento caratterizzante è proprio il concetto di “tempo”. Questo brano è una riflessione su quanto il concetto di tempo sia relativo. Ognuno di noi si rapporta in una scansione temporale imposta, regolamentata. Ci confrontiamo con un tempo unico, che però unico non è. Ci muo-viamo tra orari prefissati e regolamentati. Chi si è mai chiesto come fosse il tempo, prima dell’istituzione del calendario gregoriano? Dimentichiamo che abbiamo un tempo biologico personalissimo, un tempo emozionale, un tempo di ascolto, che non hanno nulla a che vede-re con quello istituzionalizzato. Anche se ce ne siamo dimenticato ognuno di noi è diretta-mente connesso, volente o nolente, con un tempo “naturale”, che segue ancora i ritmi della terra, del cielo e della vita. È tutto collegato, anche se abbiamo perso questo collegamento antico. L’uomo è ancora connesso alle influenze di una luna al suo culmine o al suo calare, come lo sono i mari. E questo brano mette in risalto il momento in cui dentro di noi il tempo “acquisito” come regola si scontra con il proprio interiore. Ci si accorge di questo soprattutto nei momenti di incontro con l’altro. Quante volte ci si trova a scontrarsi tra ciò che sembra “giusto” e la sensazione che sia tutto sbagliato, tra il seguire ciò che ci si aspetta da noi o quello che viene chiesto dalla parte autentica e profonda di noi? Ci ascoltiamo davvero? Sappiamo qual è il nostro ritmo, il nostro sentire reale? Siamo in grado di comprendere il rit-mo dell’altro e i suoi bisogni? Sappiamo rapportarci al fatto che non determineremo mai con la nostra volontà l’esito di un confronto ed uno scambio umano, non ne potremo gestire l’accelerazione o la durata? Solo il Tempo potrà mostrarne il senso ed il modo per sincroniz-zare mondi diversi. Sono arrivata a ritenere come unica azione sensata la “resa”, la rinuncia al controllo, la ricerca del modo migliore per fluire con gli eventi, con il loro ritmo, senza spin-gere l’acceleratore o schiacciare il freno, cercando di danzarci insieme. Questo vale per ogni settore della vita, ed è una delle cose più difficili da riuscire a fare, non si impara mai total-mente a farlo.
Vuole raccontarci qualche aneddoto sulla realizzazione del videoclip (una produ-zione Masterblack, N.d.R.)? Ci sono tante cose che ruotano intorno a questo videoclip. Mi piace restare sul tema della sincronicità. Il mio ritorno in Piemonte non è stato semplice perché ho lasciato questa terra prima del 2020, e ci sono tornata dopo anni in cui tutti gli equilibri esistenziali sono crollati. Ho dovuto ricostruirmi da zero, non ho più trovato quasi nulla di ciò che avevo lasciato. Ma è stata una opportunità di rinnovamento. Sono arrivati nuovi contatti che si sono rivelati perfetti per ripartire con il bagaglio che mi portavo dietro. Andry Verga, il regista, è stato uno di que-sti. Nuovi contatti umani con i quali ho potuto tessere legami che vanno oltre il puro lavoro, ho trovato nuove risorse umane, amici… veri, compagni di viaggio che hanno accettato di viaggiare davvero, e di sostenermi. Questo video ha potuto raccontare con forza l’anima del mio brano perché è stato prodotto grazie all’unione sinergica di grande professionalità ma anche anima e cuore. Andry Verga, Fabio Cuccè, Jessica Barillaro, Gioacchino Inzirillo, una squadra formidabile di animi sensibili. Un aneddoto: Il protagonista maschile doveva essere un caro amico che ritenevo perfetto per la parte e che sembrava sicuro di poterci essere fino ad una settimana prima di girare. Una mattina, mi viene comunicato che per problemi imprevisti di difficile risoluzione lui non avreb-be potuto esserci. Panico. C’era pochissimo tempo per trovare una persona adatta, preparar-la ed entrarci in sintonia. Ho passato giorni disperati a cercare e cercare invano. Ero pronta e rassegnata a modificare interamente l’ambientazione del video. Una sera, a pochissimi giorni dal girato, Andry mi da il contatto di Gioacchino Inzirillo, un performer operativo a livello na-zionale che mai avrei pensato potesse essere disponibile con così poco preavviso. Io e Gioacchino ci siamo conosciuti il giorno stesso del girato, davanti alle telecamere, senza ave-re preparato nulla, ci siamo lasciati condurre dal flusso del tempo e forse per questo, è avve-nuto il piccolo miracolo.
Il nuovo album, in uscita in autunno, ci mostrerà una Pamela inedita o si pone in una linea di stretta continuità con i lavori precedenti? Credo che l’album in uscita potrà stupire. La legge del tempo, a mio parere, rappresenta un ponte di collegamento tra la Pamela di “Cammino controvento” e quella che sentirete. Cito le parole di un ca-rissimo amico giornalista, mi troverete “diversa dalla cantautrice conosciuta fin qui, ma allo steso tempo uguale”. Nel singolo appena uscito si percepiscono sfumature nuove, l’introduzione di sonori-tà inedite, anche digitali, nel videoclip si notano altre mie sfumature forse mai evidenziate. Io ho sempre sentito vicini a me suoni naturali, strumenti acustici, mentre il nuovo disco è una commistio-ne di linguaggi che segue come finalità principale quella di proiettare nelle atmosfere emotive di ogni singolo brano. Gli arrangiamenti di Salvatore non nascono come “accompagnamento”, ma come una struttura narrativa sonora che accompagna per mano la voce e il testo. I suoni incarnano i pensieri, le emozioni, le immagini, i racconti, e per fare questo abbiamo esplorato qualsiasi possibilità narrati-va. Non anticipo altro, concludo soltanto dicendo che siamo in continua trasformazione. Se ci fac-ciamo attraversare dalla vita e non ne restiamo indifferenti, è impossibile restare gli stessi, soprattut-to per un artista. Per noi non dovrebbe esistere “l’eterno conosciuto”, l’artista deve avere sempre oc-chi nuovi sul mondo, mondo che lascia solchi sulla pelle propria e di tutti, e ogni solco ha una storia e una visione da raccontare. Non è semplice proporsi in veste diversa, è una rinuncia a una zona di comfort. La mia sostanza è la stessa, la scrittura dei testi è forse ulteriormente maturata, spoglian-dosi di ciò che non è più necessario, la parte compositiva continua trasformarsi. Sarebbe stato poco credibile se, dopo anni così trasformativi, mi fossi ripresentata identica al 2020.
In che misura l’impostazione teatrale influenza la sua performance vocale nel canto? La voce per me è tutto. La voce, la sua vibrazione, riescono ad accedere a spazi interiori for-se ancora più profondi di quanto non faccia il suono. La voce è un soffio di vita. Anche nel mio lavoro teatrale non sono solita usare questo strumento seguendo l’impostazione acca-demica, ancor meno lo faccio nel canto. Ho studiato, per apprendere ciò che non mi serviva secondo una mia personalissima scelta. Ho sempre sostenuto una comunicazione di “verità”, senza ostentare il virtuosismo. Un narratore non deve urlare, ma farsi sentire andando in pro-fondità. E come negli spettacoli teatrali utilizzo ritmi differenti, le pause, la lentezza, facendo sentire il singolo sospiro se è necessario, nei miei brani faccio altrettanto. Un respiro, a volte, richiama più attenzione di un vocalizzo eseguito alla perfezione. Il cuore ha timbri caldi, io cerco di parlare con il cuore, e se in alcuni momenti posso volare in alto, non dimentico di tornare a terra usando il timbro della terra. Se un passo fa vibrare la voce, perché il senti-mento narrato fa tremare la gola, lascio che sia. Non esistono regole, purché tutto sia “vero”.
Vuole stilare una playlist di cinque brani irrinunciabili per Pamela, a beneficio dei lettori di Extra Music magazine? Rimango sul genere autoriale, tre artisti sono davvero maestri per me irrinunciabili, gli altri due sono giovani perle di un possibile futuro autoriale, che non hanno avuto l‘attenzione che avrebbero meritato, come tanti musicisti e artisti di talento.
Controluce – Sergio Cammariere Luna diamante – Ivano Fossati/Mina Il periodo ipotetico – Amor Fou Tempi bui – Ministri L’ombra della luce – Franco Battiato
Articolo del
24/06/2023 -
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