Prende il via con una discreta puntualità il secondo dei tre appuntamenti riguardanti il progetto “Hai Paura Del Buio?” curato dagli Afterhours e collocato per l’occasione all’interno della sempre impeccabile cornice dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Sono da poco passate le cinque del pomeriggio quando in una Sala Petrassi semi-piena le luci si abbassano all’improvviso e, appena una manciata di istanti dopo, Agnelli scandisce i primi accordi di ”Padania” con dolci pennate sulla sua chitarra acustica provvista di capotasto. Balza subito agli occhi il look bianco in salsa lennoniana dell’intera band che esegue con perizia e intensità un brano tanto profondo ed ispirato da coinvolgere in un attimo tutti i presenti. Che il breve live-set pomeridiano dell’ensemble milanese “rischi” di essere caratterizzato quasi totalmente da brani contenuti nel disco rilasciato nell’aprile del 2012 lo si intuisce attraverso la contemplazione del secondo pezzo in scaletta: Ci Sarà Una Bella Luce. Con Spreca Una Vita non solo si rafforza una sensazione del genere, ma aumenta anche la potenza complessiva dei suoni: i chitarroni distorti di Iriondo e Ciccarelli fanno il loro onestissimo lavoro e il pubblico partecipa con evidente entusiasmo. Arrivati alla quarta canzone, ovvero la mastodontica Metamorfosi, il silenzio in sala cala palesemente per far salire in cattedra il cantato di Agnelli e le fulminee, roboanti, digressioni elettriche sprigionate dagli altri due chitarristi posizionati accanto a lui. Terminata Metamorfosi è il turno di un’altra canzone divenuta imprescindibile nelle scalette dei concerti degli After nel giro di solo un anno: trattasi di Costruire Per Distruggere (forse insieme alla già citata Padania la traccia più rappresentativa di un album spigoloso, dalle numerose sfaccettature, ma capace di aggiudicarsi la “Targa Tenco” neanche dodici mesi fa). La prima delle due performance di Agnelli & Co. finisce con un’accoppiata di brani di tutto rispetto, racchiusi in due pregevoli lavori in studio rilasciati rispettivamente nel 2005 e nel 2002: La Sottile Linea Bianca e Bungee Jumping. Terminata l’esecuzione del bellissimo brano presenti in “Quello Che Non C’è” Agnelli ricorda l’appuntamento serale in Cavea per quanto riguarda le canzoni degli After ed augura agli spettatori una buona continuazione con le proposte artistiche in programma per la tappa romana di un festival itinerante che ha debuttato lo scorso 30 agosto in quel di Torino.
Usciti dalla Sala Petrassi ci si dirige in massa all’esterno, in direzione Cavea per l’appunto, dove si nota che l’eclettica performance di Orodè Deoro, prevista per le 17.30, è già abbondantemente entrata nel vivo. Appostato nello spicchio laterale destro del “palco” esterno dell’Auditorium (diviso opportunamente in tre aree per ottimizzare i tempi), Deoro imposta la sua esibizione in maniera semplicemente sperimentale, dando libero sfogo alla propria creatività. Ore 18.15 circa: sempre in Cavea, ma nel settore centrale e più grande del semicerchio, Enrico Gabrielli, coadiuvato da Sebastiano De Gennaro, dà il via al suo set. Il progetto Der Mauer si guadagna immediatamente l’attenzione di un pubblico magari un po’ distratto eppure propositivo e, cosa più importante, in visibile aumento. E lo fa suonando un’articolata suite in cui emerge la notevole dimestichezza di Gabrielli con i fiati. Dopodiché il duo va ad omaggiare il musicista statunitense Stephen Michael Reich riproponendo una sua creazione del 1972 attraverso il solo battito delle mani (del resto nel corso degli anni Reich si è interessato molto all’elemento ritmico in fatto di composizione). Dopo Der Mauer, sempre in esterno, i presenti più curiosi si spostano lateralmente – e di pochi metri – per godersi le ammalianti atmosfere create dal genovese (ma bolognese d’adozione) Stefano Pilia. Con il contributo di Rodrigo D’Erasmo e di Iriondo, Pilia, sfregando in più di un frangente l’archetto sulle corde della sua chitarra elettrica, imposta un live di appena venti minuti in cui il vero obiettivo sembra ricondursi alla ricerca insistente del giusto drone: molto intrigante e suggestivo il tutto, anche se poi non proprio innovativo. Mentre all’interno della Sala Petrassi va “consumandosi” lo Slam Poetry Contest, intorno alle 19.00 c’è Pierpaolo Capovilla in Cavea. Non è lì per declamare i versi delle canzoni del Teatro Degli Orrori (lo farà alcune ore più tardi), tantomeno per suonare qualche glorioso pezzo dei One Dimensional Man. Sul suo leggio nero sono poggiati fogli bianchi e spiegazzati intrisi dei versi che Antonio Delfino buttò giù tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta e che andarono a costituire “Poesie Della Fine Del Mondo, Del Prima E Del Dopo” (1961). Si può dire che Capovilla ci sappia fare quando si tratta di riletture di questo tipo: ciò è indubbio. Ha dalla sua carisma ed espressività necessarie per conferire potenza alle invettive del poeta modenese classe 1907. Prima di tornare di nuovo in Sala Petrassi per assistere allo show del Chamber Trio capitanato da Agnelli (in cui figurano anche D’Erasmo e il violoncellista Angelo Maria Santisi) c’è il tempo giusto per godersi il progetto di Vincenzo Vasi e Valeria Sturba denominato ”Ooppopoooioo”. Tra campionamenti di voci, lancinanti “botte” di synth ed elaborati intrecci sonori costruiti tramite la sapiente manipolazione di due theremin, il duo non passa assolutamente inosservato: molto interessante dunque, nel suo insieme, la proposta. In Sala Petrassi il Chamber Trio fa ammutolire chiunque grazie alla sua eleganza. Una volta tornati in Cavea, dopo Giano, si ritrovano di nuovo gli stakanovisti D’Erasmo e Gabrielli tra le fila dell’Orchestrina di Molto Agevole: ci sono i pretesti per creare una situazione da balera e le persone meno inibite non perdono certo tempo buttandosi nella mischia. Quando finisce lo spettacolo dell’Orchestrina sono grosso modo le nove meno un quarto. In Sala Petrassi Massimiliano Manieri lascia il palco al progetto Blastula. Fuori invece si assiste alla splendida coreografia messa in piedi da Nebulae.
Tra una cosa e l’altra ci si avvicina rapidamente alle dieci: tocca di nuovo agli Afterhours, questa volta in Cavea. Questa volta con abiti scuri. Si ricomincia con un classicone: Non È Per Sempre, proposta in versione rigorosamente elettrica. Subito dopo ecco l’immancabile Ballata Per La Mia Piccola Iena. Stranamente la gente è ancora seduta, anche se l’adrenalina è considerevole. Stranamente, appunto. Quando parte l’arpeggio di 1.9.9.6. è il delirio: bisogna alzarsi, non c’è altra soluzione. Segue Voglio Una Pelle Splendida: brividi, sorrisi, ricordi e nostalgie per tutti. A questo punto la band introduce Vasco Brondi, accolto tra applausi e perplessità. Per lui c’è l’opportunità di suonare tre pezzi: Cara Catastrofe, Fare I Camerieri e la rivisitazione non certo entusiasmante della celeberrima Summer On A Solitary Beach di Battiato. Dopo Brondi gli After ripropongono ancora Padania: qualcuno quasi sbuffa ma dopo un niente è già lì a cantarla a squarciagola, con gli occhi un po’ lucidi e la pelle d’oca. Gli ultimi quattro pezzi del concerto mettono d’accordo tutti: Ci Sono Molti Modi, Male Di Male, La Vedova Bianca e Quello Che Non C’è. Cosa chiedere di più? Niente. Solo applausi per loro. Sono le undici e qualcosa. E bisogna scegliere tra un live in elettrico del Teatro Degli Orrori in Petrassi e uno show inedito di Niccolò Fabi e Lorenzo Amurri, con il primo che va a musicare il reading del secondo: si opta allora per quest’ultimo, con la speranza che al termine ci sia magari la possibilità di dare un’occhiata alla parte conclusiva del concerto di Capovilla e soci. I brani letti da Amurri tolgono il fiato, riescono a commuovere fin dal principio. Le due brevi pause sono riempite dalla voce e dalle note di Fabi che prima rispolvera un vecchio pezzo del suo repertorio come Immobile (risuonandolo con un’intensità che devasta) e poi, sicuramente calzante per l’occasione, quella Solo Un Uomo che ogni volta non è solo un pugno nello stomaco per via della sua profondità, ma anche e soprattutto una nuova scoperta anche per chi ce l’ha cucita addosso da più di quattro anni. Ovazione alla fine (non poteva essere altrimenti). Si fa un pensierino al Teatro, ma nel corridoio avvertono che la Petrassi è satura. All’uscita fonti più che attendibili parlano di un live discreto anche se con qualche anomalia in fatto di volumi (voce di Capovilla troppo abbassata e chitarre un tantino alte). Si parla di una scaletta variegata, di una versione di Direzioni Diverse con Marina Rei e di una Lezione Di Musica con un Agnelli sugli scudi.
Si torna a casa abbastanza soddisfatti, pieni di stimoli, di buone sensazioni, e convinti del fatto che debbano essere più frequenti esperimenti artistici di questo tipo.
Articolo del
16/09/2013 -
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